L’Essex è una contea dell’Inghilterra molto vicina a Londra, ma abbastanza distante da sembrare un altro mondo. Almeno all’epoca in cui è ambientata la miniserie in questione. The Essex Serpent (Il serpente dell’Essex, 2022, 6 episodi su Apple TV+) è un dramma vittoriano fine Ottocento, tratto dall’omonimo romanzo di Sarah Perry del 2016. Narra la storia di una specie di mostro alla Loch Ness, avvistato ad Aldwinter, un minuscolo paese della sopracitata contea.
The Essex Serpent apre con una scena potentissima, da brividi. Sotto un cielo cupo, una ragazza si butta in torbide acque ristagnanti. Ha in mano una croce e invoca un misterioso serpente, supplicandolo di liberarla dai suoi peccati… Sotto gli occhi attoniti della sorella minore, che l’ha accompagnata fino a lì, la ragazza scompare – e noi spettatori intravediamo qualcosa: qualcosa di enorme che arriva a prenderla da sotto i melmosi flutti…
Dopo questo folgorante inizio ci spostiamo nella roboante Londra che, a differenza della misera Aldwinter, è in pieno progresso industriale. La protagonista della nostra storia, Cora Seaborne (Claire Danes, Homeland), vive in un’enorme casa in centro, sottomessa ad un marito autoritario e violento, che muore però agli albori del racconto, probabilmente di cancro. Nonostante gli fosse stata offerta una possibile via di salvezza grazie alle novità chirurgiche di Luke Garrett (Frank Dillane, Fear The Walking Dead), medico rivoluzionario, il ricco londinese ha preferito lasciare questo mondo ‘tutto intero’, ossia senza farsi operare.
Un serpente demoniaco dimenticato per strada
“Posso fare quello che voglio, ora che è morto”. In un impeto di emancipazione, Cora lascia subito Londra. Appassionata di paleontologia, la giovane vedova arriva nell’Essex con il figlio e la governante, attirata da una notizia. Un leggendario serpente marino, riapparso da tempo, sarebbe responsabile di misteriosi eventi nelle acque dell’estuario. Secondo le sue teorie di paleontologa dilettante potrebbe trattarsi di un plesiosauro, ossia un dinosauro marino sopravvissuto all’estinzione. L’occhio pragmatico della giovane donna si deve confrontare con le credenze ancestrali degli abitanti del luogo, che naturalmente associano il serpente al demonio.
I primi due episodi di The Essex Serpent ci lasciano stupiti, terrorizzati e ansiosi di sapere se il mito e la religione avranno la meglio sulla scienza, almeno ad Essex. Poi, il tenebroso racconto gotico lascia la presa e lentamente si trasforma in una telenovela in costume. Lei si innamora di William Ransome (Tom Hiddleston, Loki), l’ecclesiastico del villaggio che la aiuta nelle sue ricerche. Ma durante tutto il racconto il suo sentimento oscilla tra il bel prete, che comunque è sposato, e Luke, il medico londinese. Un tira e molla ripetitivo dal finale prevedibile. Peccato.
A dispetto di un cast di attori singolarmente potenti per una serie in costume, una fotografia superba e costumi impeccabili, la scrittura perde di vivacità con lo scorrere degli episodi. I dialoghi, sorretti abilmente dagli attori, si impoveriscono. E il serpente viene addirittura “dimenticato” per la maggior parte dell’intrigo.
The Essex Serpent: una miniserie lasciata a metà
The Essex Serpent lascia a metà temi fortissimi. Come il ruolo della donna, da sola e nel rapporto con gli uomini. La relazione tra questo ruolo e la conoscenza scientifica. La stessa trasformazione dell’idea di scienza, con la crescente influenza del Darwinismo – che la porta sui terreni del riduzionismo e del materialismo. Il rapporto tra scienza e fede, in un’epoca di grande cambiamento tecnico e tecnologico. E naturalmente il conflitto tra diverse forme di razionalità: naturalistico-scientifica contro teologico-dottrinaria.
Forse il vero problema sta nel riadattamento frettoloso delle 400 pagine del romanzo. Dove, a detta di chi l’ha letto, gli amori sono meno piatti e anzi, coinvolgono potentemente il lettore. The Essex Serpent avrebbe potuto, seguendo a ruota le nuove tendenze delle serie in costume, darci dei caratteri più vitali, contraddittori, eccentrici. Come dovevano essere in verità figure divise tra una modernità avanzante e un passato ancora fortemente radicato alla religione.
Interessantissimo poi, ma esplorato solo marginalmente, il rapporto con la nascente chirurgia come scienza autonoma e oggetto di meraviglia. Non ci aspettavamo certo The Knick, di cui abbiamo parlato qui. Ma la figura di Garrett, interpretata in modo eccellente da Dillane, è stata liquidata troppo presto e ridotta al classico gentiluomo romantico. Quando all’inizio ci era stata presentata come quella di un irresistibile folle geniale.
Forse, vista l’alta qualità della produzione e del cast, ci sarebbero volute un paio di puntate in più, al posto di un finale raffazzonato, e qualche struggimento di cuore in meno, per rendere The Essex Serpent memorabile.
Odierne colpe, odierni mostri
La serie inizialmente evoca un tema leggendario: il mostro che non si vede ma che tutto può. Il serpente, che viene solo ‘percepito’, a mano a mano entra nelle menti di tutti gli abitanti del villaggio. Arrivando a riunire ed esaltare in modo parossistico i timori di tutta una comunità, attraverso un processo che oggi potremmo definire di isteria collettiva.
Per secoli il mito è stata una forma di spiegazione, seguito dalla religione che vedeva colpe negli esseri umani al manifestarsi di qualsiasi inquietante fenomeno naturale. Questo legame morboso tra uomo e natura, per cui l’uomo si sente un diretto responsabile di calamità, mostri e disastri vari, non è affatto scomparso. Oggi ci incolpiamo (e a ragione) dell’inquinamento, dell’estinzione alla velocità della luce di moltissime specie animali, del riscaldamento climatico e di tutti gli altri inferni propri di quest’epoca.
Ma, come gli abitanti di Aldwinter in The Essex Serpent, spesso preferiamo abbassare la testa, non fare nulla, convinti che tanto il Serpente – il disastro – prima o poi arriverà, anche se magari non prenderà proprio noi. Magari il vicino, o il paese limitrofo. Il villaggio di Aldwinter, in testa i pescatori e il vicario superstizioso, non vogliono dar retta ai medici e alla paleontologa che, invece, una spiegazione che potrebbe portare ad una soluzione ce l’avrebbe, se solo qualcuno provasse ad ascoltarla. Se ogni epoca ci sembra diversa, non lo sono invece le nostre reazioni.
Una sola cosa è certa: gli abissi dell’oceano sono tutt’oggi esplorati solo in minima parte e senz’altro nascondono ancora numerosi mostri. Speriamo che il riscaldamento climatico non li porti in superficie, perché noi, come gli abitanti dell’Essex, oggi non sapremmo davvero come affrontarli.
La chirurgia degli albori in una grande serie: The Knick