La fidanzata inesistente è un episodio della docuserie Untold (Netflix, 2022), dedicata a scandali et simila del mondo sportivo americano (basket, football, tennis, boxe ecc.). Si tratta di storie sempre molto intense, spesso assurde: dall’arbitro NBA che scommetteva sulle partite da lui dirette al figlio minorenne di un boss mafioso divenuto presidente di una squadra di hockey sul ghiaccio… Dalla corruzione alla salute mentale, dalle risse tra giocatori e tifosi all’influenza degli sponsor sulle carriere sportive…
La narrazione degli eventi è affidata agli stessi protagonisti, il cui racconto è costellato da filmati di repertorio e dal commento di giornalisti e personalità varie coinvolte all’epoca dei fatti. E i risvolti umani di queste vicende così particolari, tra pubblico e privato, tra vittorie e sconfitte, sono senza dubbio emozionanti e coinvolgenti.
Come nel caso de La fidanzata inesistente: la storia di una bugia divisa in due parti, di circa un’ora ciascuna. Protagonista della prima parte – e di questa incredibile storia – è Manti Te’o, giovane promessa del football. Classe 1991, nato alle Hawaii da una famiglia samoana, il giovane viene cresciuto con rigidi valori morali, sintetizzati nel mantra della tripla effe – fede, famiglia, football. Quel che si dice un bravo ragazzo, anche se forse un po’ naif, che finisce alla University of Notre Dame, nell’Indiana. Grazie alle sue doti fisiche e al suo grande impegno diviene presto un leader nella squadra di football del college, i Notre Dame (Notre Dame Fighting Irish Football).
Una finzione irrimediabilmente oscura
Il gelido inverno dell’Indiana è agli antipodi delle solari isole hawaiane. Il giovane promettente Te’o, che soffre di solitudine, inizia allora una relazione a distanza con una ragazza conosciuta su Facebook. Un social al tempo (2009) ancora relativamente nuovo. La ragazza in questione si chiama Lennay Kekua e, anche se i due non si sono mai incontrati di persona, in poco tempo il loro legame diventa una storia d’amore.
Avrete sicuramente già intuito trattarsi di catfishing, ovvero l’inganno perpetrato on line tramite un fake account (un falso profilo) con cui si finge di essere un’altra persona. Lennay, avvenente fanciulla californiana, ha moltissime cose in comune con la nascente star del football. I due condividono gli stessi valori, addirittura gli stessi gusti… Forse perché dietro Lennay si nasconde Ronaiah Tuiasosopo, ragazzo di origini hawaiane, anch’egli a sua volta (per ironia della sorte) educato con la tripla effe.
Nella seconda parte di La fidanzata inesistente è proprio lui, nel frattempo diventato lei con il nome di Naya, a raccontare la sua versione dei fatti. Il profilo di Lennay era per lui, al tempo in cui doveva nascondere a tutti la propria sessualità, l’unico modo per potersi relazionare ai ragazzi.
Con Te’o le cose vanno però diversamente. Nonostante la situazione paradossale i sentimenti di entrambi, insomma, sono profondi e genuini. Ma nell’ultimo periodo Naya teme di stare perdendo la promessa del football, e proprio a causa del suo talento. Talento che lo ha fatto diventare molto popolare al college, uno di quelli che viene invitato ad ogni festa. Nella contorta mente di Naya si fa strada una folle idea. Fingere dapprima di essere rimasta vittima in un incidente stradale. E in un secondo momento di essere gravemente malata. Leucemia.
La finzione ha ormai preso una piega irrimediabilmente oscura.
La fidanzata inesistente di un ingenuo campione
La tragedia, per quanto imprevedibile, è già nell’aria. E la data fatidica è l’11 settembre 2012, poco prima di una finale decisiva per il futuro di Te’o. Il giovane apprende della morte della nonna, a cui era molto legato. La reazione di Naya / Lennay è isterica, quasi incomprensibile. Finge la propria stessa morte. Se vi state chiedendo come diavolo abbia fatto, potrete scoprirlo nel documentario La fidanzata inesistente: ha davvero dell’impensabile.
Te’o, comprensibilmente sconvolto, nonostante la doppia tragedia riesce a giocare una partita esemplare, portando la sua squadra ad una vittoria attesa da moltissimo tempo. Il giovane campione dedica la vittoria alla memoria di sua nonna – e della sua virtuale fidanzata.
