Nella notte di 30 anni fa, il 10 giugno 1991 in USA, l’11 giugno in Italia, andò in onda il leggendario finale di Twin Peaks. O meglio, quello che all’epoca, e per un quarto di secolo, tutti pensarono fosse il finale. Nell’anniversario, MONDOSERIE pubblicherà uno speciale a puntate, fino a domenica 20 giugno. Articoli, episodi dedicati del nostro podcast, video, illustrazioni originali, saggi di approfondimento con prospettive inedite.
È il nostro modo per omaggiare un grandissimo show, “madre” di tutta la serialità moderna. E di scavare più a fondo in un gioiello che, anche grazie alla strabiliante e ormai insperata terza stagione del 2017, continua a influenzare con forza la tv complessa del nostro tempo.
Nel segno, ovviamente, del mistero.
Perché uno Special Twin Peaks, a 30 anni dal finale
Nella storia del piccolo schermo c’è un prima e un dopo Twin Peaks. E se si vuole capire in profondità il fenomeno della serialità televisiva, oggi il più forte linguaggio culturale globale, bisogna giocoforza passare da qui. Da quella storia che inizia con il ritrovamento di un cadavere, quello di Laura Palmer, reginetta del liceo dalla doppia vita; e con l’arrivo di un eccentrico agente dell’FBI, Dale Cooper, nell’apparentemente quieta cittadina di Twin Peaks.
Non è uno sforzo da studiosi né da esploratori: è un piacere che si rinnova ad ogni visione (oggi in Italia trovate la serie completa su Sky on demand).
Come raccontiamo in questa puntata speciale del nostro podcast ma anche in questo articolo sullo stesso tema, Twin Peaks è il punto d’origine della tv d’autore, quella in cui lo spettatore è necessariamente coinvolto nella costruzione del significato. È la madre di X-Files, e poi I Soprano, Lost, Fringe, Mad Men, Breaking Bad, The Leftovers, fino a serie recentissime o ancora in corso come Black Mirror, Mr. Robot, True Detective, Dark: l’elenco potrebbe continuare. Di colpo, la televisione poteva investigare il lato oscuro della grande materia Americana, come solo al cinema era stato prima concesso. L’inquietudine entrava nel piccolo schermo: e quindi, nelle case, nello spazio privato di ogni famiglia.
Lynch era in anticipo sui tempi: il pubblico in larga parte si stancò, come racconteremo, e la serie si chiuse con una pasticciata seconda stagione di cui il visionario regista poté dirigere solo pochi episodi. Tra questi, fortunatamente, l’immensa e onirica puntata finale, il cui trentennale celebriamo: 10 giugno 1991 (il giorno dopo in Italia).
Il detective, lo spettatore, il rock: magia e rivoluzione
Nello speciale che MONDOSERIE pubblicherà in questi giorni, fino a domenica 20 giugno, concentrando le uscite attorno ai due weekend, troverete tante cose. Illustrazioni originali, puntate dedicate del nostro podcast (una sullo show originale, una sul concetto di libertà creativa in Lynch e Twin Peaks), un video-racconto, e ovviamente articoli e saggi.
Che cercheranno di gettare nuova luce, o aprire prospettive originali, su questa serie leggendaria. Indagando per esempio la sua fecondissima eredità nell’evoluzione della complex tv del nostro tempo; le ragioni della sua originalità rivoluzionaria; il tema della nostalgia in Twin Peaks: the Return; o ancora, la poetica del rock nell’immaginario lynchiano e in particolare della terza stagione; o la musica ispirata a Twin Peaks che (quasi) nessuno conosce.
E poi naturalmente i due grandi temi impliciti dello show, e che però al contempo rappresentano altrettante gigantesche rivoluzioni: il collasso del genere investigativo e la trasformazione del ruolo dello spettatore.
Tra i motivi per cui Twin Peaks si impone come un fenomeno globale, e genera uno shock per il pubblico, c’è infatti come vedremo l’audacia con cui sovverte i meccanismi del più codificato dei generi televisivi: il giallo. Al centro del plot c’è un’indagine, quella dell’agente dell’FBI Dale Cooper (Kyle MacLachlan) attorno all’omicidio della giovane bellezza locale Laura Palmer (Sheryl Lee), nell’eponima cittadina immaginaria.
E se fin da subito la serie mette in crisi le rassicuranti certezze del canone investigativo, altrettanto fa – in modo più sottile e spiazzante – con il ruolo del pubblico. Lo spettatore, sottratto alla propria abituale passività, viene chiamato a partecipare attivamente alla costruzione di un mondo complesso. Gli si chiede di prestare attenzione agli indizi, di contribuire alla ricerca di senso, di farsi egli stesso detective. Il fandom con il suo ruolo decisivo, come lo conosciamo e studiamo oggi, nasce qui.
Nel segno del mistero: da Velluto Blu a Twin Peaks
Sometimes a wind blows
And you and I
Float
In love
And kiss
Forever
In a darkness
A volte un vento soffia / e tu ed io / fluttuiamo / nell’amore / e ci baciamo / per sempre / in un’oscurità.
