Lo ammetto: ero tra quelli, credo parecchi, che aspettavano con trepidazione l’uscita di Midnight Mass (cioè: messa di mezzanotte), miniserie pubblicata nel settembre 2021 da Netflix con le sue 7 puntate. Per almeno un paio di ragioni.
Un po’ perché ho imparato ad apprezzare enormemente il lavoro del suo creatore, Mike Flanagan: un autore vero che usa l’horror come campo in cui indagare temi profondi con un approccio quasi filosofico e umanistico. Cosa non banale, perché è un genere oggi invece largamente disabitato dalle idee e popolato solo di spaventi a buon mercato e storie sempre disperatamente uguali. Flagan, di cui parleremo meglio dopo, ha già firmato in campo seriale veri gioielli come i due capitoli di The Haunting. E cioè The Haunting of Hill House (2018) e poi due anni dopo The Haunting of Bly Manor (2020), entrambi su Netflix. Delle due miniserie, parte di uno show fortemente antologico, abbiamo parlato qui congiuntamente.
E Midnight Mass, che confesso di aver divorato con esagerata ingordigia in un’unica sessione nel weekend, non ha deluso le aspettative. Anzi. Emergendo – nonostante una certa lunghezza – come una bella, avvincente, ambiziosissima, a tratti persino commovente, meditazione. Sul dolore e sulla fede. La religione e la religiosità. E su come una comunità può ritrovarsi, e perdersi.
Di cosa parla Midnight Mass
Come recita l’accurata presentazione di Netflix, “Midnight Mass racconta la storia di una piccola comunità isolana le cui divisioni sono amplificate dal ritorno di un giovane caduto in disgrazia e dall’arrivo di un carismatico prete. Quando l’apparizione di padre Paul sull’isola di Crockett coincide con eventi inspiegabili e apparentemente miracolosi, un rinnovato fervore religioso si impadronisce della comunità – ma questi miracoli hanno un prezzo?”.
Trattandosi di un horror soprannaturale, la risposta la potete immaginare facilmente: certo, ci sarà un prezzo da pagare. Ma vi assicuro che molto difficilmente potrete indovinare in che direzione il racconto andrà, e fino a che punto le cose si spingeranno.
La prima puntata ci porta, letteralmente, sulla piccolissima isola (127 abitanti, 50 km al largo delle coste degli Stati Uniti nord occidentali). Ci arriviamo seguendo Riley (Zach Gilford, Friday Night Lights e il successivo opus magnum di Flanagan, La caduta della casa degli Usher), che torna nel suo luogo natale dopo 4 anni di prigione: imprenditore di successo, una notte ha ucciso una giovane donna in un incidente d’auto. Era ubriaco, e da allora l’immagine di lei lo ossessiona.
Fatica a reintegrarsi nella semplice comunità cattolica di pescatori, con la loro vita durissima fatta di un lavoro massacrante e abitudini consolidate. Su Crockett Island ritrova i provati genitori Annie ed Ed (Henry Thomas, già bambino di E.T., presente nei due The Haunting), l’ex fidanzata Erin (Kate Siegel, star di molti lavori del marito Flanagan) che è tornata sull’isola incinta a fare l’insegnante, la fanatica e potente diacona (Samantha Sloyan: Scandal, Grey’s Anatomy), la razionale dottoressa locale (Annabeth Gish), lo sceriffo mussulmano giunto non molto tempo prima dalla terraferma (Rahul Kohli, Bly Manor).
Assieme al disorientato Riley è sbarcato sull’isola anche padre Paul (Hamish Linklater, Legion), carismatico giovane prete venuto a sostituire il vecchio monsignor Pruitt, ricoverato sul continente dopo essersi sentito male durante un pellegrinaggio in Terrasanta. L’arrivo del nuovo prete coincide con una serie di eventi misteriosi (una strage di gatti dopo una violenta tempesta, apparizioni sinistre) e guarigioni miracolose.
Come reagirà la piccolissima comunità alle novità?
Meditazione sull’uomo, metafora politica, allegoria religiosa
Una delle cose sorprendenti di Midnight Mass è la sua complessità. Chi conosce i precedenti lavori televisivi di Flanagan se la può aspettare, certo: ma c’è qui qualcosa di ancora più radicale. Pur in una storia che non ha, per esempio, l’articolazione temporale a incastro di The Haunting of Hill House. O lo sprofondare in loop spazio-temporali esistenziali metafisici di The Haunting of Bly Manor.
