Pepsi, where’s my jet? – Pepsi, dov’è il mio jet? – (Netflix, 2022) è una docuserie statunitense in 4 episodi da 1h, sull’assurda causa legale intentata da un ventenne di Seattle alla Pepsi (Pepsico Inc.). Inizialmente il regista Andrew Renzi aveva pensato ad una fiction ma, visto l’incredibile successo di Tiger King (fenomeno a cui abbiamo dedicato anche un podcast e un secondo pezzo per il seguito, senza contare lo spin off e la serie-fiction) durante il lockdown 2020, diverse produzioni – tra cui questa – hanno scelto di realizzare documentari su bizzarri avvenimenti del passato.
Negli anni Novanta la competizione tra Coca Cola e Pepsi Cola è ai massimi storici. E si esprime soprattutto a suon di spot televisivi. La prima è leader incontrastato del settore. La seconda si accaparra testimonial incredibili, con nomi del calibro di Cindy Crawford (in shorts), David Bowie e Michael Jackson (che rimase gravemente ustionato nella realizzazione dello spot).
Per fidelizzare ulteriormente il mondo dei teenager, la Pepsi lancia una raccolta punti. In premio un banalissimo gadget dal catalogo di merchandising brandizzato. Occhiali da sole (tipo Top Gun): 175 punti. Giacca in pelle (tipo aviatore): 1450 punti. Con la scritta Pepsi appiccicata da qualche parte, of course. Ecco nel finale dello spot in cui il giovane protagonista sfoggia suddetti occhiali da sole, cappellino e t-shirt, il colpo di genio creativo. Il ragazzino arriva a scuola a bordo di un caccia militare Harrier Fighter, ghignando: “È senz’altro meglio dell’autobus”…
Il mitico jet militare Harrier Fighter
Si tratta di un mitico jet ad atterraggio verticale, da portarsi a casa con ‘soli’ 7 milioni di punti. Una voce fuori campo dice: “Ora più Pepsi bevi, più grandi cose otterrai”. Il premio in questione – dal valore di 32 milioni di dollari (contro i 700.000 dei punti Pepsi da raccogliere) – era talmente incredibile e assurdo, da non poter non risultare con ogni evidenza uno scherzo. Per questo motivo gli autori dello spot, in accordo con i legali della multinazionale, non ritennero necessario inserire un disclaimer. Ovvero una nota legale che avverte la cosa non sia da prendere sul serio. Ed è in questa zona grigia che si inserisce la pretesa di Leonard. Perché “una promessa è una promessa”.
John Leonard è uno studente di economia di Seattle, che nei successivi tre anni si ingegna per raccogliere quei 7 milioni di punti, sì da poter reclamare il jet. Cosa che comunque non è un’impresa facile. Ogni litro di Pepsi vale 1 punto. Se non si riusciva ad accumulare il numero esatto (ad esempio 3000 per una bicicletta), c’era sempre la possibilità di acquistare quelli mancanti a 10 centesimi l’uno.
Facendo due surreali conti: da una parte sedici milioni e ottocentomila lattine di Pepsi. Troppe. Dall’altra un investimento di 700mila dollari, per un jet che ne vale decine di milioni. Un ottimo investimento. Con tanto di business plan, con cui Leonard illustra il suo piano a possibili finanziatori. Dando per certo l’obbligo legale dell’azienda di dover tenere fede all’offerta proposta pubblicamente nello spot.
Leonard vs PepsiCo
L’intraprendente studente ama la montagna e lavora come guida escursionistica. Tra i suoi facoltosi clienti c’è chi decide di aderire. Soprattutto l’amico Todd Hoffman, maturo uomo d’affari che decide di finanziare in larga parte la bizzarra avventura. Detto, fatto. Vengono mandati a Pepsi i 15 punti minimi per poter partecipare e un assegno da 700 mila dollari circa, corrispettivo dei restanti milioni di punti. Assieme alla cortese richiesta di poter ricevere l’agognato caccia in premio. La risposta della Pepsi è altrettanto cortese: non c’è nessun caccia. Persino quello dello spot era un’animazione grafica. E comunque era lì a solo scopo pubblicitario. Si allegano, oltre all’assegno ricevuto, diversi buoni omaggio per scusarsi così di ogni possibile malinteso.
John, sempre spalleggiato dall’amico Todd, non ci sta e decide di portare in tribunale la multinazionale, con l’accusa di inadempimento contrattuale e truffa. I giornali cominciano ad interessarsi alla storia. “Non cerco qualche tipo di accordo con Pepsi. Voglio solo un aereo” – dice lui. Nel frattempo l’azienda ha furbescamente modificato la pubblicità, che continua ad andare in onda. I punti necessari sono ora 700 milioni (dai 7 iniziali). E soprattutto alla fine dello spot compare la scritta “just kidding” (è solo uno scherzo).
L’opinione pubblica è naturalmente dalla parte del giovane Don Chisciotte, che rifiuta un generoso accordo offerto dalla controparte. Sulla questione si esprime persino il Dipartimento della Difesa, dicendo che l’aereo deve eventualmente prima essere disarmato… Nel 1999 la sentenza. A favore di Pepsi. Secondo la giuria: “nessuna persona sana di mente avrebbe potuto concludere che lo spot potesse davvero offrire ai consumatori un jet Harrier”. Leonard impugna la sentenza. Inutilmente. E così il sogno di poter vivere scalando montagne di questo 20enne di Seattle svanisce come le bollicine di una bibita gassata. La causa, passata alla storia come ‘Leonard vs PepsiCo’, è a tutt’oggi materia di studio nelle università.
Pepsi, where’s my jet? Due curiosità e una nota dolente
Pepsi, where’s my jet? racconta questa inverosimile battaglia legale intervistando, oltre i protagonisti, ex dipendenti, giudici e militari.
Curiosità 1. Ad ogni intervistato vengono fatte assaggiare due bibite gasate (Pepsi e Coca Cola) senza che si sappia qual è l’una e quale l’altra. Per sapere quale tra le due sia stata, senza ombra di dubbi, la preferita – just watch the show.
Una nota dolente. Il quarto episodio infine tratta un altro tragico malinteso pubblicitario Pepsi. Nel 1992 mezzo milione di filippini è convinto di aver vinto 10.000 dollari, per un concorso abbinato alla lotteria nazionale. Pepsi Number Fever: qualcosa a che fare con i numeri stampati sul retro dei tappi e quelli estratti quotidianamente. Fatto sta che il rifiuto da parte della compagnia di onorare i premi ha portato a rivolte popolari. Tra scontri di piazza e bombe molotov perdono la vita cinque persone.
Curiosità 2. Secondo The Hustle, Leonard si trasferì in Alaska a fare la guida escursionistica del parco nazionale Denali. Oggi lavora per l’ente che si occupa di parchi nazionali nel District of Columbia.
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