Narcos: Mexico è la continuazione / spin off della serie Narcos, prodotta da Carlo Bernard e Doug Miro, e distribuita da Netflix (2018-21). Di Narcos (di cui abbiamo parlato qui, e che è andata in onda tra 2015 e 2017) doveva inizialmente essere la quarta stagione. È stato poi invece sviluppato come uno spin off speculare, articolato quindi in 3 stagioni, ciascuna di 10 episodi.
La storia, anch’essa basata su fatti realmente accaduti, ripercorre la nascita e lo sviluppo del cartello messicano di Guadalajara, parallelamente alle vicende narrate nella serie ambientata in Colombia.
Diversi sono infatti i personaggi colombiani che ricompaiono più o meno fugacemente in Narcos: Mexico. Pablo Escobar, of course, e i gentiluomini del cartello di Cali – soprattutto Pacho Herrera. Così come avevamo già visto nella serie originale il personaggio di Amado Carrillo Fuentes (Jose Maria Yazpik), soprannominato ‘il signore dei cieli’.
Il Padrino di Narcos: Mexico: Miguel Ángel Félix Gallardo
Le prime due stagioni sono però incentrate sulla figura di Miguel Ángel Félix Gallardo (un grande Diego Luna). Che negli anni ‘80 realizza l’audace progetto di unificare le diverse piazze messicane di contrabbando di marijuana verso gli Stati Uniti in un’unica grande organizzazione da lui controllata. In poco tempo arriva a gestire un traffico ultramilionario, in grado di corrompere e asservire qualsiasi autorità o istituzione si ponga sul suo cammino.
Ma i soldi veri – parliamo di miliardi di dollari – arrivano quando Felix decide di iniziare a trasportare la cocaina colombiana verso gli USA. Alzando così di molto il tiro – e i rischi annessi – dell’intera operazione. E finendo inevitabilmente nel mirino della DEA, l’agenzia antidroga americana che, come abbiamo visto per la Colombia, ha una sua succursale anche in Messico.
In particolare è l’agente Kiki Camarena (Michael Peña), trasferitosi da poco a Guadalajara dalla California, ad assumersi l’obbligo, per così dire morale, di incastrare Felix Gallardo, ribattezzato nell’ambiente ‘il Padrino’.
La sagace scaltrezza del Padrino, le inevitabili tensioni interne nell’organizzazione criminale, la tenacia di Kiki e della sua squadra, l’impensabile livello di corruzione raggiunto dal paese – diventato anch’esso per l’appunto un narcostato – e l’ambigua posizione della politica estera americana (alle prese con uno storico trattato commerciale con il Messico) sono gli elementi che daranno vita ad un tragico e surreale susseguirsi degli eventi. Che culmineranno – alla fine della seconda stagione di Narcos: Mexico – con il triste e inevitabile tramonto dell’impero di Felix Gallardo.
I sacrifici del negocios: da una parte e dall’altra della barricata
Il parallelismo con l’ascesa e la caduta di Escobar – anch’esso tema della prime due stagioni di Narcos – è inevitabile. Narcos: Mexico mostra però un narcotrafficante dalla caratura altrettanto titanica, ma dal carattere completamente diverso: razionale, schivo, introverso. Molto meno propenso a versare sangue. Ma pronto a sacrificare i pochi veri amici e gli unici affetti per l’ossessione del negocios (il business). Perché nel narcotraffico come nell’alta finanza, gli affari vengono prima di qualsiasi altra cosa. E soprattutto perché – quando sei un uomo d’affari – continuare ad espandersi è sempre l’unica opzione. Altrimenti, come dice uno sconsolato Felix, “l’avrebbe comunque fatto qualcun altro”…
E così, anche se possiedi già tanti soldi che non basterebbe una vita per spenderli, sei costretto a rimettere tutto in gioco – in un gioco che si fa via via sempre più pericoloso – perché queste sono le regole del negocios. Perdendo così, paradossalmente, le poche persone per amore delle quali avevi al principio creato il tuo impero.
Dall’altra parte, l’agente della DEA è altrettanto pronto a mettere da parte la sua famiglia, per adempiere all’immane compito di incastrare Gallardo. Come in Narcos, il confine buono-cattivo, eroe-antieroe è dunque sfumato in un gioco di ombre ad incastro, per cui esistono soltanto esseri umani che si trovano da una parte o dall’altra della barricata. Non si tratta qui di parteggiare per la DEA di Camarena o per il cartello di Guadalajara… semplicemente, non vi è niente e nessuno per cui parteggiare.
https://youtu.be/1bRqwWWewB8
Indagini che si perdono nella sordida realtà di Narcos: Mexico
La terza stagione di Narcos: Mexico, dopo l’uscita di scena del Padrino messicano, vede in poco tempo le diverse fazioni – Tijuana, Juarez, Sinaloa – esplodere conflittualmente. Mentre la famiglia Arellano (Tijuana) si scontra con i boss di Sinaloa (qui vediamo sorgere un’altra figura che diverrà molto nota – El Chapo, interpretato da Alejandro Edda), è Amado Carillo Fuentes ad uscirne vincitore. Espandendo i traffici con volumi d’affari mai visti prima: si stima sia arrivato a possedere fino a 25 miliardi di dollari.
Arrivati a questo punto, lo show sembra però arrancare, portando avanti diverse sottotrame. Le indagini dell’agente DEA Walt Breslin (Scott McNairy), le indagini della giornalista de La Voz, l’unico mezzo d’informazione stampato indipendente in Messico, e le indagini di un povero poliziotto di Juarez, Victor Scapia (Luis Gerardo Mendez).
Indagano dunque tutti e tre. L’americano vuole a tutti i costi incastrare gli Arellano. La giornalista vuole scoperchiare gli intrallazzi tra politica finanza e criminalità. Il poliziotto messicano affronta invece il terribile fenomeno dei femminicidi di massa che avvennero nelle aree lungo il confine a fine anni ‘90 (e che sono tuttora rimasti in buona parte insoluti). Tutte le indagini in questione finiscono con un nulla di fatto, a riprova di quanto sordida e inafferrabile possa essere la realtà di un narcostato…
Ed è forse interessante riportare che, il 15 settembre 2017, un assistente di produzione di Narcos: Mexico, Carlos Muñoz Portal, venne trovato assassinato con ferite da arma da fuoco nei pressi della città di Temascalapa. Nessun testimone e nessuna pista – ma sospetti sul cartello locale. L’omicidio è rimasto insoluto.
Ecco uno di quei rari casi in cui realtà e finzione sembrano perfettamente coincidere!
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Una riflessione sui Narco-stati, a partire da Breaking Bad