The Young Pope è la serie evento creata e diretta da Paolo Sorrentino (10 episodi, Sky 2016), con una sontuosa coproduzione televisiva internazionale (italo-franco-spagnola).
Girata principalmente negli studi di Cinecittà, l’audace serie ha eccezionalmente ricevuto candidature agli Emmy e ai Golden Globes. Acclamata da buona parte di pubblico e critica, The Young Pope ha suscitato non poche polemiche – soprattutto nel nostro paese.
Fedele al suo linguaggio cinematografico e riuscendo pienamente nell’intento di conservare il suo stile e la sua libertà espressiva nel medium televisivo, Sorrentino immagina il pontificato di un nuovo papa eletto dal concistoro. Pio XIII – al secolo Lenny Belardo (un impeccabile Jude Law).
Pio XIII, il cui nome riecheggia una tradizione di papi fieramente reazionari, è il primo pontefice americano. E il più giovane, in virtù dei suoi 47 anni. Il carismatico arcivescovo di New York viene scelto dalla vera eminenza grigia del Vaticano, il cardinale Angelo Voiello (un sorprendente Silvio Orlando) – machiavellico Segretario di Stato, appassionato tifoso del Napoli. Ma Belardo si rivela tutt’altro che manovrabile: il suo intento è quello di ritornare ad una Chiesa misteriosa. E di rimettere il mistero al centro della fede, non importa quanti fedeli questo possa allontanare.
Decide quindi di rendersi inaccessibile, evitando non solo foto e interviste ma addirittura di apparire durante il suo mandato divino (nel suo primo Angelus decide ad esempio di restare in penombra). E di reagire al rinnovamento della Santa Sede prendendo posizioni intransigenti contro aborto e omosessualità. Invano cercherà di portarlo a più miti consigli Suor Mary (Diane Keaton), che lo accudisce dai tempi dell’orfanotrofio (l’abbandono dei genitori è una delle sue ossessioni ricorrenti).
Un pontificato autoriale e visionario
All’apice del suo pontificato, dopo aver apparentemente realizzato alcuni miracoli, decide infine di mostrarsi pienamente ai suoi fedeli. A Venezia, pronunciando parole profonde e commoventi sulla natura di Dio. Per cadere infine in coma. Questa la trama / non trama di un viaggio assolutamente personale e visionario che, lungi dall’essere un attacco al Vaticano e alla religione cattolica (come inevitabilmente è stato letto dall’intellighenzia reazionaria nostrana) è piuttosto un atto d’amore verso l’uomo e l’enigma della fede.
Il cinema di Sorrentino presta spesso e volentieri il fianco a critiche mirate a deriderne i virtuosismi felliniani o la facile fascinazione per il decadente e il grottesco.
Tutti aspetti propri della sua cifra stilistica, che – a dispetto dei detrattori – trovano in The Young Pope addirittura maggiore spazio di azione ed elaborazione. Il regista, utilizzando l’estensione temporale della serialità, si addentra e gioca tra simboli e potenza pittorica, massime disquisizioni sulla vita e la morte, dichiarazioni d’amore ora carnale ora spirituale, eventi implausibili e situazioni esasperate…
Per dirla con lo stesso Sorrentino:
“I segni evidenti dell’esistenza di Dio. I segni evidenti dell’assenza di Dio. Come si cerca la fede e come si perde la fede. La grandezza della Santità, così grande da ritenerla insopportabile. Quando si combattono le tentazioni e quando non si può fare altro che cedervi. Il duello interiore tra le alte responsabilità del capo della Chiesa Cattolica e le miserie del semplice uomo che il destino (o lo Spirito Santo) ha voluto come Pontefice. Infine, come si gestisce e si manipola quotidianamente il potere in uno Stato che ha come dogma e come imperativo morale la rinuncia al potere e l’amore disinteressato verso il prossimo. Di tutto questo parla The Young Pope“.
The Young Pope tra miracoli incomprensibili e strategie sovraniste
Il controverso pontificato di Pio XIII, con tutti i retroscena dei meccanismi e delle umane troppo umane faccende del Vaticano, diventa un irresistibile affresco della contraddittorietà di un’istituzione che difende il sacro in un mondo sempre più schiavo del profano.
Il papa stesso difende quasi rabbiosamente un Dio misterioso, da cui si sente nell’intimo abbandonato. Nel suo cuore c’è un vuoto incolmabile, come testimoniano le visioni dell’orfanotrofio. Ma in lui opera anche una potente compassione. Una profonda propensione all’estasi. E ai miracoli. Tanto che il mondo cattolico (e non solo) comincia a considerare Pio XIII un santo. Cavalcando queste contraddizioni esistenziali, comunque agiscono in lui implacabili le figure dello stratega e del sovrano.
Le sue azioni per una sorta di nuova controriforma della Chiesa sono concrete. Come quando convince il giovane Presidente del Consiglio italiano (Stefano Accorsi) non solo a bloccare la proposta di legge sui matrimoni gay, ma anche a riconsiderare la questione della legalità dell’aborto.
Parallelamente Lenny chiede a Dio – o sarebbe meglio dire: gli intima (You must!) – di rendere gravida una donna sterile e di risolvere il problema di una suora missionaria che agisce senza scrupoli. Esther partorirà dopo nove mesi. Suor Antonia morirà all’istante. Strani miracoli. Forse incomprensibili.
O meglio, imperscrutabili.
Del resto, per quanto spregiudicato possa essere l’umano potere non potrà mai eguagliare la spregiudicatezza del misterioso disegno divino. E per chiudere con un’altra citazione dell’autore di The Young Pope: i preti sposano Dio sfuggendo al mondo, i registi sposano il cinema per fuggire dalla realtà.
Caso raro, anche se non unico, la seconda stagione – The New Pope – può essenzialmente essere considerata un’altra serie. Altrove diremo il perché.
Leggi l’articolo su The New Pope!
Abbiamo esplorato i temi di The Young Pope anche in questa puntata del podcast!