The Walking Dead: The Ones Who Live era forse la serie più attesa dai fan tra gli annunciati spinoff / sequel della corazzata AMC. E la ragione è presto detta. Era dalla puntata 5 della stagione 9 della serie madre (andata in onda nel novembre del 2018!) che ci si interrogava sul destino di Rick Grimes, ex protagonista dello show ed ex leader dei sopravvissuti alla zombie apocalypse più popolare della tv. Sapevamo che non era morto nell’esplosione del ponte, in quell’atto di estremo sacrificio per proteggere la sua comunità. Ma che, all’insaputa di tutti, e lui incosciente, era stato portato via da un misterioso elicottero. E poi lo avevamo, troppo fugacemente ma comunque significativamente, ritrovato nell’episodio finale di The Walking Dead, di cui abbiamo parlato in questo articolo generale sullo show. Prigioniero di una non meglio definita organizzazione militare.
Ora, dopo anni di domande irrisolte, finalmente The Ones Who Live svela cosa gli era accaduto. Non per caso è stato, dei tre spinoff / sequel già usciti negli Stati Uniti (gli altri, come diremo meglio, sono Dead City e Daryl Dixon), il primo ad approdare nel nostro Paese. Pur essendo produttivamente successivo agli altri due. La miniserie – 6 episodi piuttosto dark ed emozionanti nonostante le occasionali lungagnate – è stata distribuita in Italia il 31 dicembre 2024 su Sky e NOW (qualche mese dopo il debutto americano di febbraio). E non ha deluso le aspettative.
Grazie a una scrittura che bilancia tensione e introspezione, il ritorno di due iconici personaggi – Rick e Michonne – funziona più del previsto. Riuscendo efficacemente a intrecciare il racconto del passato con nuove rivelazioni. A partire dal ruolo della Civic Republic Military (CRM), l’enigmatica organizzazione militarista già emersa in altri pezzi del franchise, con le sue ambizioni inquietanti.
Produzione, ispirazione e cast. Come nasce The Ones Who Live
Il progetto di The Ones Who Live nasce da una lunga gestazione. Inizialmente, AMC aveva previsto di raccontare il destino di Rick in una trilogia cinematografica. Tuttavia, ripensamenti produttivi e un cambio di strategia hanno portato alla creazione di una miniserie. Con Scott M. Gimple al timone come showrunner, la serie mantiene il livello qualitativo della produzione di punta del franchise. Che Gimple aveva guidato nelle centrali stagioni 4-8, le più popolari.
Il cast è guidato da Andrew Lincoln (Rick Grimes) e Danai Gurira (Michonne), entrambi coproduttori e soprattutto co-autori della miniserie (cui contribuiscono anche come co-sceneggiatori). Un ritorno importante è quello di Pollyanna McIntosh, che riprende il ruolo di Jadis Stokes / Anne: era stata lei a salvare Rick da morte certa, e la ritroviamo qui come agente della CRM. La sua presenza è cruciale per connettere la nuova trama al momento della scomparsa di Rick nella serie madre. Tra le new entry di The Ones Who Live non possiamo non citare un nome leggendario nella storia del piccolo schermo: Terry O’Quinn, immortale per il ruolo di John Locke in Lost. Qui è il generale Beale, leader militare della CRM.
L’ambientazione si sposta tra campi di prigionia e città devastate, con un’attenzione particolare alla resa visiva che richiama l’estetica dark della serie madre. Gli episodi offrono una narrazione serrata e visivamente impressionante, mantenendo l’impronta migliore che ha reso The Walking Dead un fenomeno globale.
Una lacuna finalmente colmata
La serie si apre colmando l’enorme vuoto lasciato dalla scomparsa di Rick Grimes. Creduto morto dopo aver fatto esplodere il ponte per fermare un’orda zombie (The Walking Dead 9×05), Rick è invece stato catturato dal CRM. Le prime parti di The Ones Who Live mostrano i suoi anni di prigionia e i disperati tentativi di fuga, intervallati da flashback che rivelano la complessità del rapporto tra Rick e i suoi carcerieri. Non mancano le attese rivelazioni che spiegano l’origine degli indizi ritrovati negli anni da Michonne.
La donna, armata di una risoluta determinazione (e della fida katana), si è nel frattempo lanciata alla ricerca dell’uomo che ama. Essendo più o meno l’unica a non aver rinunciato alla speranza di ritrovare, vivo, il compagno. Ma sono passati, nel tempo narrativo, anni.
Nel corso degli episodi, emergono dettagli su cosa ha trattenuto l’ex leader dei nostri beniamini: non solo la difficoltà di fuggire, ma anche il peso morale di lasciare il CRM. Un’organizzazione che ha intenti oscuri, è chiaro, ma anche risorse straordinarie… forse cruciali nella lotta per provare a riportare l’ordine in un mondo piagato dall’apocalisse. La serie intreccia azione e introspezione, mostrando i sacrifici che Rick e Michonne devono affrontare per riunirsi. E il ricongiungimento, seppur emozionante, non chiude affatto tutte le domande: Rick si trova di fronte alla scelta, difficilissima, se restare coinvolto nella lotta per il futuro dell’umanità. Consapevole che il mondo non può essere lasciato nelle mani sbagliate.
Con un finale che suggerisce nuove direzioni per il franchise, The Ones Who Live offre una narrazione coesa che espande l’universo di The Walking Dead. Ma senza perdere di vista il cuore del suo racconto: da un lato la resilienza della vita, dall’altro la natura problematica dell’uomo come “animale sociale”.
The Ones Who Live, la serie madre, il resto del franchise
Facciamo dunque un po’ di ordine sullo stato del franchise, al tempo presente. La serie ammiraglia si è conclusa con 11 stagioni e 177 episodi. Oggi tutte su Sky / NOW e su Disney+.
