Oggi parliamo di Servitore del Popolo, la serie tv che ha fatto di Volodymyr Zelensky una star popolarissima in Ucraina. Oggi leader della resistenza alla violenta invasione russa, e un’icona mondiale.
Visto tutto quello che sta succedendo, parlare di una serie tv comica può sembrare fuori luogo. Ma Servitore del Popolo ha non solo portato Zelensky a diventare davvero Presidente dell’Ucraina. Ha anche, profeticamente, anticipato moltissime tematiche delle quali oggi si parla con angoscia in tutto il mondo.
E ha forgiato questa figura emblematica. Passata da attore di successo, a politico, a capo di stato e ora eroe della Resistenza.
La nostra tesi non è che Zelensky sia diventato così rapidamente ciò che oggi è nonostante la sua provenienza “leggera”. La nostra tesi è che lo sia diventato esattamente per questo. Che cioè proprio le abilità coltivate come comico e poi come creatore e interprete di una serie televisiva di successo gli abbiano dato gli strumenti grazie ai quali oggi sta vincendo la fondamentale guerra della comunicazione.
Beh, quelli e una dose piuttosto eccezionale di coraggio, va detto.
Servitore del popolo: la commedia che ha fatto di Zelensky una star
Servitore del popolo è una commedia satirica sulla politica e la corruzione in Ucraina, creata recitata e prodotta da Zelensky. Racconta le incredibili vicende di un umile professore di storia – Vasyl Petrovych Goloborodko – che diventa presidente del suo paese, l’Ucraina, un po’ per caso. Dopo essere stato filmato a sua insaputa da un suo studente mentre fa una tirata sulla corruzione che affligge la nazione. Il video, postato su Youtube, diventa virale, e lui finisce per presentarsi alle elezioni e vincerle. Entrerà a far parte del mondo politico ucraino in modo molto comico.
La serie è di qualità, gli attori ottimi. Anche se ci risulta difficile oggi scinderla da quanto sta succedendo, e darne un giudizio strettamente critico a livello produttivo.
Vedere anche solo la sigla d’apertura, dove il protagonista attraversa una Kiev soleggiata in bicicletta, commuove. Perché sappiamo che la situazione oggi è drammaticamente lontana da quella scena amena. E che quegli edifici e strade sono sotto le bombe e i missili della Russia.
Ma vi consigliamo assolutamente la serie, che sta oggi venendo distribuita a livello internazionale sull’onda degli accadimenti delle ultime settimane. E della rapida trasformazione del suo creatore e protagonista, Zelensky, in icona mondiale.
Servitore del popolo è uno show godibilissimo nella sua comicità di buon livello. Di più, ha saputo anticipare quanto sta avvenendo ai nostri giorni. E, più in generale, ha il coraggio di riflettere sui cambiamenti politici necessari per combattere la corruzione che impedisce lo sviluppo di un paese.
Contro gli oligarchi, contro la corruzione
Fin dal primo episodio di Servitore del popolo capiamo che l’Ucraina è nelle mani degli oligarchi. Anzi, la primissima scena ce li presenta in tutta la loro minacciosa potenza. Dall’alto di un balcone, discutono il futuro del Paese. Non sono mai inquadrati in volto e ci appaiono simili agli oscuri VIP di Squid Game: personaggi che controllano senza farsi vedere (ne abbiamo parlato a lungo qui).
Più avanti negli episodi li intravediamo discutere loschi affari, mangiando dolci raffinati, in lussuose case che il popolo non vedrà mai. Chiaramente la serie fin da subito vuole essere un manifesto contro queste impercettibili apparizioni che tutto reggono.
A loro si oppone l’insospettabile figura di un insegnante di storia, ossessionato da una morale propria di rettitudine e onestà. Che fin dal primo giorno viene a cozzare col suo nuovo incarico di Presidente.
Un po’ looser ed impacciato, lo vediamo trasformarsi, e diventare un uomo politico passo passo. Anzi, un eroe politico.
