In attesa di raccontare la seconda stagione, ripubblichiamo il nostro articolo sul primo capitolo di Loki!
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Siamo in piena Loki-mania! La serie prodotta dal connubio Disney – Marvel ha concluso pochi giorni fa la sua prima stagione (6 puntate, Disney+), e se ne parla un po’ dappertutto. Il che ci sta: la serie è bella, divertente, fascinosa come vedremo.
Il problema è che la mania assume le forme, se date un’occhiata sul web a come ne parlano altre testate che si occupano di serie, della frenesia ermeneutico-esplicativa più fanatica. A cosa allude quel riferimento? Chi è quella figura? Che rapporti ha col resto del MCU (Marvel Cinematic Universe)? Cosa ci fa capire suoi prossimi film del franchise Marvel? Avete notato questo? Avete colto quell’indizio o quel riferimento?
E soprattutto, ovviamente, dopo la messa in onda del finale di stagione (ma non di serie, perché una seconda stagione è già annunciata) il 14 luglio il delirio è esploso: l’avete capito o no chi è il personaggio che appare alla fine? l’antagonista? avete capito cosa vuol dire? Il tutto con toni al limite dell’isteria.
Contro il nerdismo ermeneutico
Ma chi se ne frega! Non c’è proprio niente di male ad essere nerd, e qua ce l’abbiamo non con i fan ma con troppa parte della critica web. Per una ragione molto banale: non siamo tutti nerd. E la semplice verità è che la stragrande maggioranza di coloro che guardano i film del MCU (cioè il pubblico per cui sono pensati, progettati, realizzati, sfornati al ritmo visto negli ultimi anni) non ha mai preso in mano un fumetto Marvel o letto una delle migliaia di pagine piene di storie, eroi, avversari, colpi di scena, complicate e involute narrazioni sulla nascita del mondo e sulla genesi dei suoi diversi personaggi. E va bene, benissimo così.
D’altra parte, i Marvel Studios di Kevin Feige quando hanno lanciato l’ambiziosissimo progetto di creare un universo narrativo coerente e transmediale non puntavano certo solo ai fan storici. E le proporzioni del successo e dello sforzo produttivo rendono superflua ogni altra considerazione. 24 film, tra il 2008 (Iron Man) e oggi (Black Widow). Il franchise mediatico di maggior successo della storia, con oltre 22 miliardi di dollari ricavati dai primi 23 titoli cinematografici. Almeno altri 14 titoli in varie fasi produttive. E, ovviamente, il debutto quest’anno dei primi progetti seriali prodotti direttamente dai Marvel Studios (WandaVision, The Falcon and the Winter Soldier, Loki).
Faremo più avanti un rapido riferimento, debitamente segnalato a scanso di spoiler, alle implicazioni narrative della serie sul MCU. Ma qui vogliamo soprattutto raccontare perché Loki è una serie che può amare anche chi non sia un nerd – e, dirò di più, anche chi abbia una conoscenza del tutto superficiale del MCU.
La si può amore in sé e per sé, e parecchio. E ancora di più, come vedremo, per la sua affinità non tanto al resto del franchise Marvel quanto al cartone più iconoclasta e visionario della tv occidentale d’oggi: Rick and Morty.
Cos’è Loki e dove si colloca nell’universo Marvel
Serie televisiva statunitense, Loki è stata creata da Michael Waldron per Disney+. Torneremo dopo sul nome di Waldron. Basata sull’omonimo personaggio dei fumetti Marvel Comics, la serie è ambientata nel Marvel Cinematic Universe (MCU), in continuità con i film del franchise, e si svolge dopo gli eventi del film Avengers: Endgame (2019).
Prodotta dai Marvel Studios di Kevin Feige, vede Waldron come showrunner e produttore esecutivo. Tom Hiddleston torna nel ruolo di Loki dai film: al suo fianco Owen Wilson, Sophia Di Martino, Gugu Mbatha-Raw, Wunmi Mosaku, Eugene Cordero, Tara Strong, Richard E. Grant e Jonathan Majors.
La prima stagione, composta di 6 puntate, ha debuttato il 9 giugno 2021 su Disney+ e si è conclusa come detto il 14 luglio. Una seconda stagione della serie è già in sviluppo.
