È una gelida notte del 1970, Londra è coperta di neve. Il vento soffia, la tempesta bianca impedisce persino alla gente di uscire di casa. Ma Kubrick – è lui, ovviamente, lo Stanley del documentario S is for Stanley – quella notte ha bisogno di un enorme fallo in fibra di vetro che si trova dall’altra parte della città. Senza quell’oggetto, le riprese di Arancia Meccanica sono bloccate. Come fare?
Nessun impiegato del film è disposto ad andare prenderlo e nessun taxista londinese vuole avventurarsi nella tempesta. Ma la scena è troppo importante e Kubrick vuole girarla subito. Alex, il protagonista (Malcolm McDowell), deve massacrare a colpi di fallo (che in realtà è una scultura) la ricca proprietaria di una villa isolata. Il set è pronto, gli attori ci sono: non si può rimandare.
La produzione infine trova un conducente che, con sorpresa di tutti, in testa Kubrick, si incarica dell’impresa e consegna l’enorme fallo in tempo e senza batter ciglio. Così Stanley incontra Emilio D’Alessandro, e per trent’anni non si separeranno più. O meglio, il celebre regista non lo lascerà più andare, riducendolo in una specie di schiavitù perpetua.
S is for Stanley – Trent’anni dietro al volante per Stanley Kubrick è un film documentario del 2015 diretto da Alex Infascelli, tratto dal libro “Stanley Kubrick e me”, biografia di Emilio D’Alessandro. Vincitore del David di Donatello 2016 come miglior documentario, racconta l’incredibile storia di un’amicizia compulsiva tra due persone tremendamente diverse ma devote al proprio lavoro. Stanley (vorrà sempre farsi chiamare così) e un timido uomo italiano da poco emigrato a Londra, Emilio.
Follia e richieste quotidiane in S is for Stanley
Dopo averlo incontrato, per un breve periodo Kubrick lo assume come suo autista personale. Ma a poco a poco il regista comincia ad assegnargli i compiti più disparati, subissandolo di note quotidiane. Tutte firmate “S”. Dove, appunto, S is for Stanley.
Emilio, dopo aver portato gli oggetti di scena sul set, torna a casa mia e dai da mangiare ai cani, poi chiudi i due gatti nelle loro diverse stanze e dai da mangiare anche a loro. E poi ritorna sul set. Grazie, S.
Emilio, trova per favore un produttore di candele che abbiano uno stoppino durevole. Me ne servono in grande quantità. Grazie, S.
Emilio, vieni sul set a fare compagnia ai miei genitori mentre giro la scena di Shining in cui Jack Nicholson spacca la porta con un’ascia, ho paura si spaventino. Grazie, S.
E così via… La vita di Emilio finisce dove comincia quella di Kubrick.
Scarrozzando Jack Nicholson con le sue “sigarette”
Il fedelissimo collaboratore, racconta S is for Stanley, si lamenta solo una volta: quando deve fare da autista a Jack Nicholson. “Non capivo, quello era un attore ricco e invece di comprarsi le sigarette fatte se le rollava lui. Quando le accendeva in macchina c’era uno strano odore e mi scoppiava la testa. Inoltre continuava a mettersi della polvere sul palmo della mano e inalava quella cosa. E poi mi urlava dietro per farmi fermare non appena vedeva una ragazza per strada. Insomma ho chiesto a S. di smettere di portare in giro quell’uomo e S. ha detto: d’ora in poi non te ne devi più preoccupare”.
Emilio d’Alessandro sarà l’invisibile braccio destro di Kubrick durante le riprese di tutti i suoi film. La moglie, inglesissima, pur rispettando il lavoro del marito, odia a morte questo strano regista che lo chiama ad ogni ora del giorno e della notte. Emilio trascura i figli e il suo hobby più grande: le macchine da corsa.
Pensate che è talmente impegnato ad assolvere i suoi compiti che non ha nemmeno il tempo di vedere i film del regista per cui lavora giorno e notte! Non ha la minima idea di come sia sullo schermo il lavoro di Kubrick. “I film di Stanley erano troppo lunghi, in tutti quegli anni non li ho mai visti. Solamente quando sono tornato in Italia per un lungo periodo con mia moglie ho avuto il tempo di guardarli. E di capire il suo genio”.
S is for Stanley, Eyes Wide Shut e una domanda spiazzante
Dopo decenni di servizio devotissimo, Emilio comunica a Kubrick di volersi licenziare e tornare alla sua terra d’origine. Kubrick va in paranoia ed inventa ogni tipo di stratagemma pur di tenerselo vicino.
Emilio ricorre alle maniere forti: vende la sua casa e dice “Stanley, devo proprio partire, non ho più nemmeno la casa.” E Kubrick, con una scusa, lo piazza in una delle sue ville. Emilio e sua moglie dovranno aspettare due anni prima di riuscire nell’impresa.
Ma anche quando finalmente riesce a tornare in Italia per coltivare la terra, Kubrick gli telefona in continuazione: arriverà a proporgli di installare un telefono sul suo trattore per poter continuare a chiamarlo in ogni momento.
Forse la scena più scioccante del documentario S is for Stanley è quando capiamo che, senza Emilio, Kubrick non era più ‘in grado’ di lavorare. Alla sua partenza, il regista stava per girare Eyes Wide Shut, il suo ultimo film. Sospende il progetto per tutto il periodo in cui Emilio resta in Italia. Riprende il film solo quando l’amico torna, e addirittura gli dona un ruolo (il giornalaio), quasi a ringraziarlo.
Consigliamo vivamente questo breve ma interessantissimo documentario. Che non solo ci racconta particolari inediti sul genio di Kubrick, ma fa sorgere una spiazzante domanda: senza Emilio D’Alessandro, cosa sarebbe stato del grande regista?
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