Come Servitore del popolo ha anticipato la realtà
E la sua evoluzione è guidata da singolari epifanie, sogni, visioni. Il secondo episodio di Servitore del popolo si apre con il nostro professore addormentato che sogna Erodoto e Plutarco. I due filosofi dell’antichità discutono del futuro dell’Ucraina in modo divertente: ma che ora dà i brividi. Tra i vari presagi dicono che il prof dormiente è un riformatore e finirà nei guai. E che vi saranno grandi sconvolgimenti politici che metteranno fortemente a rischio le future generazioni.
Più avanti il Presidente verrà chiamato da Angela Merkel per informarlo che il suo paese è stato ammesso nell’UE. Lui la ringrazia a nome del popolo ucraino ma la Merkel cambia tono e con imbarazzo gli dice che si è sbagliata, pensava di star parlando col presidente del Montenegro, e riattacca, lasciandolo nella più totale disperazione.
Nell’ultimo episodio della prima stagione c’è un’apparizione di Ivan il Terribile: lo Zar gli annuncia che lo verrà a salvare in nome della Russia, ma lui replica: “Non venite, vogliamo andare in Europa.” Ivan il Terribile resta sconcertato “Perché in Europa? noi abbiamo in comune il sangue slavo”. “Basta con le questioni di sangue, voi scegliete il vostro cammino, noi il nostro”. Ivan finisce col picchiarlo e la scena termina con Zelensky incosciente tra le braccia del terribile Zar. Oggi vediamo in questa scena un’allegoria di Putin, nella sua convinzione che l’Ucraina gli appartenga.
Servitore del Popolo ha avuto un enorme successo in Ucraina ma in Russia è stata censurata. Ci sono battute contro Putin già dal primo episodio, in cui gli si dà della ‘testa di … (cazzo)” con un gioco di parole. Battuta che è stata tolta per la diffusione in Russia prima che la serie venisse ritirata del tutto.
La guerra delle immagini, dal look ai video alle parole
La formazione di Zelensky come performer e attore, ma anche e soprattutto come autore molto consapevole dei linguaggi mediatici e televisivi, è fondamentale per leggere un tratto sempre più evidente della realtà di questo conflitto. E cioè la guerra delle immagini, e come Zelensky la sta vincendo.
Si pensi ai suoi video e alle sue foto. Pur essendo assediato e braccato dai killer russi che cercano di eliminarlo, appare in mezzo alla gente, con i collaboratori stretti, in luoghi simbolo di Kiev, persino all’aperto. L’immagine risulta genuina, vera, naturale, virile. Di contro guardiamo all’immagine proiettata da Putin in queste settimane. Isolato. Da solo a un lato di un tavolo ridicolmente lungo. In stanze enormi, dalla parte opposta rispetto al gruppo dei sottoposti tremanti. Artificioso, gonfio, immobile.
Così tanto Zelensky si è rivelato un problema per i russi che, oltre ai tentativi di eliminazione diretta, lo si cerca di corrompere in icona. Con i video Deepfake, nuova frontiera della manipolazione usabile nella finzione ma anche nella realtà, per mostrare un falso Zelensky che esorta truppe e popolo alla resa. Video subito rimossi dalle stesse piattaforme social, molto attive sul fronte bellico in una delle reazioni inattese del fronte occidentale così straordinariamente sottostimato e mal letto da Putin e dall’intelligence russa.
È una guerra di immagini che passa anche dall’abbigliamento, come analizza bene questo articolo della critica di moda del New York Times Vanessa Friedman. La semplicissima maglietta verde oliva militare che Zelensky indossa dall’inizio del conflitto è diventata un simbolo. Perché parla di un leader che sceglie di rappresentare in modo plastico la prova di resistenza a cui è sottoposto il proprio Paese. E perché riconnette Zelensky alla sua origine “normale”, di non politico e di non membro dell’élite. Una profonda differenza, anche qui, con il tiranno russo. Putin, notoriamente, ama esibire vestiti e accessori molto costosi. Dagli orologi Patek Philippe agli occhiali da sole Cartier fino al costosissimo giubbotto Loro Piana.
https://youtu.be/vk_GP1p6t4w
Zelensky, “Servitore del popolo” dalla fiction alla realtà
Abbiamo visto come una serie tv, Servitore del popolo, abbia portato un comico, Zelensky, a diventare presidente del suo Paese. E abbiamo poi visto come e in che forme venga combattuta, e vinta, una guerra di immagini. Non come corollario marginale della guerra vera, ma come vero e proprio campo di battaglia su cui il conflitto viene agito. Con una formidabile rilevanza strategica.
