L’eroe di cui avevamo davvero bisogno, scopriamo, non è un giustiziere travestito da pipistrello: ma un pacioso allenatore sportivo di mezza età con un bel paio di robusti baffi che dal Kansas sbarca nella fossa dei leoni della Premier League inglese e che sconfigge i “cattivi” con le armi di una quasi ultraterrena gentilezza. Un eroe il cui super-potere è un ottimismo inscalfibile: qualcosa che, specie dopo quest’anno orribile, ci mancava quasi disperatamente. Il suo nome è Ted Lasso, e così si chiama la serie (una commedia sportiva) che lo vede protagonista, e che torna da venerdì 23 luglio su Apple TV+ con il suo secondo attesissimo capitolo.
Qui trovate invece il trailer in italiano, col suo insopportabile doppiaggio che peraltro annulla lo scontro linguistico tra un americano del Kansas e l’Inghilterra.
Il successo, i premi, l’attesa per la seconda stagione
Dopo il travolgente successo americano, la prima stagione di Ted Lasso ha letteralmente conquistato il mondo. Vincendo plauso critico, un pubblico che aspetta trepidante la seconda stagione, premi a profusione. Mancano solo le statuette più importanti del piccolo schermo, gli Emmy, ma arriveranno: in attesa della cerimonia di assegnazione, a settembre, Ted Lasso guida le candidature con ben 13 nomination nelle categorie principali (più altre 7 in quelle tecniche).
Se in Italia la conosciamo meno è per l’ancora limitata dimestichezza di troppi utenti con Apple TV+, la piattaforma che l’ha prodotta e distribuita (e commissionato una terza stagione per il prossimo anno), e che pure meriterebbe più credito in ambito televisivo. Nel suo primo anno di vita ha adottato una strategia così semplice da sembrare a volte rivoluzionaria: produrre pochi titoli, ma non produrre porcherie.
Ne citiamo alcuni di assoluta qualità: The Mosquito Coast, Mythic Quest, Servant, The Morning Show, la recentissima Physical… Vero, See e l’appena conclusa Storia di Lisey non sono state granché o hanno deluso le attese: ma in entrambe, in modo diverso, l’idea c’era. E le attese per Foundation sono così alte da eclissare tutto il resto.
Sviluppato da Bill Lawrence (Scrubs), Jason Sudeikis (30 Rock, Saturday Night Live), Joe Kelly e Brendan Hunt, il nostro show si basa sull’omonimo personaggio che Sudeikis aveva creato in una serie di promo sulla Premier League della rete americana NBC Sports.
Chi è Ted Lasso e di cosa parla Ted Lasso?
Chi è dunque Ted Lasso (sempre Jason Sudeikis)? È il coach di una squadra di football universitario americano che ha appena vinto la propria divisione. A sorpresa, l’allenatore (assieme al suo fido e taciturno secondo, interpretato anch’egli da un autore della serie, Brendan Hunt) riceve una sorprendente offerta dalla Gran Bretagna.
La nuova proprietaria dell’AFC Richmond (Hannah Waddingham), club calcistico fittizio, vuole che sia lui a prendere le redini del team, che naviga in cattive acque e sconta fortissime tensioni interne. In gran parte derivanti dalla rivalità tra il giovane e arrogante nastro nascente e il più stagionato capitano Roy Kent (Brett Goldstein), vecchia gloria del calcio inglese che ormai sconta gli anni e gli acciacchi.
Non svelo niente (viene rivelato subito) se chiarisco il motivo della sconcertante chiamata da oltre Oceano: la nuova proprietaria vuole far fallire la squadra per far dispetto al marito, cui ha strappato l’amato gioiello calcistico in un aspro divorzio.
Siamo in Inghilterra, calcio e tifo sono una cosa seria anzi serissima: il coach yankee, che non comprende le regole del fuorigioco e applica una mentalità apparentemente più da team building che da agonismo sfrenato, viene accolto dai tifosi con un misto di incredulità e orrore, e presto ribattezzato “wanker” (segaiolo). Ma Ted Lasso saprà, con il suo incrollabile ottimismo, conquistare piano piano lo spogliatoio, l’ambiente, e persino il cuore dei suoi più acerrimi detrattori.
Una gentilezza che contagia il mondo
E così succede con noi spettatori, come è successo con la critica. Ogni diffidenza, ogni dubbio piano piano si dissolvono. La commedia in sé non è certo rivoluzionaria, e il suo mix di elementi sportivi e sentimentali tutt’altro che inedito (pur concedendosi un finale di stagione per nulla scontato). Come non è la prima volta che vediamo la storia del classico pesce fuor d’acqua che arriva in un mondo ostile, e lo vince.
Ma nulla di tutto questo importa. Perché l’ostinazione e la coerenza, e persino la radicalità, con cui lo show e il suo protagonista vivono il proprio credo diventano progressivamente contagiosi, inaspettatamente coinvolgenti.
Vediamo attorno a lui personaggi viziati, danneggiati, imperfetti, e li vediamo cambiare una volta esposti alla sua irresistibile gentilezza, questo tratto quasi orgogliosamente antropologico di certo Midwest americano (Kansas nice, come si dice). L’arcigna, gelida proprietaria del club. La modella fidanzata con la star del team (Juno Temple) che mostrerà lati di umanità e maturità. Gli stessi calciatori.
Ted Lasso attraversa questo mondo come una luce, che ci aspettiamo debba inevitabilmente offuscarsi e che invece rimane intonsa mentre attorno tutto cambia. Non si rivelerà alla fine un gaglioffo. Non mostrerà di essere doppio come tutti gli altri. E non perderà la maschera della gentilezza per svelare l’ennesimo stronzo.
In perfetta coerenza, Jason Sudeikis, protagonista e co-creatore dello show, ha fatto notizia nelle scorse settimane. Indossando alla premiere della seconda stagione una maglietta con i nomi dei tre calciatori inglesi che hanno fallito i rigori nella finale degli Europei vinta dall’Italia. E che per questo (e, plausibilmente, per l’essere neri) sono diventati immediato oggetto di odio sul web, come l’attore ha raccontato a Stephen Colbert.
Ted Lasso, l’eroe che ci serve in questo tempo incattivito
Il senso della serie, del suo gran successo, dei molti premi (tra cui il Golden Globe a Sudeikis) sta tutto qui. Nell’offrire al nostro tempo amaro, incattivito, collerico la figura di un uomo retto, e buono. Che non è un idiota sorridente come il Chance Gardiner di Peter Sellers in Oltre il giardino ma un adulto capace di dubbi e tormenti. E persino tristezza quando la notte lo trova da solo, a piangere la crisi di una famiglia rimasta al di là dell’Oceano, con un divorzio che incombe.
E però ancora più capace di rialzarsi sempre, sorridere alla vita, superare di slancio ogni avversità, costruire gruppo, incoraggiare gli altri, costringerli a trovare la propria forza: “Believe”, credici, recita il cartello che ha appeso nello spogliatoio.
Quasi come una sorta di atto di terapia collettiva, quella di Ted Lasso è una storia che oggi, nel tumulto di questo annus horribilis, ci fa bene guardare.
Giudizio: una commedia coinvolgente, dolce, ottimista, quasi terapeutica. E l’eroe di cui abbiamo bisogno.
Una versione parziale di questo articolo è uscita il 30 maggio 2021 su The Week, inserto domenicale dei quotidiani del gruppo editoriale Athesis.