Si è conclusa dopo 8 stagioni anche Fear the Walking Dead. Spinoff, da noi su Prime Video, che per le prime tre stagioni (dal 2015) funge più o meno da “prequel generale” alla serie madre: raccontando le prime fasi della pandemia e la caduta dell’ordine sociale. E che poi intreccia parzialmente le proprie vicende a quelle della serie madre.
Un secondo spin off, The Walking Dead: World Beyond, del 2020, è anche questo su Prime Video. Due stagioni e 20 episodi che raccontano, una decina d’anni dopo l’apocalisse, una storia importante in questo contesto. Perché i ragazzini cresciuti in una comunità protetta durante i primi anni della catastrofe sono costretti a confrontarsi con unae brutale organizzazione militare, che sta ricostruendo a viva forza un modello di ordine sociale… e che è proprio il CRM di The Ones Who Live.
Tales of the Walking Dead, di nuovo su Disney+, è invece una serie antologica di 6 episodi autonomi, ciascuno dei quali racconta vari momenti della zombie apocalypse.
Ma ovviamente l’attesa maggiore era per i tre sequel diretti della serie madre, tutti per ora in stagioni brevi da 6 episodi ciascuno. Il nostro The Ones Who Live (2024) è l’unico già uscito in Italia. Ma sono già annunciati per quest’anno, sempre su Sky e NOW, Daryl Dixon (2023), che racconta le avventure del popolare balestriere redneck (e che in America già alla seconda stagione). E infine Dead City (2023), con la strana coppia formata da Negan e Maggie, un tempo ultra-nemici.
Zombie apocalypse, icona pop
Il fenomeno della zombie apocalypse ha ormai una lunga tradizione nella cultura pop, e The Walking Dead è diventato uno dei suoi pilastri. Nato nella tradizione haitiana e portato al successo cinematografico da George A. Romero con La notte dei morti viventi (1968), lo zombi si è evoluto da figura dell’orrore puro a metafora delle crisi sociali, politiche ed esistenziali. Nella cultura di massa, gli zombi rappresentano oggi le paure collettive più profonde: pandemie, collassi ambientali, collasso delle istituzioni e della società.
Ma sono soprattutto una formidabile icona pop e uno dei più forti esempi di traduzione nell’immaginario orrorifico dell’evoluzione sociale del nostro tempo. Se il vampiro era il non-morto di una società aristocratica, lo zombi è il mostro non-morto per la società democratica, globalizzata, massmediatica. Lo zombi è il non-individuo, che ha dalla sua la forza soverchiante del numero. Lo stesso Romero con Zombi (1978) porterà nel genere un’esplosiva satira della società dei consumi: ambientandolo non a caso in un centro commerciale assediato da orde di consumatori defunti, che continuano a tornarci per coazione a ripetere.
Con The Walking Dead, l’apocalisse zombie è stata reinterpretata come un dramma umano, spostando il focus dalle creature mostruose alle dinamiche tra i sopravvissuti. Il franchise ha saputo aggiornare questa tradizione, rendendo gli zombie non solo una minaccia fisica ma anche un elemento che riflette le fragilità e i conflitti della società.
The Ones Who Live prosegue questa tradizione, combinando l’azione e la tensione che caratterizzano il genere con una riflessione più profonda sui legami umani e sul significato della sopravvivenza. La Civic Republic Military, introdotta in World Beyond e ripresa qui, rappresenta un’evoluzione del tema, spostando il conflitto dagli zombie ai tentativi di ricostruzione sociale e al pericolo di un nuovo e tirannico potere centralizzato.
The Ones Who Live e il sospetto verso il potere
Uno dei temi sotterranei nel franchise di The Walking Dead e nei suoi spinoff è infatti l’insofferenza dei protagonisti verso qualsiasi forma di potere centralizzato “autoritario”. Che si tratti dei Saviors, del Commonwealth prima gestione, o del CRM, le organizzazioni che cercano di ricostruire con più determinazione – e parecchia brutalità – forme di ordine sociale finiscono inevitabilmente per scontrarsi con il senso di giustizia individualistico dei nostri complicati eroi.
In The Ones Who Live, questo tema si ripresenta con ancora maggiore intensità. Rick, pur essendo stato un leader per gran parte della serie madre, e persino un leader a un certo punto dittatoriale, si ribella all’autorità militarista del CRM. Michonne, allo stesso modo, incarna un’idea di libertà e autonomia che rifiuta le imposizioni di un sistema gerarchico.
Eppure, come ci viene esplicitamente ricordato nel nuovo spinoff, il gruppo dei protagonisti, i beniamini del pubblico, si è esso stesso macchiato, stagione dopo stagione, di atti esecrabili. Spesso nella logica di un “noi contro tutti gli altri”, di una tribalizzazione estrema. Dimostrando ripetutamente il punto centrale dello show: in un mondo in cui le strutture sociali sono collassate è l’uomo, più ancora del mostro o del virus, a fare paura. E cioè il punto più “politico” di The Walking Dead, di cui abbiamo parlato in questa puntata del podcast di Mondoserie.
Una visione cupa: l’uomo è per natura destinato al conflitto con gli altri uomini. La filosofia hobbesiana del “bellum omnium contra omnes” domina un mondo dove sono i vivi a rappresentare la vera minaccia. E The Ones Who Live, emozionante evoluzione dark del franchise, rilancia alla grande questa tesi. Ambizioso e brutale, visionario e manipolatorio, il CRM incarna, al massimo grado, l’ineluttabile fallimento a cui sembra vocato ogni tentativo umano di ricostruire una società post-apocalittica.
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