La trama: Loki, dio dell’Inganno, fratello adottivo di Thor, durante gli eventi di un precedente capitolo degli Avengers sfrutta un momento di confusione e si impossessa nascostamente del Tesseract. L’atto crea una variante temporale, e la versione alternativa di Loki – qui inizia la serie – viene catturata dalla Time Variance Authority (TVA), un’organizzazione che esiste al di fuori dello spazio-tempo. Il lavoro della TVA è tenere sotto controllo le linee temporali, e intervenire ogni qualvolta vi siano divergenze che potrebbero far collassare la coerenza dell’universo. La TVA offre a Loki due possibili scelte: essere cancellato dall’esistenza, essendo egli una variante temporale, oppure aiutarli a fermare una pericolosa minaccia.
Loki si trova così coinvolto – spesso con l’agente Mobius (il fantastico Owen Wilson) – in un’avventura che lo porterà a viaggiare per il tempo e per lo spazio, confrontandosi con altre versioni di se stesso, cercando di svelare il mistero della TVA, cercando di capire chi la governi e l’abbia creata.
Il finale della prima stagione di Loki e il futuro Marvel
Ed eccoci al punto che ha acceso l’isteria di cui sopra, impedendo di parlare della serie per quel che è. La seconda parte di questo capitolo conterrà spoiler importanti sul finale della prima stagione: lo segnaleremo, e basterà saltare al prossimo capitolo.
Loki fa parte, lo avete sentito dire tutti, della “fase 4” del MCU. Che vuol dire? L’universo narrativo creato da Feige e soci, che coinvolge numerosi produttori, sceneggiatori, registi, attori, ha già vissuto ben tre fasi a partire dal suo debutto nel 2008 col già citato Iron Man. Con Avengers: Endgame si è conclusa la terza, che ha chiuso anche la cosiddetta “Infinity Saga” (la Saga dell’Infinito, ma uno potrebbe anche dire: l’infinita saga).
La fase 4 si è aperta quest’anno con WandaVision, primissimo prodotto dei Marvel Studios per la tv: un gioiello finalmente capace di attrarre un’audience più matura, interessata anche a un minimo di complessità che qui assume le forme di una riflessione deliziosamente meta-narrativa sulla storia del piccolo schermo e della sua rappresentazione della famiglia.
Black Widow, uscito a luglio, è il primo film della fase 4, che si concluderà nel 2023 dopo aver sfornato – se non ho contato male – altri 10 film e quasi altrettante serie tv. Tra le altre cose, vedremo il ritorno di Dr. Strange, Thor, Spider-Man, Ant-Man – l’elenco è sfibrante, e pensare che succederà tutto in due anni (ripeto: 10 film e 9 serie) aggiunge angoscia a un futuro che già appare nebuloso.
Tornando a Loki, ecco il motivo della sovreccitazione. [SPOILER: saltate al prossimo capitolo se non volete sapere come finisce la stagione 1]. Dopo aver a lungo vagabondato tra le prigioni della TVA (orribili loop temporali che ti tormentano con la forza straziante dei ricordi), altri piani temporali a caccia di perturbazioni della sacra linea temporale, mondi sul punto di collassare, Loki giunge alla fine del Tempo. Con lui c’è una sua variante femminile, Sylvie, divenuta sua compagna di avventura e di cui il dio si è pure innamorato (cioè, si è letteralmente innamorato di se stesso in modalità femminile).
I due entrano nella Cittadella con l’obiettivo di affrontare e uccidere il Nemico che ha creato la linea temporale, i Guardiani del Tempo, la TVA, e che in nome della stabilità governa tutte le creature come marionette. L’avversario che incontrano non è come se lo aspettano e ce lo aspettiamo noi: come capiremo alla fine, “Colui che rimane” altri non è che una versione ridanciana e danzerina, e tutto sommato equilibrata, di Kang il Conquistatore. Cioè l’arcinemico degli Avengers in infinite storie, un uomo capace di viaggiare nel tempo e di creare quindi linee temporali divergenti.
L’uccisione di “Colui che rimane”, nel finale, spalanca le porte all’irruzione di infinite linee temporali del multiverso, e di nuove oscure versioni di Kang, che viene quindi svelato come il plausibile antagonista delle prossime fatiche Marvel. Vabbé!
La complessa figura del dio dell’Inganno
E c’è invece parecchio da apprezzare in Loki senza sdilinquirsi pensando al futuro, e finalmente ci possiamo arrivare dopo aver fatto piazza pulita di tutte le premesse e le sovrastrutture. A partire dalla figura eponima, che finalmente diventa personaggio protagonista di una storia tutta sua.
