This is the Zodiac Speaking: lettere da un serial killer (Netflix, 2024) è una docuserie true crime in tre episodi da 45 minuti circa, creata da Phil Lott e Ari Mark. Zodiac Killer (il Killer dello Zodiaco) è lo pseudonimo con cui si faceva chiamare uno dei più noti serial killer americani, che ha terrorizzato la California settentrionale alla fine degli anni ’60. Zodiac è ufficialmente responsabile di aver ucciso 5 persone e ferito gravemente altre due.
Nonostante l’attenzione mediatica e la forsennata caccia all’uomo, con un massiccio dispiegamento di forze dell’ordine, l’assassino non è mai stato catturato né identificato. Zodiac è entrato di prepotenza nella cultura di massa americana grazie ai suoi criptici messaggi – contenenti minacce, deliri e veri e propri crittogrammi – inviati e stampati da giornali come il San Francisco Chronicle. Sono stati proprio i crittogrammi – di cui finora uno solo è stato completamente decifrato – ad incuriosire, appassionare e dare origine ad una marea di speculazioni su questo contorto, inquietante e maniacale assassino.
In queste psicotiche missive, dove amava firmarsi per l’appunto come il Killer dello Zodiaco (da qui il titolo: This is the Zodiac Speaking), descriveva minuziosamente gli abiti delle sue vittime, o il modo in cui le aveva uccise, o indizi di qualsiasi genere che la polizia doveva aver trovato sulla scena del delitto.
Un enigma lungo cinquant’anni
Le giovani vittime di Zodiac avevano un’età compresa tra i sedici e i ventinove anni. Uccise con armi diverse, in posti diversi – tutti comunque orbitanti nell’area di San Francisco e dintorni – e con diverse modalità. Diverse le caratteristiche: dalla coppia di fidanzati al tassista solitario. Rispetto al numero ufficiale di omicidi, Zodiac se ne attribuisce molti di più.
Nell’unico messaggio decifrato, tra i quattro pubblicati in prima pagina dalla stampa, minaccia di far saltare in aria uno scuolabus. Cosa che fortunatamente non è mai accaduta. Ciò che però è accaduto è stata un’ondata di terrore che ha invaso San Francisco. E tutta l’America, scossa com’era dall’assassinio di Martin Luther King, seguito da quello di Robert Kennedy. Chiunque poteva essere un bersaglio, e la polizia brancolava nel buio.
Dalla paura ad uscire di casa alla sfiducia verso le forze dell’ordine: Zodiac ha sicuramente dato il suo contributo ad un cambiamento nella società del tempo. Diventando a suo modo una leggenda, uno dei casi di assassini seriali più noti e studiati negli USA (qui il nostro approfondimento sulla figura del serial killer). Non fu solo la società a cambiare, ma anche il metodo investigativo. Che si trovò a fare i conti con un uomo che si nascondeva in bella vista. Giocando al gatto e al topo con i detective. A ruoli chiaramente invertiti. Per oltre cinquant’anni Zodiac è stato – e tuttora è – un enigma e un mistero.
This is the Zodiac Speaking: I’m Arthur Leigh Allen
Ulteriormente immortalato nel film di David Fincher (Zodiac, 2007), la cui sceneggiatura è tratta dalle inchieste romanzate di Robert Graysmith. Per lui svelare l’identità del Killer dello Zodiaco era diventata una vera e propria ossessione. Nella pellicola è il vignettista del San Francisco Chronicle, interpretato da Jake Gyllenhaal, che coinvolge un collega giornalista (Robert Downey Jr.) e un detective (Mark Ruffalo) nel lungo e laborioso tentativo di risoluzione dell’enigma: chi è Zodiac?
La risposta che dà il film, seguendo quindi l’inchiesta dello stesso Graysmith (intervistato anche nel documentario), è la stessa che si trovava all’inizio della lista dei sospettati della polizia. Ed è la stessa su cui si basa la storia di This is the Zodiac Speaking. Certo, suona un po’ strano che David Fincher, che attualmente condivide con la piattaforma diversi progetti – da Mank a The Killer, senza dimenticare il progetto western – non abbia avuto alcun ruolo nella creazione e produzione della docuserie Netflix. Con il passare degli anni, la rosa dei sospettati era andata oltremodo aumentando. Arrivando ad accogliere bizzarre teorie complottiste, come quella che vedeva insolite assonanze tra Zodiac e il Mostro di Firenze (sic).
