The Consultant è una serie statunitense (Prime Video, 2023), tra l’horror e la dark comedy, composta da una stagione divisa in otto brevi episodi di circa 30 minuti. Ideata e sceneggiata Tony Basgallop (Servant), si basa sull’omonimo romanzo (Edizioni Vallecchi, 2015) di Bentley Little (The Revelation) – scrittore dichiaratamente sulla scia di Stephen King. Protagonista indiscusso di questa serie è il grande Christoph Waltz, due volte premio Oscar (Inglorious Bastard e Django Unchained – entrambi di Quentin Tarantino), nelle vesti del consulente Regus Patoff.
La CompWare, nella cui struttura è ambientata buona parte di The Consultant, è una società high-tech che produce videogiochi per smartphone. Sang, giovane fondatore dell’azienda nonché principale mente creativa dei suoi prodotti, è appena stato inspiegabilmente ucciso nel suo ufficio. Ucciso con un proiettile in testa sparato da Tokyo, un dodicenne che era lì in gita con la scuola.
Poche ore dopo (ovvero la notte stessa), non preannunciato, si presenta il misterioso mister Patoff, incaricato chissà quando chissà come, a prendere il controllo della compagnia. L’inaspettata morte del suo CEO rappresenta infatti un rischio di imminente bancarotta: la situazione in cui versa la CompWare è a dir poco precaria. Il ventenne Sang, avendo avuto immensa fortuna con il lancio della sua prima videoludica creazione, aveva dato vita ad un ambiente di lavoro ‘open space’ dinamico, amichevole, flessibile. Al contempo però pieno di spese inutili e infantili. L’incontrollata emorragia finanziaria, in mancanza del lancio di un altro gioco di successo, significherebbe la fine della CompWare.
The Consultant: Regus Patoff (REG. U.S. PAT. OFF.)
Proprio per evitare tale fallimentare scenario il nuovo strano consulente annuncia fin da subito di voler adottare qualsiasi mezzo a sua disposizione. L’obiettivo è scatenare una competizione all’ultimo sangue tra i sottoposti, instaurando un clima di incessante tensione. In questo il diabolico e spiazzante protagonista, affabile e brutale allo stesso tempo, è sorprendentemente efficiente. E con l’arrivo di Regus Patoff il simpatico open space della CompWare si trasformerà in poco tempo in un ambiente oscuro e per certi versi malvagiamente soprannaturale.
Il suo primo atto ufficiale consiste nell’annusare tutti i dipendenti, minacciando di licenziarne uno per il cattivo odore che emana… L’unico modo che il malcapitato ha per evitare l’immediato licenziamento è lavarsi subito con un set di saponi di cui il consulente lo dota prontamente. E proprio sulla scatola in questione ritroviamo scritto l’insolito nome: REG. U.S. PAT. OFF. – sigla che sta per Registered U.S. Patent Office, (Registrato presso l’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti), etichetta che si trova sui prodotti made in USA.
Le stranezze di questo mefistofelico consulente inducono due dipendenti ad indagare sul suo passato. Craig (Nat Wolff – The Stand) ed Elaine (Brittany O’Grady – Little Voice, The White Lotus) pur scoprendo da subito assieme aspetti inquietanti e sconcertanti sulla sua imperturbabile e paranoica persona, finiranno per prendere due strade specularmente opposte. Il primo, programmatore pigro e talentuoso (sarà sua l’idea di Sang Jungle’s Odyssey, il nuovo stupido gioco la cui uscita salverà l’azienda), affronterà in prima persona il suo nuovo sociopatico capo. La seconda, già ambizioso braccio destro del defunto Sang, diventerà il braccio destro anche di Patoff, assecondandone senza troppi problemi le bizzarre e maniacali ossessioni.
Come del resto faranno più o meno tutti gli impiegati della CompWare, letteralmente soggiogati dal velenoso carisma del loro nuovo capo.
Nero, macabro, horror… l’umorismo di The Consultant
Craig continuerà da solo le sue indagini, arrivando a scoprire Patoff essere interamente composto da uno scheletro d’oro (sic) e mettendo involontariamente in pericolo la sua fidanzata Patty. Le sue costosissime ossa – teschio compreso – potrebbero dunque spiegare l’immensa fatica che il consulente impiega per riuscire a salire l’ampia scala di vetro che separa il piano terra dal primo piano. Ovvero il piano degli umili sottoposti da quelli in cui vi è l’ufficio del boss, assieme a pochi altri uffici, che gli impiegati si sono dovuti contendere a furia di risse e raggiri… Il continuo scricchiolare dei gradini durante le sue lunghe ed estenuanti traversate è uno dei tanti dettagli che conferisce a The Consultant la sua peculiare aura macabra e surreale.
E così Regus Patoff non sarebbe nemmeno un essere umano, bensì un simbolo incarnato (semplificando molto: l’avidità capitalista). Il suo compito è assicurare ad una compagnia il successo a tutti i costi, avendo in cambio tra l’altro la vita del suo stesso fondatore… Perché questo prevede l’infernale contratto che di volta in volta Regus stipula con un CEO sull’orlo più o meno consapevole del fallimento: di assicurare un lascito (legacy) che renda immortale il loro nome. In cambio devono però passare velocemente all’altro mondo (da quelle parti il tempo è denaro più che altrove). Questa particolare clausola – la commissione della propria morte – viene sigillata con una fellatio (sic) da farsi allo stesso consulente…
Umorismo forzatamente nero, macabro, horror… Lo stesso Basgallop, lo showrunner, conferma che la forza di The Consultant risiede proprio “nel suo straripante e inaspettato umorismo”.