Dio dell’inganno, classico Trickster, trasformista e mago, fratello adottivo di Thor, Loki è sempre stato il nostro preferito tra i personaggi del MCU: un po’ per le indubbie qualità del suo interprete, Tom Hiddleston, che sa infondere alla figura fumettistica profondità e soprattutto ironia. Un po’ per i tratti del personaggio. Eterno secondo, figlio adottivo di Odino, geloso del più lineare fratello Thor, il nostro è stato in diverse occasioni del MCU antagonista: passando dall’essere soggetto di cui non ci si può fidare al ruolo di vero e proprio villain, e finendo per macchiarsi di crimini e delitti orrendi.
E andrebbe notato che questa versione di Loki, avendo creato una nuova linea temporale, non ha vissuto gli eventi (Thor: The Dark World e Thor: Ragnarok) in cui si era redento per i suoi crimini.
E poi Loki è figura fascinosa e complessa in sé. Lo descrive bene, dimostrando la propria intelligenza, il suo interprete Hiddleston: “il mutaforma per antonomasia”, la cui capacità di trasformarsi rende impossibile stabilire se sia “un eroe, un cattivo o un antieroe”.
Questo è un punto centrale. Tra le tante idiozie lette in questo periodo c’è la definizione di Loki come storicamente un antieroe. Ma questo mostra solo l’incomprensione del concetto di antieroe: Loki è sempre stato un villain (seppur molto amato dal pubblico), capace a un certo punto di redimersi, e ora finalmente approdato, in modo forse moralmente non sorprendente ma drammaturgicamente per nulla scontato, alla dimensione appunto di antieroe.
Loki, Rick and Morty e le gioie del multiverso
Ma il fascino della figura del protagonista e le qualità del suo interprete non sono le uniche ragioni per guardarsi le 6 puntate della prima stagione di Loki.
Serie, attenzione, non per tutti i gusti. Specie in campo supereroico. Per capirsi: siamo più dalle parti delle fascinose complessità di WandaVision che da quelle di The Falcon and the Winter Soldier, per rapportarci agli altri due prodotti seriali diffusi quest’anno da Marvel con Disney+. L’azione è limitata, e per qualcuno questo può essere un male. Quello stesso qualcuno probabilmente troverà lo show insopportabilmente verboso, e in effetti ci sono almeno un paio di episodi tutti basati su lunghi dialoghi. Ma a noi piace pensarlo come riflessivo, piuttosto.
E poi ad averci conquistato sono stati alcuni tratti fortemente innovativi e audaci. E no, non ci riferiamo alla bisessualità del protagonista (il primo dei personaggi MCU ad assumere questi tratti), peraltro pudicamente riferita con una rapida battuta dal sempre ricco di sfumature Hiddleston.
Parliamo piuttosto dell’atmosfera generale che si respira: surreale, visionaria, bizzarra. Fin da subito, quando all’inizio della prima puntata la semi-divinità si trova prigioniera dell’orrida burocrazia della TVA, un po’ sovietica e dall’estetica grigia e retrò: un dio in coda, in attesa del suo turno col numerino, trattato come niente dai burocrati che per lavoro controllano che nessuno sgarri dal destino che la linea temporale ha per lui previsto.
Per non parlare delle incredibili ed esilaranti avventure che il protagonista vive quando si trova (episodio 5) a doversi confrontare con infinite proprie varianti, esiliate in una sorta di pianeta / discarica, tra cui un sé vecchio (l’eccellente Richard E. Grant) e addirittura un Loki-alligatore.
Non è un caso che il creatore e showrunner sia Michael Waldron, come dicevamo. Perché tra le sue precedenti esperienze la più cospicua è quella accanto a Dan Harmon in Rick and Morty (di cui abbiamo parlato qui in vista della quinta stagione). Per la brillante sitcom animata fantascientifica Waldron è stato produttore di numerosi episodi, ha frequentato la writer’s room e ha scritto una puntata iconica come The Old Man and the Seat.
Ogni volta che vediamo un portale aprirsi in Loki è difficile non pensare a quelli che sono il marchio di fabbrica del cartone. I giochi e le riflessioni sul multiverso sembrano parlare una lingua molto simile. Così come quelli sulle varianti o le realtà alternative.
E viene da chiedersi cosa avrebbe fatto Rick Sanchez, lo scienziato geniale e pazzo protagonista col nipote dell’altra serie, se si fosse trovato a doversi confrontare con le esasperanti procedure omologanti e anti-individualistiche della Time Variance Authority. Anzi, non serve chiederselo: basta ricordare la sua insofferenza violenta e distruttiva verso l’Impero Galattico e persino la Cittadella dei Rick dove vivono – guarda caso – migliaia di sue versioni.
Giudizio: complessa, matura, non adatta a chi cerchi un intrattenimento infantile, più che piacevole per chi apprezzi surrealismo e visionarietà.
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