La storia scorre con una progressione lineare. E la sua ricchezza scaturisce casomai dal progressivo disvelamento dei tanti percorsi che hanno portato ogni personaggio allo stato in cui si trova adesso, nel momento in cui l’irruzione nel villaggio del soprannaturale dà il via a una nuova vicenda collettiva e individuale. Sono percorsi segnati dal dolore, dalla perdita, dall’errore, dalla colpa.
Ma a impressionare sono soprattutto i livelli di lettura simbolica del racconto. Quello socio-politico e quello religioso, con al centro – ovviamente – il tema gigantesco della resurrezione. Non per caso la storia si svolge in gran parte nel tempo speciale della Quaresima, tra il mercoledì delle ceneri e la Pasqua.
Dal punto di vista politico, Crockett Island è un melting pot, come dicono gli stessi personaggi. Un crogiolo di culture e provenienze. Con una popolazione perlopiù bianca e cattolica, ma non omogenea o “chiusa” come ci si potrebbe aspettare. C’è uno sceriffo mussulmano. La moglie del sindaco è una donna di colore, e così la loro figlia che un incidente ha condannato alla carrozzina. Il medico del paese è lesbica.
In questo contesto arriva l’epoca dei miracoli: un fervore religioso travolge tutto e tutti. Ma mentre i personaggi letteralmente guariscono e ringiovaniscono, e sognano la resurrezione dell’isola, diminuiscono sempre più la tolleranza e l’apertura e la pietas umana che rendevano il villaggio di pescatori una comunità. E prende piede un nuovo e violento fanatismo.
Un’involuzione non casuale, e che è forse lecito leggere anche come una critica sotterranea alla pulsione nostalgica tipica dei populismi, e ben esemplificata dallo slogan trumpiano “Make America Great Again”. La domanda che sembra porsi la miniserie, in questa prospettiva, è: a che prezzo arriva il ritorno indietro, letterale, a un tempo di prima “migliore” e più dolce e in cui (in teoria) stavamo meglio? La risposta: al costo di uno sprofondare nell’orrore e nel disumano che si traduce in una carneficina.
Midnight Mass, la Resurrezione e l’ultima canzone del Titanic
In maniera ancora più esplicita e radicale, è straordinariamente interessante la riflessione che Flanagan compie in campo più propriamente religioso. Provando a mostrarci a cosa potrebbe assomigliare l’esperienza metafisica e sovrannaturale del sacro.
Oggi noi ne abbiamo un’immagine edulcorata, ingentilita, pacificata. Ma provate a pensare a cosa possa voler dire incontrare un Angelo: cioè una creatura ultraterrena investita di un potere soprannaturale e impegnata in un conflitto escatologico. Forse quell’esperienza assomiglierebbe a ciò che vediamo qui: qualcosa che sta a metà strada tra meraviglia e orrore, tra celestiale e demoniaco, tra paradiso e inferno.
In cui bene e male sono mescolati. Inestricabilmente. Perché la finitezza dell’uomo non può separarli mai del tutto.
Ed è così per tutto il racconto di Midnight Mass, e per gran parte dei suoi personaggi: con l’eccezione della diacona, prototipo dello zelante fanatico religioso che non vede l’ora di accendere roghi, si tratta di figure sfaccettate e complesse. Indurite dalla vita, dagli errori, dagli accidenti del fato, e a un certo punto accese da un fuoco spirituale crociato, ma ancora capaci di riflessione morale. A partire da padre Paul, che del racconto – e delle trasformazioni della comunità – è il motore.
Faccio un piccolo SPOILER in realtà abbastanza innocuo (ma chi preferisce non rischiare salti al prossimo capitolo), e anzi utile per lo spettatore italiano che potrebbe restare un po’ disorientato dalla scena. Nel finale della storia, quel che resta della comunità di pescatori contempla la distruzione del proprio villaggio, attendendo l’alba che li giudicherà. E viene a patti con le proprie colpe, con la trasgressione del limite umano che ha vissuto. I superstiti – prima una voce poi tutti assieme – intonano un canto. Si tratta di “Nearer, My God, to Thee”, in italiano noto come “Più presso a te, Signor”, inno cristiano del XIX secolo. L’inno si basa sul sogno di Giacobbe raccontato nel Libro della Genesi (28,11–19).
Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa.
Si dice che l’inno sia stato l’ultimo brano suonato a bordo del Titanic prima che la nave colasse a picco, nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912. Anche lì: prima dell’alba, nell’ultimo scampolo di una notte apocalittica.
Nel racconto biblico c’è, subito dopo a quello già citato, un altro passaggio. Giacobbe si sveglia dal sogno e dice: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». Racchiude il senso perfetto della visione proposta, con coraggio e radicalità, dal creatore di Midnight Mass. Così è l’idea della resurrezione: grandiosa e insieme terrificante.
Il più ambizioso progetto dell’ottimo Mike Flanagan
Ed è venuto il tempo di dire due parole in più su Mike Flanagan, creatore della miniserie ma anche regista e sceneggiatore, o co-sceneggiatore, di ogni puntata, nonché responsabile del montaggio (insomma, autore pieno). Intanto una curiosità: il regista americano è nato nel 1978 a Salem, in Massachusetts. Cioè la località resa celeberrima dall’aver vissuto l’ultimo grande processo alle streghe del Nord America, nel 1692. Naturale che fosse incuriosito dall’orrore!
Tra i suoi film ricordiamo prodotti di genere in gran parte interessanti e assai ben fatti: Absentia (2011), Oculus (2013), Ouija (2016), il buon adattamento dal romanzo di Stephen King Il gioco di Gerald, e il temerario “sequel” di Shining, anche questo tratto da King, Doctor Sleep (2019).
Ancora più rilevanti sono però qui le sue opere per il piccolo schermo, le già citate The Haunting of Hill House (2018) e The Haunting of Bly Manor (2020). La prima ispirata al romanzo omonimo di Shirley Jackson (in italiano L’incubo di Hill House), la seconda al racconto di Henry James Il giro di vite (1898). Lavori, molto apprezzati, in cui Flanagan ha mostrato la capacità di riesumare gli stilemi del racconto gotico e delle storie di fantasmi, per farli parlare del mondo d’oggi. Delle nostre inquietudini, ossessioni, paure. Del senso di colpa. Delle nostre famiglie più o meno disfunzionali. Dei traumi e degli effetti duraturi che producono.
Costruendo opere in cui il terrore è mentale più che effettistico, e in cui ciò che veramente spaventa non sono i mostri ma gli abissi della mente. Non è un caso che autori come Stephen King, Quentin Tarantino e William Friedkin siano tra i suoi estimatori.
Con Mass Midnight, Flanagan ha firmato indubbiamente la sua opera più ambiziosa, quella capace di rappresentarne appieno la poetica.
Midnight Mass: a chi la consigliamo
Insomma: la miniserie di Netflix è opera da vedere. Specie (ma non solo) se siete fan di Flanagan. Specie (ma non solo) se amate l’horror intelligente. Più in generale, se vi piacciono racconti allegorici che dietro una storia di per sé già molto avvincente nascondono significati, simboli, livelli ulteriori.
E, va da sé, se non vi fate eccessivamente turbare da un po’ di truculenza, che non manca. Il sangue, metafora evidente della vita e insieme del contagio, e ovviamente elemento centrale sia del rituale liturgico cristiano sia dell’idea della Resurrezione, qui scorre a fiumi.
Magari evitate di trangugiarla come ho fatto io. Un po’ di stacco tra una puntata e l’altra può aiutare a meglio assimilarle. E anche a evitare la sensazione di lentezza che in alcuni (pochi) punti potrebbe cogliere, anche per l’oggettiva lunghezza delle singole puntate (attorno all’ora, ora e qualcosa ciascuna).
Midnight Mass è molto bella da vedere. Ha performance notevolissime (su tutte quella folgorante di Hamish Linklater come padre Paul). Una grandissima forza narrativa. E regala momenti di emozione, e persino di commozione e stupore, davvero alti.
Una curiosità finale: non esiste una vera Crockett Island. Cioè, al di là del nome, un’isola reale su cui le riprese siano state effettuate. La produzione ha costruito il fittizio villaggio in Canada, nell’area di un parco pubblico poco fuori Vancouver. La piccolissima isola che appare nelle riprese aeree è stata inventata digitalmente.
Chi è Mike Flanagan: The Haunting of Hill House e Bly Manor
Ascolta il podcast dedicato a The Haunting of Hill House
The Haunting of Hill House: mistero, orrore, rovina | PODCAST