Tutto bene, dunque? Oh no… al contrario. L’incubo non è che agli inizi. Essendo Te’o destinato a giocare nella NFL, la massima lega professionistica, la sua prestazione e il suo lutto attirano l’attenzione della stampa sportiva, cartacea e on line. Una storia così edificante e commovente al contempo è semplicemente irresistibile. Tutti i titoli delle principali testate sportive inneggiano al coraggioso campione. Solo il piccolo blog Deadspin si chiede chi sia questa misteriosa fanciulla, così tragicamente deceduta. Dopo una veloce ricerca, i giornalisti fiutano lo scoop.
Lennay non esiste. Si risale addirittura a Ronaiah, che si rifiuta di rispondere. E ora l’interrogativo più grande è: Te’o ne era consapevole ed aveva architettato ad arte la messinscena mediatica oppure è stato soltanto il più sprovveduto degli idioti? Ricordiamo sempre che all’epoca il catfishing era un fenomeno praticamente sconosciuto. Le truffe per mezzo di internet erano per lo più di natura pecuniaria. Difficile allora immaginare una finzione portata avanti per ragioni prettamente psicologiche, emotive e sentimentali.
Vittime di un’assurda (mediatica) fatalità
In entrambi i casi – vittima o complice, credulone o truffatore – la figura pubblica di Te’o ne sarebbe uscita a pezzi. Anzi, ne esce a pezzi. E qui il rapporto tra sport e media in America viene mostrato da La fidanzata inesistente sotto una luce inedita. L’informazione sportiva abbisogna di idoli ed eroi per appassionare il pubblico. L’atleta in ascesa Manti Te’o aveva incarnato alla perfezione quel ruolo. Così come vieni esageratamente innalzato, al primo strike verrai spietatamente distrutto.
Appurato il suo ruolo di vittima, Te’o non solo perde ingaggi, vedendo svanire il suo sogno, ma diviene una sorta di antieroe popolare. I meme sulla sua dabbenaggine straripano dal web, mettendo a dura prova l’integrità psicologica della persona e della sua famiglia.
Le confessioni di Manti Te’o, di come abbia affrontato il suo periodo di gloria e la sua discesa agli inferi, vengono affiancate da quelle di Naya Tuiasosopo, che ha pienamente accettato nel frattempo la sua natura transgender. E che racconta di come alla fine sia lei stessa caduta nell’inganno che aveva portato per anni avanti. Prigioniera del suo stesso psicotico raggiro. Anche lei vittima, a suo modo, della paura di non essere amata. Di non essere accettata.
Ma lui, alla fine, dimostrando anche in questa difficilissima circostanza la sua nobiltà d’animo, l’ha perdonata. In fondo sia lei sia lui, nonostante l’assurda fatalità di quanto avvenuto e grazie al documentario Untold: La fidanzata inesistente, hanno avuto la possibilità di fare la pace – in un certo senso – tra loro, con loro stessi, e con i mass media. Potendo finalmente dare la propria versione di questa vicenda. Potendo forse metterci una volta per tutte la parola ‘fine‘.
La fidanzata inesistente di Cazzaniga
Perché, ripercorrendo il tutto, sono stati i giornalisti a metterci la parola ‘inizio‘. Indagando e rendendo pubblico il caso. Portandolo alla mercé del pubblico.
Negli ultimi anni, il catfishing è diventato un fenomeno largamente noto e diffuso. Vi è addirittura una famosa trasmissione americana in onda su MTV, a cui ha fatto seguito una versione inglese: Catfish: False Identità (lo stesso conduttore, Nev Schulman, ne era stato vittima), che indaga e smaschera eventuali impostori virtuali. Dovrebbe quindi essere ormai un fenomeno, come dire, addomesticato.
Eppure in Italia, non molto tempo fa, salta fuori una triste storia. Il profilo fittizio questa volta è sotto il nome di Maya. Solo che dietro Maya non si nasconde una confusa anima transgender, ma una vera e propria associazione a delinquere. Vittima di questo tremendo inganno, un altro campione sportivo: il pallavolista Roberto Cazzaniga. Che ha creduto di essere fidanzato – per la bellezza di 13 anni! – con tale Maya, che aveva le fattezze di una top model brasiliana (Alessandra Ambrosio).
Per tutto questo tempo i due si sentono solo al telefono o tramite chat e social (il famigerato Facebook). Assurdo, vero? No. La cosa più assurda è la cifra che Cazzaniga, convinto di pagare i conti ospedalieri di lei, per suoi fantomatici gravissimi problemi al cuore, ha sborsato nell’arco di quasi tre lustri: 700.000 euro. Settecentomila.
Dietro la fantomatica Maya, ben tre persone: una sarda che fingeva la voce brasiliana, una cara amica di lui e il fidanzato di questa (appartenente tra le altre cose alle forze dell’ordine). Evidente che Roberto Cazzaniga, oltre ad essere persona assai ingenua ed introversa, non abbia voluto ascoltare amici e familiari – ormai ridotti sul lastrico, per sopperire alle incessanti richieste di denaro di lui.
