Killer Ratings (Netflix, 2019) è una docuserie true crime in 7 episodi da 50 minuti l’uno, considerata uno dei migliori documentari brasiliani mai realizzati. Entrambi i creatori di Killer Ratings – Dinah Lord e Eamonn Matthews – sono noti documentaristi, vincitori del Bafta Award. Il regista di questa serie, costata due anni di lavoro tra ricerche e interviste, è Daniel Bogado (The Hunt for Boko Haram).
La docuserie racconta l’incredibile e scandalosa parabola della star televisiva e politica brasiliana Wallace Souza. L’assurda vicenda si svolge tra gli studi televisivi di Canal Livre e le strade insanguinate dal narco crimine di Manaus, una remota e popolosa città sita nel cuore della giungla, capitale dell’Amazzonia. Lo stesso regista afferma: “What I thought I knew about Wallace Souza when I set out, turned out only to be the starting point of this extraordinary story. When I looked deeper, I saw the events that followed were full of the most jaw-dropping turns, twists and shocks which would be deemed too outlandish in a Hollywood script” (in sostanza – ciò che credevo di sapere su Wallace Souza era solo il punto di partenza di una storia piena di eventi scioccanti e colpi di scena, più che in una sceneggiatura hollywoodiana).
I 7 episodi – tanto esaustivi quanto talvolta sfiancanti – includono ovviamente moltissimi filmati di repertorio e faccia a faccia con ex colleghi di Canal Livre, parenti, amici, detective e politici. Gli eventi sono narrati in rigoroso ordine cronologico, dall’ascesa alla caduta dell’uomo. La storia di Wallace Souza è anche una perfetta allegoria di come stampa e televisione – i famigerati media – possano in un attimo tanto innalzarti nell’olimpo quanto abbatterti senza pietà.
L’ascesa di Canal Livre
Wallace Souza, ex poliziotto, era stato per 10 anni il conduttore di Canal Livre, popolarissima trasmissione della TV regionale Rio Negro. Nato come programma di varietà, tra informazione e intrattenimento, Canal Livre andò specializzandosi in reportage live sulle attività criminali delle strade di Manaus. Certo, v’erano anche siparietti demenziali e pupazzi imbarazzanti – qualcosa di simile in Italia è avvenuto con Striscia la Notizia – eppure la loro troupe riusciva ad arrivare prima dovunque vi fosse stata una sparatoria o una retata della polizia. Canal Livre arrivava sempre primo.
Wallace Souza si ergeva a paladino nella lotta a criminalità e traffico di droga. Denunciando senza tregua lassismo e corruzione nelle forze dell’ordine e tra i politici locali. Lo straordinario successo di Canal Livre e del suo conduttore ebbe almeno due conseguenze. La prima fu un lungo elenco di nemici, tra giornalisti invidiosi e poliziotti vituperati. Lasciando per ora stare le gang criminali.
La seconda fu l’inevitabile ‘discesa in campo politico’ di Wallace e del fratello, da sempre suo collaboratore. I due, nuovi paladini della giustizia sociale, vennero ribattezzati i Fratelli Coraggio. Wallace divenne leader del partito cristiano sociale e venne eletto rappresentante nell’assemblea legislativa dell’Amazzonia.
Killer Ratings: la caduta
La caduta di Souza comincia nel 2009, quando la polizia arresta un criminale chiamato Moa, che afferma di essere stato il suo braccio destro. Wallace viene indagato per aver commissionato lui stesso gli omicidi che Canal Livre si ritrovava subito dopo a commentare. Per alzare gli ascolti (ratings). Viene inoltre accusato d’essere a capo di un’organizzazione criminale finalizzata allo spaccio di droga. Che eliminava i propri concorrenti anche attraverso le denunce del programma televisivo.
Da eroe popolare a capo di una gang. Se al principio il tutto può sembrare un complotto diffamatorio ordito dai suoi potenti nemici politici, la docuserie Killer Ratings, episodio dopo episodio, presenta prove a supporto dell’una e dell’altra tesi. Senza sbilanciarsi a favore di innocenza o colpevolezza. Gli elementi a favore e a sfavore di Wallace Souza sono davvero tanti. Così tanti che la docuserie, dopo un po’ di episodi, rischia di venire percepita come ridondante e ripetitiva. La sinossi di Netflix appare quindi quantomeno imparziale: “Il conduttore televisivo brasiliano Wallace Souza, ossessionato dalle valutazioni altrui, non si è mai fatto problemi a camminare sui cadaveri per ottenere approvazione, al punto di organizzare crimini per poi poterli raccontare al pubblico“.
La verità è che alla fine della visione di Killer Ratings non si hanno elementi per decidere in un senso o nell’altro. Souza morirà di infarto l’anno successivo, nel 2010. Lasciando questa storia sospesa in un limbo di follia e incredulità. L’idea che un giornalista investigativo ordini degli omicidi per alzare l’audience supera francamente l’immaginazione comune. Forse un po’ meno quella di un politico anticrimine a capo di un’organizzazione malavitosa.
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