I versi di Mysteries of Love, canzone-manifesto con cui nel 1986 inizia la collaborazione a tre tra David Lynch (anche paroliere), Angelo Badalamenti (compositore) e Julee Cruise (voce cantante), sono eterei e impalpabili come il pezzo. Eppure rivelatori. Siamo in Blue Velvet (Velluto Blu, 1986), il film che consacra Lynch come uno degli autori più importanti della sua generazione.
E che di Twin Peaks è quasi un antesignano, mettendo in campo elementi che, 4 anni dopo, saranno al centro della serie: il protagonista, Kyle MacLachlan; l’ambientazione in una cittadina di provincia quieta in apparenza ma agitata, sotto la superficie patinata, da pulsioni e tensioni oscure; l’indagine atipica su un atto di violenza che scuote la tranquillità di ogni giorno; un mistero; e sopra tutto, a segnare il cielo, le stelle del bizzarro, dell’inquietudine, del perturbante.
La canzone si conclude così:
Sometimes a wind blows
And the mysteries of love
Come clear.
A volte un vento soffia, e i misteri dell’amore si chiariscono. Quando accade che il mistero si sveli, sembra suggerirci Lynch, è per ragioni quasi naturali. Ma più spesso il mistero resta come deve essere: inspiegato, insoluto.
Racchiuso in una dimensione di sacralità che genera al contempo inquietudine e piacere, paura e desiderio: che ci sia qualcosa di ignoto, e che da questo ignoto possa scaturire una minaccia, e che questa minaccia metta in crisi la quiete apparente della nostra vita, è insieme spaventoso e bellissimo.
È una delle cifre stilistiche dell’universo creativo di David Lynch, e uno degli elementi più evidenti della poetica del visionario regista, autore, pittore, scultore, musicista americano.
Il sogno di un mistero che non doveva essere risolto
30 anni fa Twin Peaks si presentò come una detective story, cioè l’indagine su un delitto che ci si aspetta venga risolto; televisiva, quindi – ci si immagina – inevitabilmente rassicurante; in forma di soap opera, tipologia associata più alla leggerezza dell’intrattenimento che a innovazioni o complessità. Per sovvertire, immediatamente, stereotipi e attese.
Se lo spazio del mistero è sacro, inviolabile, come Lynch fece intendere dentro la propria opera e, fuori di essa, in innumerevoli interviste, allora deve essere sottratto alla logica consumistica della “soluzione”.
“C’era spazio per tantissimi altri misteri. Ma quel mistero [la morte di Laura Palmer] era sacro, teneva in piedi tutti gli altri. Era l’albero e gli altri erano i rami” (Lynch in A Slice of Lynch, dietro le quinte del 2007 incluso come contenuto speciale nelle edizioni della serie in DVD e Blu-ray).
Lynch e Frost non avrebbero mai voluto risolvere il giallo whodunit della serie originale, per portare piuttosto lo spettatore a perdersi in una foresta di misteri sempre più fitta. Ma finirono per soccombere alla produzione, che impose lo svelamento del killer a un terzo della seconda stagione; facendo così collassare il senso stesso di un’opera pensata per essere aperta.
Il fuoco della vendetta e il ritorno a Twin Peaks
Una prima riparazione, amara come la vendetta, arriverà un anno dopo la fine dello show, nel 1992, con Fire Walk With Me: film successivo alla serie ma narrativamente un prequel. Ma ci vorrà un altro quarto di secolo, con la sublime ripresa della serie originale nel 2017, perché le cose possano essere rimesse a posto. Seppur nel modo rovesciato del visionario regista americano: la detective story dissolta, il giallo stesso rimosso dall’equazione, il mistero ripristinato nella sua gloria intangibile.
La prima scena di Fire Walk With Me, che è anche la prima della cronologia “non cosmogonica” del mondo fittizio di Twin Peaks, è emblematica: uno schermo televisivo viene violentemente fatto a pezzi.
L’ultima scena della cronologia narrativa della serie è nei titoli di coda della puntata finale di Twin Peaks: The Return (2017): Laura Palmer sussurra qualcosa all’orecchio dell’agente Cooper, inudibile allo spettatore.
Attorno a questi due gesti – la rivolta contro i meccanismi produttivi omologanti della tv dell’epoca; la riaffermazione del mistero come qualcosa di sacro e intangibile – si articola l’intero percorso che Lynch costruisce nell’universo Twin Peaks. Tra queste due scene – e nei 25 anni che le separano – c’è il senso del viaggio quasi riparatore che l’autore compie per risanare la propria creatura mutilata.
“One day my log will have something to say about this”, un giorno il mio ceppo avrà qualcosa da dire su tutto questo, promette l’iconica Signora Ceppo all’agente Cooper nella seconda puntata della prima stagione della serie.
Nell’attesa, contiamo che abbia qualcosa da dire anche questo nostro Speciale Twin Peaks 30, che pubblicheremo qui a puntate da oggi.