Catfishing e media: una finzione al cubo
In pratica non ha voluto ascoltare nessuna delle persone a lui vicine, per ben tredici anni… Fino a quando non è intervenuta la magia della televisione. Nelle vesti dell’arcinoto format Le Iene che, avendo ben fiutato l’eclatante caso, ha fisicamente costretto il pallavolista a fare i conti con la realtà. Mostrandogli il vero volto della donna che dava voce a Maya, ad esempio. E rompendo così un incantesimo che durava da una vita. Con un uomo convinto di avere una fidanzata, di cui parlava entusiasticamente ai suoi esterrefatti compagni di squadra. La cui voce lo tranquillizzava prima di una partita, salvo poi allarmarlo prima dell’ennesimo fantomatico intervento al cuore. Un’illusione costata una cifra astronomica, tanto per cominciare. La storia, dopo essere stata vista da milioni di telespettatori, è attualmente nelle mani della Guardia di Finanza.
Strane storie quelle amorose virtuali, fatte di confidenze, promesse, segreti, e talvolta di tanti rimandi… Poiché la maggior parte di queste relazioni è, a suo modo, reale. Tra social e siti di incontri, sempre più di frequente la forma virtuale è una legittima forma di reciprocità sentimentale. Tranne quando, ovviamente, uno dei due nasconde all’altro la propria vera identità. E qui si potrebbero aprire tantissimi discorsi: dall’ipotesi di due catfish che legano inconsapevolmente tra loro al problema squisitamente filosofico di cosa sia una vera identità…
Restiamo per ora nell’ambito del semplice catfishing: storie che, nella misura in cui si conoscono e se ne può parlare, significa sono già finite nel mirino dei media. E la relazione tra catfishing e media – in pratica una finzione al cubo – è un potenziale dagli ampi risvolti drammatici.
Gogna e vergogna
Daniele, 24 anni, si suicida dopo aver scoperto che Irene – sua fidanzata virtuale – è in realtà Roberto, un uomo di 64 anni. Ottomila messaggi in un anno – vuol dire più o meno 22 al giorno – tra parole d’amore, sogni e progetti futuri. Lui però incappa in rete nelle foto di lei, scoprendo che si tratta di una modella romana.
Compreso l’inganno, il gesto estremo. Con una straziante lettera d’addio per i familiari.
I quali, comprensibilmente distrutti, chiedono giustizia – ritenendo l’anziano responsabile della morte del giovane. La Procura, pur perseguendo l’impostore per il reato di sostituzione di persona, archivia quest’ultima ipotesi.
Interviene, anche in questo caso, il programma de Le Iene. Raggiunge il truffatore, intervistandolo per le strade del paese, mentre spinge la carrozzina della vecchia madre. Lui, colto alla sprovvista, si giustifica naturalmente come può.
Andato in onda il servizio, parte la gogna mediatica. Il suo volto è oscurato, ma tra tatuaggi e carrozzina tutti in paese sanno di chi si tratta. Compaiono minacce di morte, scritte sui muri di casa sua e dintorni. Il vecchio non regge e a sua volta si toglie la vita. Lasciando, amaro parallelismo, una lettera d’addio, contenente disposizioni per le cure della vecchia madre.
Gogna e vergogna. Sempre più spesso e da più parti si chiede a gran voce la criminalizzazione del catfishing. Altri ritengono che cascare in tale tranello sia come decidere di giocare al gioco delle tre carte. In pratica la colpa è tua, dato che ci giochi. Sia come sia, la cosa forse più pericolosa è l’intromissione dei massmedia che, con il pretesto di svelare l’inganno, gettano letteralmente in pasto al pubblico persone con gravi problemi di autostima – da una parte e dall’altra – colte in situazioni di estrema emotività e fragilità.
Se qualcuno finge di essere un altro per relazionarsi al prossimo, viene difficile pensare possa essere terapeutico essere smascherati davanti a decine o centinaia di migliaia di spettatori. E se qualcuno è stato così ingenuo da credere in un amore totalmente virtuale, senza mai alcun contatto diretto, risulta altrettanto difficile pensare la cosa migliore sia per lui ammetterlo davanti alle telecamere.
Perché alla fine, premesso che ognuno di noi ha qualcosa di untold (non detto, non rivelato) – pur non essendo un famoso sportivo – chissà quanti tra noi hanno, o hanno avuto, magari senza nemmeno saperlo, una fidanzata inesistente…
Reale contro virtuale: I love you, now die