Ha destato molta eccitazione, nelle scorse settimane, l’annuncio di un prossimo progetto del regista della serie antologica The Haunting e del recentissimo Midnight Mass, Mike Flanagan. Un semplice tweet di Netflix, piattaforma cui il regista americano ha legato la nuova fase televisiva della propria produzione horror, e però ricco di promesse.
In cui si annuncia che ai già visti The Haunting of Hill House (2018) e il successivo The Haunting of Bly Manor (2020), al nuovo Midnight Mass (2021) e al deludente The Midnight Club, si aggiungerà in un prossimo futuro The Fall of the House of Usher. Una nuova miniserie basata su diversi lavori di Edgar Allan Poe. Tra cui ovviamente quello del titolo, che in italiano conosciamo come La caduta della casa degli Usher (o la rovina, in altre traduzioni).
È l’occasione che aspettavamo per riparlare un po’ delle due stagioni dell’ottima The Haunting, e del perché è una produzione così rilevante. Cercando anche di capire se il nuovo progetto si collocherà da quelle parti o no.
Mike Flanagan has more scares headed to Netflix!
Joining The Haunting of Hill House, The Haunting of Bly Manor, Midnight Mass, and his upcoming adaptation of The Midnight Club, is The Fall of the House of Usher — a new limited series based on multiple works from Edgar Allan Poe pic.twitter.com/m3y3FV1gmZ
— Netflix (@netflix) October 6, 2021
Da King al racconto gotico, tutti gli orrori di Mike Flanagan
Due parole su Mike Flanagan, la mente dietro a questo interessantissimo revival di un horror intelligente: capace cioè di spaventare non con trucchetti abusati ma con le armi sottili dell’inquietudine e dell’angoscia esistenziale. Costruendo opere in cui il terrore è mentale più che effettistico, e in cui ciò che veramente fa paura non sono i mostri ma gli abissi della mente. Non è un caso che autori come Stephen King, Quentin Tarantino e William Friedkin siano tra i suoi estimatori.
Flanagan, peraltro, è autore pieno. Come per la recente e bellissima Midnight Mass, di cui abbiamo parlato approfonditamente qui scandagliandone le profondità, è spesso non solo creatore ma anche regista e sceneggiatore, o co-sceneggiatore, di tutte o molte delle puntate, nonché responsabile o supervisore del montaggio.
Il regista americano è nato nel 1978 a Salem, in Massachusetts. Cioè la località dell’ultimo grande processo alle streghe del Nord America, nel 1692. Un fatto che ha avuto una forte influenza sui suoi interessi narrativi.
Tra i suoi film ricordiamo prodotti di genere in gran parte interessanti e assai ben fatti: Absentia (2011), Oculus (2013), Ouija (2016), il buon adattamento dal romanzo di Stephen King Il gioco di Gerald, e il temerario “sequel” di Shining, anche questo tratto da King, Doctor Sleep (2019).
Ancora più rilevanti sono però qui le sue opere per il piccolo schermo, le già citate The Haunting of Hill House (2018) e The Haunting of Bly Manor (2020), e di cui ora parleremo meglio. E la recentissima e già analizzata Midnight Mass, un’opera che nuovamente sembra tradurre una influenza kinghiana. Ma senza attingere a specifici lavori dell’autore di IT, Misery e The Stand: un po’ come aveva fatto una piccola ma molto affascinante miniserie antologica in due stagioni, Castle Rock, di cui abbiamo parlato qui.
Con Midnight Mass Flanagan ha firmato indubbiamente la sua opera più ambiziosa, quella capace di rappresentarne appieno la poetica. E di dividere il pubblico: se il plauso della critica è pressoché unanime, in rete trovate fazioni agguerritissime, tra chi grida al capolavoro e chi la definisce una palla mostruosa, piena di dialoghi stremanti e su temi noiosi come la religione (!). Bisogna avere pazienza.
Il progetto The Haunting: far rivivere il Gothic Romance
Il progetto di The Haunting nasce per attualizzare il Gothic Romance. Quello che mescolava, per dirla con le parole di Flanagan, “eccitazione e mistero, orrore e rovina”.
“To haunt” in inglese significare ossessionare, perseguitare, infestare. E il cuore della serie antologica è esattamente qui: nell’idea che esistano luoghi (luoghi metafisici, luoghi dell’animo, e anche luoghi fisici) che possono produrre esalazioni nefaste. Finendo per generare traumi che plasmeranno le vite di coloro che si trovano a respirarne l’aria malsana.
Capite già benissimo come, prima ancora dell’annuncio del nuovo lavoro su Casa Usher, l’influenza di Poe fosse distinta, visibile, enorme.
D’altra parte, anche nel costruire le due fortunatissime stagioni di The Haunting Flanagan ha cercato ispirazione in alcuni testi classici. La prima, The Haunting of Hill House, deriva dal romanzo omonimo di Shirley Jackson del 1959 (in italiano L’incubo di Hill House). La seconda dal celebre racconto di Henry James Il giro di vite (1898).
Flanagan fa risultare modernissimi racconti che abbracciano un immaginario apparentemente retrò, fatto di grandi case, spettri, passeggiate notturne, maledizioni. Dietro la patina del tempo e gli stilemi di genere emergono storie capaci di parlarci di noi, del nostro mondo, delle nostre inquietudini e ossessioni.
Non è un caso che, nelle due autonome stagioni di The Haunting, ricorrano molti attori. Victoria Pedretti, Oliver Jackson-Cohen, Henry Thomas, Carla Gugino, Kate Siegel appaiono (in ruoli diversi) in ambo le opere. E così succede anche con Midnight Mass, che pur essendo un prodotto ben diverso dal canone di The Haunting schiera volti già visti in Hill House (Samantha Sloyan) o in Bly Manor (Rahul Kohli) o in entrambe (Henry Thomas e la moglie e musa del regista, Kate Siegel).
