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The Orville: il presente visto dallo spazio… | 5 minuti 1 serie
The Orville, podcast | Puntata a cura di Untimoteo
La serie The Orville, che potete trovare nella sezione Star di Disney+, è composta ad oggi da 3 stagioni per 36 episodi, della durata media di poco più di 50 minuti ciascuno. Lo show nasce nel 2017 dalla fertile mente di Seth MacFarlane, il creatore de I Griffin, American Dad e The Cleveland Show, che ne è anche uno degli interpreti principali. The Orville, come raccontiamo nel podcast, parte come una commedia basata su una evidente storpiatura di uno dei grandi ‘franchise’ di fantascienza: Star Trek.
Poi però evolve in una propria narrazione compiuta, intrecciando molto bene episodi autoconclusivi con una narrazione orizzontale in continua evoluzione. Inoltre propone allo spettatore tematiche non banali in tema di scontri culturali, convivenza pacifica, conflitti politici e militari. Un prodotto pop fino all’osso, che ha anche il raro pregio di costringere lo spettatore a prendere posizione su temi scomodi.
“5 minuti 1 serie” è il format del podcast di Mondoserie che racconta appunto una serie in poco più di cinque minuti (o meno di dieci!). Senza fronzoli, dritti al punto.
La strana ciurma della Orville
Le premesse di The Orville sono quelle della fantascienza utopica: di qui a 400 anni la Terra fa parte di una confederazione di pianeti che pare aver raggiunto un alto livello di tecnologia e consapevolezza sociale. Il denaro è stato abolito, il benessere psicofisico è alla portata di tutti, le risorse sono infinite, il lavoro è primariamente un mezzo per la propria autorealizzazione. I pianeti della confederazione condividono valori di armonia e tolleranza. Alla ricerca di sempre nuovi mondi inesplorati e civiltà con cui venire in contatto, numerose navi esploratrici partono alla volta dello spazio sconosciuto.
Seth MacFarlane interpreta il capitano della nave Ed Mercer. Il suo primo ufficiale è l’ex moglie Kelly, da cui ha divorziato in maniera burrascosa. Il vecchio compagno di sbronze Malloy è un luogotenente, prototipo dell’uomo comune, pilota abile ma cialtrone. Il serioso alieno Bortus del pianeta Moclan, ufficiale in seconda, ne è l’esatto contrario. Seguono l’immancabile essere iper razionale, in questo caso il robot Isaac, e l’addetta alla sicurezza Alana, una giovane extraterrestre dall’aspetto fragile, che nasconde una forza sovrumana.
Se le prime puntate sono molto vicine a una sitcom ambientata nello spazio, una commedia basata sulle dinamiche all’interno di questo gruppo eterogeneo e problematico, verso la fine della stagione d’esordio il tono cambia per spostarsi verso una narrazione epica e politica. Un felice cambio di registro, grazie a trovate interessanti come l’arrivo di una razza aliena ostile e fanatica, i Krill. Non solo: tradimenti, alleanze forzate, realtà alternative, scontri culturali e riflessioni sul confine tra esplorazione e colonizzazione. I momenti epici e drammatici comunque sono ben dosati, grazie ad una sapiente scrittura, che riesce a toccare le corde giuste dello spettatore, e qualche volta anche a sorprenderlo.
The Orville: ONU o USA?
In un continuo gioco tra macro e micro, l’alternanza tra l’esplorazione di mondi alieni e la convivenza all’interno della nave tra culture differenti è lo specchio neppure troppo velato della società americana attuale. Sulla nave si affrontano temi delicati come amore e tradimento, fiducia, comprensione. Le nature differenti dei membri dell’equipaggio portano alla ribalta anche temi concreti e divisivi: i matrimoni tra individui dello stesso sesso, lo svilimento delle figure femminili, la transizione di genere. Ci si chiede quale sia la natura dei sentimenti, cosa voglia dire ripensare i propri valori, quale sia il significato della parola famiglia. Poi ci sono le missioni interplanetarie: e anche qui la serie sorprende in positivo, sorretta da un giusto mix di azione e riflessione problematica.
La nave Orville non è altro che il vascello di una specie di ONU intergalattica con compiti pacifici. Ma la linea tra esplorazione e colonizzazione è molto sottile. La tentazione di etichettare le popolazioni autoctone dei mondi alieni come selvaggi è grande. Stigmatizzare visioni e pratiche che sono barbare ai nostri occhi è conseguenza quasi naturale. Il modo in cui si pone la confederazione galattica, più che l’ONU, ricorda gli Stati Uniti. E la loro certezza incrollabile di essere i paladini della libertà, legittimati ad esportare i propri principi anche con l’utilizzo delle armi. Si discute quindi sulla necessità di porre un limite agli armamenti, di usare il raziocinio e l’etica per non farsi sopraffare dalla paura.
Infine tutti gli scontri nascono come reazioni ad aggressioni subite da parte delle tre maggiori civiltà nemiche. Un mondo di fanatici estremisti religiosi, una civiltà robotica fredda e razionale e un membro della federazione che non ammette ingerenze nella propria politica. Un neppure troppo velato riferimento a tre storici nemici degli USA: il Medio Oriente, la Cina e la Russia…
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