Coloro che vanno al di là della superficie…
Questo particolare humour di tipo demoniaco pervade tutta la serie, imponendosi spesso anche sulla consequenzialità della narrazione. La trama è disseminata di simboli ed enigmi che il più delle volte rimangono irrisolti. Non essendo in previsione, come sperava qualcuno, una seconda stagione a chiarire i tanti piccoli misteri di The Consultant, l’opera andrebbe irrimediabilmente presa così com’è, nel bene e nel male. Anche perché non vi è in essa alcuna intenzione di spiegare tutto ciò che viene mostrato.
Quindi è inutile cercare una spiegazione dietro – o dentro – gli arabeschi di questo grottesco e allucinato dipinto del mondo del lavoro. Come diceva Oscar Wilde: “coloro che vanno al di là della superficie, lo fanno a proprio rischio e pericolo”. Che in fondo significa che, per potersi godere The Consultant, giusto alla superficie bisognerebbe sapersi fermare. Però non significa evitare le domande poste dalla serie: quanto il lavoro realizza la persona? E fino a quanto dovrebbe spingersi la stessa persona nei confronti del senso del dovere lavorativo? Quando una politica aziendale inizia a diventare tossica e repressiva?
Domande queste che del resto erano state già poste – in modo molto più profondo e articolato – da Severance, la serie di Dan Erickson di cui abbiamo scritto qui.
I sacrifici che Patoff impone fin dal primo giorno ai dipendenti sono splendidamente nonsense: il lievissimo ritardo di una giovane impiegata disabile – dovuto proprio alle difficoltà logistiche con la carrozzella – viene immediatamente punito con il licenziamento.
La violenza nonsense di Candy Crush e The Consultant
Non è un caso – sempre in tema di nonsense, che la storia sia ambientata in una compagnia che produce videogiochi per smartphone (tipo, per intenderci, Candy Crush). Se il videogioco è da tempo una forma espressiva che può a buon diritto vantare una propria valenza culturale, il gioco per cellulari è invece per lo più un intrattenimento idiotizzante, basato su forme volutamente primitive e standardizzate di sfida e ricompensa, con il palese scopo di creare una sorta di dipendenza nell’utente. Parliamo dunque di un prodotto beceramente commerciale, pensato appositamente per indurre un preciso tipo di comportamento.
Parallelamente il violento gioco messo in atto dal consulente all’interno dell’azienda induce gli stessi dipendenti ad un preciso tipo di comportamento. In cui sempre più il sistema di valori precedente – quello rappresentato dal piacevole ambiente creato da Sang – viene sostituito da un opposto e sadico sistema valoriale. Un sistema, se vogliamo ripeterci, diabolico e infernale (non a caso, in E2 la madre di Sang dice che il figlio è stato preso dal diavolo). Anche per questo il rosso è il colore che maggiormente risalta in The Consultant, sin dalla sigla iniziale: colore giocoforza strettamente collegato a Patoff, fino ad arrivare ad illuminarne simbolicamente il passaggio.
Nel finale, come si diceva, rimangono molte più domande che risposte. Regus è già lanciato verso la sua prossima consulenza – la Pterodactyl Robotics – la cui fondatrice si è appena suicidata. Nel codice del gioco appena lanciato, Craig – che l’ha ideato – scopre esserci un malware che permette di spiare illegalmente i cellulari degli utenti. Patty ipnotizzata nello scantinato a battere misteriosamente a macchina. Tokyo che giocando a Sang Jungle’s Odyssey supera il fatidico livello 316. L’alluce perso da Patoff che, bollito, si rivela essere realmente d’oro…
Logica onirica di un incubo sull’ultracapitalismo
Vi è dunque una vertigine di enigmi destinati a restare insoluti, come i vaghi riferimenti all’inferno dantesco che ricorrono nella serie. Ma è poi davvero così importante svelare questi misteri? The Consultant è a tratti volutamente indecifrabile. Seconda stagione o meno, questa serie non è come la fantascientifica Raised by Wolves (di cui abbiamo anche discusso qui nel podcast) o come la mistica 1899 (a cui abbiamo dedicato anche questa puntata del podcast) – entrambe rimaste ahimè in sospeso perché cancellate.
The Consultant potrebbe benissimo chiudersi così, con un’aria di incertezza malefica che ne avvampa il finale, come ha in fondo avvampato ciascuno degli otto episodi, in un angosciante crescendo di metafisica suspance. The Consultant è un incubo, e la sua logica onirica si basa dunque su leggi totalmente estranee a quelle della verosimiglianza. E questo incubo si beffa dell’ultracapitalismo high tech: un consulente aziendale fatto internamente d’oro, che suggella satanici contratti con amministratori delegati alla disperata ricerca di gloria, risana i bilanci delle loro compagnie senza nemmeno avere la più pallida idea di cosa producano…
Perversamente sadico, incoraggia politiche aziendali di gioco al massacro, nel modo più politicamente scorretto possibile. Eppure anche no: quando licenzia la giovane disabile, lo fa proprio in virtù di quell’odierna ipocrisia politicamente corretta che vorrebbe non vedere la carrozzella come evidente differenza tra questa e gli altri autosufficientemente deambulanti.
Un incubo, per l’appunto. Ipnotico e agghiacciante, impenetrabile e sfuggente. Come la meravigliosa performance di Christoph Waltz, vero cuore nero e pulsante di The Consultant.
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