Ad ogni modo, con ogni probabilità l’ipotetico nome dietro Zodiac è: Arthur Leigh Allen. Allen era il sospettato numero uno – mai condannato – per la polizia, per Graysmith (dunque per il film), e addirittura per l’opinione pubblica di allora. Tanto che poco prima della sua morte, avvenuta nell’agosto del 1992, una giornalista televisiva locale riuscì ad ottenere una lunga videointervista (di cui diversi estratti sono presenti nella docuserie) con Allen, a patto che il suo volto venisse però oscurato.
Lo zio Leigh
In This is the Zodiac Speaking, a parlare in favore di quest’ipotesi è la famiglia Seawater, di cui Allen era stato mentore e amico intimo. E la convinzione della corrispondenza tra Allen e Zodiac nasce in questa famiglia proprio dopo la visione del film di Fincher (sic). Arthur Leigh era stato dapprima insegnante di musica dei figli, in seguito amico piuttosto intimo della madre, rimasta single. La famiglia Seawater era dunque cresciuta a stretto contatto con Allen, che bambine e bambini consideravano alla stregua di un gentile e generoso zio.
Lo ‘zio Leigh’ era un personaggio contraddittorio, carismatico e manipolatore, corpulento e impacciato nei movimenti ma al contempo aggraziato nuotatore. Mark e Lott intervistano lungamente Connie, Don e David, ora diventati anziani, con precisi ricordi che legano Allen agli omicidi di Zodiac. “Ci siamo resi conto di essere stati in tutti i luoghi degli omicidi prima degli omicidi” afferma David.
Per i Seawater condividere ricordi così angosciosi e disturbanti, esponendosi in tal misura, è stata una scelta senza dubbio difficile e molto sofferta. Il loro racconto è però pieno di indizi rivelatori. Come la passione per la crittografia del signor Allen, che ogni venerdì dava alla classe rebus da risolvere e codici da decifrare. O come le gite ‘didattiche’ che faceva fare ai bambini, nelle quali spesso si assentava per ore, mentre i più piccoli erano in preda ad una strana e invincibile sonnolenza…
This is the Zodiac Speaking: la confessione in punto di morte
Durante una telefonata nel ’92 tra David e Allen, ormai vicino alla morte quest’ultimo confessa le cose orrende che ha fatto loro. E confessa di essere Zodiac. Ma, al contrario di David, Don è ad esempio incapace di scindere i ricordi felici della sua infanzia con lo zio Leigh dal mostro che questi potrebbe essere stato. I Seawater non nascondono traumi e difficoltà emotive legate al loro vissuto con questa camaleontica figura. E forse la cosa più traumatica è il pensiero che la loro madre potesse essere al corrente di tutto.
L’elemento umano di This is the Zodiac Speaking caratterizza ulteriormente una docuserie true crime che era già originale in partenza, dato che qui non si racconta una cruenta storia criminale ma si cerca invece una verità che tuttora, dopo 50 anni, continua a sfuggire. “Il caso Zodiac definisce anche il genere del true crime in molti modi diversi, e li esploreremo tutti nella nostra serie” dice Ari Mark.
Lo show evita dunque di soffermarsi troppo sui misteriosi messaggi criptati e sui dettagli macabri degli omicidi, dando spazio anche ad una riflessione sulla contraddittoria complessità dell’animo umano. Financo di quello di un sadico e spietato serial killer. Che ipoteticamente era Arthur Leigh Allen. Ironia della sorte, questi venne trovato morto nella sua casa. In mano teneva ancora una lettera che aveva appena finito di scrivere. Una confessione. Nella quale sosteneva di non essere Zodiac…
In conclusione: guardando un film, una famiglia realizza all’improvviso che il suo passato non è quello che sembrava. Ed è intimamente intrecciato agli efferati omicidi di uno psicopatico, rimasto senza nome per oltre 50 anni. Pur tutti sapendo chi fosse Zodiac. This is the Zodiac Speaking.
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