A suggerire l’idea di una contiguità – se non continuità – di universi narrativi.
The Haunting of Hill House
Il primo volume del dittico, come si diceva, esce nel 2018. L’abbiamo discussa anche in questa puntata del podcast. The Haunting of Hill House (10 puntate, Netflix) traduce in immagini un celebre romanzo di genere. Che racconta la storia gotica per eccellenza, quella della casa stregata, dandole un taglio profondamente contemporaneo. E riuscendo a essere, oltre che molto bella, persino originale e capace di dire qualcosa di non scontato sul dolore, il trauma, la solitudine, il senso dei legami familiari.
La trama. 26 anni dopo aver vissuto in quella che sarebbe diventata la più celebre casa stregata d’America, un nuovo lutto riunisce la famiglia Crain: un passato che non passa si mescola ai fantasmi della mente che tormentano i protagonisti.
Il racconto funziona con un complesso incastro temporale. Puntata dopo puntata, esplorando in parallelo le storie dei personaggi, arriviamo a comprendere i traumi che hanno plasmato le loro vite da piccoli. E che ne fanno, oggi, le figure complesse e dolenti che incontriamo all’inizio del racconto.
La famiglia disfunzionale, nuovo topos della narrativa seriale, è quindi al centro del racconto. Con un’attenzione non solo psicologica ma anche filosofica e metafisica. L’orrore esiste, e assume forme diverse. Il mostro dell’infanzia diventa in età adulta la dipendenza da eroina. Le ferite ricevute da piccoli rendono impossibile il contatto fisico. Lo spettro da cui si era ossessionati è uno specchio profetico che mette in collegamento piani temporali diversi.
All’uscita fu una rivelazione: una serie tv horror avvincente, intelligente, effettivamente paurosa. In cui la paura deriva, appunto, più dall’angoscia esistenziale che non dai soliti jump scare.
The Haunting of Bly Manor
Due anni dopo, la serie ritorna con un secondo capitolo: The Haunting of Bly Manor (9 episodi, Netflix). Se Hill House proponeva un’articolazione temporale a incastro, con piani separati da decenni ma sorprendentemente collegati in diversi punti, Bly Manor (come raccontiamo nel podcast) radicalizza l’approccio narrativo e drammaturgico. Portando i personaggi, e lo spettatore, a sprofondare in loop spazio-temporali esistenziali metafisici ancora più audaci.
Anche qui il racconto gioca con i piani temporali, in modo solo apparentemente più semplice, proponendo una struttura a cornice. Una donna, alle prove di un matrimonio, intrattiene gli altri ospiti con il racconto notturno di una storia paurosa: è la storia che verrà raccontata allo spettatore, e che si è svolta in Inghilterra 20 anni prima. Quella di una giovane tutrice americana che viene chiamata ad accudire due bambini, rimasti orfani, in una grande e antica casa che presto inizia a ospitare apparizioni e fenomeni.
Le case stregate, narrativamente al centro di ambo le storie, sono solo il punto di partenza di un viaggio che intende il genere come esplorazione di un orrore prima mentale che fisico, o metafisico. Ciò che interessa a Flanagan è il disorientamento che deriva dalla perdita progressiva di punti di riferimento.
La cornice della realtà si sgretola, i demoni individuali si mescolano a forze oscure che agiscono non tanto per volontà di nuocere quanto come dei buchi neri. Attrattori gravitazionali alla cui orbita è difficile sfuggire una volta che ci si è avvicinati. Ricordi, desideri, rimpianti, sensi di colpa. Questa è la materia di cui sono impastati questi racconti horror.
Pur con qualche sbavatura (Flanagan ha scritto e diretto solo alcune puntate, a differenza di Hill House o di Midnight Mass), Bly Manor tiene l’asticella di The Haunting altissima.
E il nuovo progetto, The Fall of the House of Usher?
L’appena annunciato successivo impegno del prolifico regista (che come detto sta già girando The Midnight Club, di probabile uscita nel 2022) non dovrebbe andare in una direzione lontanissima.
Anche se non sarà, almeno per quel che fin qui è stato detto, parte del corpus di The Haunting. E con un formato che, ogni probabilità, andrà ad estremizzare la vocazione antologica di questi racconti. The Fall of the House of Usher dovrebbe essere una miniserie fatta di puntate autonome l’una dall’altra. Tante storie diverse, ma tutte ispirate agli scritti di Edgar Allan Poe. Con, si può immaginare, le libertà che il regista si è sempre preso rispetto alle proprie fonti.
Cosa di per sé interessante. Flanagan è stato spesso avvicinato alle atmosfere di Stephen King, ma la cosa è solo parzialmente vera. E, appunto, una maggiore affinità la si registra proprio, in termini letterari, con l’opera fondativa di Poe.
Il racconto La caduta della casa degli Usher (del 1839), per dire, ha proprio tutti gli elementi caratteristici della poetica di Flanagan. Un narratore (che è parte in causa degli eventi) giunge nella spettrale dimora di un vecchio amico, quasi irriconoscibile per l’intensità del collasso che sta vivendo. Seguono incubi, apparizioni, sinistri presagi, morbose visioni e fantasie, e un declino che mette in parallelo la casa e il suo padrone…
Un’aria di famiglia, insomma, che promette scintille.
Abbiamo dedicato anche una puntata del podcast a Hill House: ascoltala qui!
The Haunting of Hill House: mistero, orrore, rovina | PODCAST