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Poirot, ovvero: vorrei essere Hastings | 1 classico in 2
Poirot, podcast | Puntata a cura di Jacopo Bulgarini d’Elci e Livio Pacella.
Tra le infinite versioni di uno dei personaggi più iconici di tutti i tempi, Hercule Poirot, una è entrata potentemente nell’immaginario collettivo. Agatha Christie’s Poirot, o più spesso semplicemente Poirot: serie andata in onda, come raccontiamo nel podcast, dal 1989 al 2013. Ben tredici stagioni per un totale di 70 episodi, che coprono l’intero corpus di romanzi e racconti che la Christie edifica attorno al suo celebre detective. Ma soprattutto un attore, David Suchet, che col personaggio si confronta per 24 anni. In una performance sublime. Fino, come discutiamo nel podcast, a diventare Poirot…
“1 classico in 2” è uno dei format del podcast di Mondoserie: conversazioni a due voci su serie che hanno segnato l’immaginario.
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Un’enciclopedia perfetta del personaggio Poirot
Nella serie Poirot, come raccontiamo nel podcast, gli episodi tratti dai racconti (36) hanno una durata di 52 minuti; quelli tratti dai romanzi (34) arrivano invece a oltre 100 minuti. Lo show televisivo è una trasposizione piuttosto fedele dell’opera di Agatha Christie. Immancabili compagni di viaggio nelle avventure di Hercule sono il capitano Hastings (Hugh Fraser), l’ispettore capo Japp (Philip Jackson) e la segretaria Miss Felicity Lemon (Pauline Moran). Nelle ultime stagioni subentreranno l’amica scrittrice di gialli Ariadne Oliver (Zoë Wanamaker) e il maggiordomo George (David Yelland).
“Ho sempre ragione. Succede tanto invariabilmente che me ne stupisco io stesso.” Poirot non è solo incredibilmente intelligente: come Holmes, lo è al limite dell’essere insopportabile. Soprattutto per colpevoli e sospettati, per i quali è, nella migliore delle ipotesi, il ‘ficcanaso francese’ (al che lui immancabilmente obietta con stizza d’essere belga); talvolta è il ‘buffo damerino’ o anche ‘l’orrido ranocchio’.
Perché, se con Sherlock Holmes condivide l’essere solitariamente geniale, a differenza di questi Poirot è uno straniero. Lo è innanzitutto perché non è cittadino britannico. In secondo luogo perché non è né ricco né aristocratico. Il suo essere grottesco e straniero agli occhi degli altri, il suo parossistico bisogno di ordine e simmetria, la sua capacità di gettare luce – ovvero di dare significato – nell’enigmatico e macabro buio che è il cuore degli esseri umani… tutto questo in fondo appartiene ad ognuno di noi.
Poirot è una metafora del nostro bisogno di interpretare e dare un senso all’esistenza.
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Poirot e il (nostro) bisogno di rimettere in ordine il mondo
Qui, invece, la nostra riflessione sulla crisi del giallo classico