Ho cominciato a guardare L’altra Grace (Alias Grace, disponibile in Italia su Netflix), mini serie canadese in sei episodi del 2017, attirata dall’immagine di copertina. Mostra la protagonista Grace, una giovane ragazza dai capelli rossi, scortata da due poliziotti. Tutti e tre sono di spalle ma lei ha la testa girata e possiamo vederne il sorriso misterioso e ipnotico. RICORDO: l’ho guardata in un paio di nottate. Quando mettevo in pausa il video per andare in cucina, oppure in bagno, mi capitava di fermarmi nel corridoio. Avevo paura. Come quando si è piccoli o adolescenti a casa da soli.
Una volta iniziato il primo episodio, risulta difficile non rimanere avvinti dalla trama complessa e piena di inquietanti colpi di scena. Se avete una passione per i torbidi intrighi psicologici, gli assassinii irrisolti, le storie ambientate nelle carceri, nei manicomi e nelle ville isolate dell’Ottocento, L’altra Grace è indubbiamente la serie che fa per voi. Non è una serie horror. Ma può essere definita ‘a day to day horror experience’: un viaggio nell’orrore del quotidiano giorno per giorno.
Margaret Atwood, autrice del libro omonimo da cui è tratta la miniserie, nonché del più noto The Handmaid’s tale, ha particolarmente a cuore una domanda che anch’io mi sono sempre fatta. Come vivevano le giovani serve e cameriere nell’Ottocento, o in altre epoche? Chi le proteggeva? Spesso erano minorenni di umili origini sballottate di casa in casa a lavar panni e pavimenti di gente che, nel migliore dei casi, offriva loro quattro soldi e un letto. Nel peggiore, le rovinava. A differenza di The Handmaid’s tale (Il Racconto dell’Ancella, alla cui serie abbiamo dedicato una puntata del podcast che puoi ascoltare qui), L’Altra Grace non è una distopia. Racconta, anzi, una storia realmente accaduta.
L’altra Grace: in fuga dalla Grande Fame
Grace Marks fu una giovane domestica incarcerata a sedici anni, nel 1843, per il doppio assassinio del suo ‘padrone’ e della governante e amante di lui, oltretutto incinta. L’assassinio fu compiuto da o assieme al garzone di casa, che venne impiccato poco dopo. I due avevano tentato la fuga, Grace si era vestita con gli abiti dell’assassinata e con quelli si era presentata al processo. Il suo caso e la sua figura divisero la cronaca dell’epoca. Era una vittima? Una criminale? Una manipolatrice perversa?
Come molte persone in quel periodo, era arrivata in Canada dall’Irlanda, per fuggire dalla fame e dalla mancanza di lavoro che afflissero il paese in modo disastroso fino a metà Ottocento.
RICORDO: Anni fa, quando vivevo a Belfast, decisi di fare un giro in macchina per tutta l’Irlanda. Trovai miracolosamente dei giorni soleggiati. Era maggio, il periodo migliore per muoversi. Ovunque andassi, ero avvolta dal verde sublime. Fattorie isolate, qualche mucca qua e là… Un paradiso per chi è appassionato di birra, solitudine e nuvole. Tuttavia, girando in quelle vastità semideserte, sentivo qualcosa di sinistro. Il mio compagno di viaggio mi parlò allora della ‘Grande Fame’ che aveva causato la morte di milioni di persone, proprio all’epoca di Grace. Già vessate dalla povertà cronica, quelle terre avevano vissuto una carestia senza precedenti. Chi non moriva se ne andava in cerca di miglior sorte…
Un altro “racconto dell’ancella” firmato da Margaret Atwood
Conoscendo il significato di quella che è passata alla storia come “La grande carestia irlandese” ci viene più facile capire perché un muratore alcolizzato decise di partire per il Canada con la moglie malata e i nove figli (tre li avevano già seppelliti). Nel primo episodio, la famiglia di Grace si imbarca su una nave stipata e maleodorante. Dopo pochi giorni di viaggio il dottore di bordo viene chiamato nella stiva dove sono miseramente alloggiati i migranti: la madre di Grace sta male, anzi, tempo che il dottore arriva è già morta. Il medico certifica il decesso per tumore e se ne va in fretta e furia. Là sotto non si riesce a respirare, manca l’aria.