Ma nel caso di Zelensky non emerge solo come la sua fortuna politica sia stata aiutata da una comicità che sceglie argomenti “seri”: la corruzione, la democrazia. C’è anche il tema di come uno specifico training gli abbia dato abilità oggi preziose. Vitali. Ed è proprio l’addestramento alla comicità: cioè alla necessità di condensare in una battuta fulminante e di effetto la comunicazione, la persuasione, il coinvolgimento.
Un interessante articolo sul tema l’ha scritto Joanna Weiss su Politico.com, e lo trovate qui. Riporto in traduzione italiana alcune delle sue acute osservazioni.
“Il suo atteggiamento in tempo di guerra ha fatto ampio ricorso alle sue capacità di intrattenitore. Pur sotto assedio, Zelensky è anche acutamente consapevole della percezione delle cose. E incline a offrire battute memorabili, sintetiche e brillanti come le sa fare un comico. La dichiarazione con cui ha rifiutato le offerte di fuga e protezione fuori dal Paese – “Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio” – è diventata un grido di battaglia che ha costretto i governi stranieri all’azione e ha ispirato i suoi soldati. Era il tipo di frase che Goloborodko [il suo personaggio] avrebbe potuto pronunciare, con un analogo mix di ironia e schiettezza. Putin potrà anche aver studiato mappe, ponderato trend geopolitici e calcolato i rapporti di forza militari. Ma non aveva fatto i conti con una star televisiva”.
Come nasce e parla un leader, oggi
Per noi di Mondoserie è l’ennesima conferma: da tempo siamo convinti delle interazioni sempre più frequenti tra realtà e finzione. In cui non solo i prodotti di fiction sono specchi in cui leggere le trasformazioni del mondo “vero”. Ma in cui lo stesso immaginario fittizio finisce per influenzare e plasmare il piano cosiddetto reale. Con una dissoluzione dei contorni che a tratti diventa confusione. Di ruoli, di punti di vista.
Reagan, o Schwarzenegger, sono esempi di intrattenitori divenuti politici. Anche grazie allo sfruttamento elettorale della loro presa sull’immaginario pop. Trump ha perfezionato il modello: con The Apprentice, come ricordiamo qui parlando di Tiger King, ha saputo reinventare (mediaticamente) una figura di grande imprenditore che nei fatti era finita in mille pezzi (e svariate bancarotte). Per poi sfruttare quella reinvenzione mediatica per conquistare la Casa Bianca.
La leadership di Zelensky in tempo di guerra, attraverso immagini e parole chiave, ci ricorda una volta di più la rilevanza cruciale della capacità di motivare e ispirare gli altri. Di farli resistere contro un pericoloso terribile. Abilità attoriali e padronanza dei mezzi della comunicazione e della narrazione televisiva si traducono, oggi più che mai, in qualità fondamentali per un leader moderno. E non importa se le abbia imparate facendo politica o facendo l’attore. Così come la verità di un dramma non è nella sua verità “reale”, nel mondo esterno allo spazio della finzione.
Un po’ come, se ci pensiamo, il personaggio di Ezechiel in The Walking Dead. Lo conosciamo come re carismatico, saggio, benvoluto, con una passione per l’oratoria shakespeariana. Scopriremo che prima della catastrofe era “solo” un guardiano dello zoo con un amore per il teatro. Ma è l’uomo giusto al posto giusto nel momento giusto. Né più né meno.