La madre viene sbrigativamente sepolta in mare da un distratto equipaggio. Grace ha undici anni e ora deve badare lei ai suoi fratelli. Suo padre come al solito è ad ubriacarsi da qualche parte. Giunta in Canada, la famiglia alloggia qualche mese nei sordidi quartieri di Toronto. Il padre un giorno, in un accesso di rabbia, caccia Grace. “Oramai sei grande, è tempo di lavorare e mandare soldi a casa.” Grace viene così impiegata come cameriera e, dopo varie esperienze, finisce a casa del signor Thomas Kinnear, che ‘uccide’ qualche tempo dopo. Si fa trent’anni di carcere e manicomio. Poi viene rilasciata.
Da allora sparisce nel nulla.
L’altra Grace e la tangibilità dell’orrore
Margaret Atwood la riporta in vita nel 1996 (anno dell’uscita del libro Alias Grace) e nel 2017 esce la miniserie scritta da Sarah Polley e diretta da Mary Harron, con protagonista una strepitosa Sarah Lynn Gadon. Ottimo cast (ad eccezione del protagonista maschile, Edward Holcroft, lo psichiatra a cui Grace racconta la sua storia), bellissima fotografia, eccellente colonna sonora, costumi azzeccati. L’altra Grace è senz’altro una delle miniserie da guardare, se si vuol stare col fiato sospeso per qualche ora. La trama ha certamente qualcosa di orrorifico e di onirico. Sarah Gadon è una Grace pura e velenosa al contempo. Bravissima a dividere anche il parere dello spettatore. Colpevole o non colpevole, angelo o demone?
I particolari aiutano a far venire spesso il voltastomaco. In alcune scene, si sente l’odore del sangue. Se qualcuno sviene, sembra che il suo corpo sia caduto di fianco a noi. La tensione è molto alta e per certi versi ricorda la prima stagione di The Handmaid’s Tale. E ci riporta alla domanda che da sempre mi faccio. Come vivevano le serve all’epoca?
Come vivevano le serve all’epoca?
“Quando qualcuno ti trova con un uomo nella tua stanza, la colpa è tua. Non importa come c’è entrato.” dirà Grace. Queste ‘bambine’ (ricordiamo che Grace e molte altre cameriere hanno tra i 12 e i 16 anni) devono presto imparare non solo a lavorare sodo ma a star zitte, inchinandosi quando passa il padrone, tenendo la testa bassa per non farsi da lui adocchiare…
Quando Grace va in bagno (naturalmente la toilette è fuori all’aperto) la sua compagna di stanza la segue. “Grace, sei un’ingenua! Non devi uscire sola di notte, una ragazza non può mai abbassare la guardia.” Anche una semplice pipì per una giovane serva può diventare un pericolo in un mondo di soli doveri senza alcun diritto. Oltretutto spesso le donne più anziane non sono figure protettrici ma diventano spietate giudici delle giovani. Dietro ad ogni angolo si annida il pericolo di un’infamia, e bene inteso, è sempre colpa di una donna, quasi mai di un’uomo, soprattutto se quest’ultimo è nobile.
L’ultimo episodio ci lascia forse un po’ perplessi. Un risvolto psichico che vira verso l’horror da spettacolo, nello sdoppiamento di personalità di Grace. Può sembrare forse una scelta facile, calcando sulla passione ottocentesca per tutto ciò che era spiritismo, magia scientifica da salotto, la scoperta della psicologia. Ma la domanda che emerge, potente, è un’altra. Una persona che ha passato ciò che è toccato a Grace, come pensa? Che riflessi e che reazioni inconsce può avere? È quanto cercano di spiegare i medici e gli emergenti psichiatri nella serie, guidati dal reverendo Verrenger, interpretato niente meno che da David Cronenberg, il grandissimo cineasta del “body horror”.
Ascolta il podcast su L’altra Grace