I milioni di Gunther (Gunther’s Millions) è una surreale docu-serie in 4 episodi (Netflix, 2023) creata da Aurelien Leturgie e Emilie Dumay. Il documentario prende in disamina l’incredibile storia di un pastore tedesco, Gunther III, nominato, avendo a sua disposizione un fondo da 400 milioni di euro, l’animale più ricco del mondo. E della sua discendenza (Gunther IV, V, VI ecc.).
Alcune vicende sono talmente surreali da oltrepassare i confini della stessa immaginazione: I milioni di Gunther racconta proprio una di queste. Una storia piena di misteri e finzioni, ambiguità e contraddizioni. Il documentario cerca di dissezionarla in ogni sua parte, analizzandola in tutta la sua complessità. E lo fa ovviamente in primis intervistando tutti i protagonisti di questo caotico e suggestivo delirio.
Così facendo però la stessa volontà investigativa degli autori si smarrisce in un molteplice dedalo di fatti e interpretazioni, arrivando a caricare parossisticamente la narrazione.
Troppe cose, in un cocktail annacquato in cui ciò che è davvero importante e ciò che non lo è affogano nello stesso seltz… Gunther, come i suoi discendenti (e addirittura le sue controfigure!), gode di un entourage composto di 27 persone. Tra cui uno chef privato, che gli prepara succulente fiorentine adornate di foglie d’oro.
Menzogne spudorate e colossali
Gunther e questo suo seguito vivono per anni a Miami, Florida, in una villa precedentemente appartenuta a Madonna. A cui farà seguito un’altra splendida villa in Toscana, Italia. Senza dimenticare lo yacht, of course. Abbastanza ovvio come tutto questo lusso sfrenato non interessi tanto al ‘povero’ pastore tedesco, quanto all’esercito di parassiti che vive, per così dire, alle sue dipendenze. “Avrei voluto essere una zecca sul suo deretano per il resto della mia vita” – dice candidamente uno di questi sornioni parassiti.
I milioni di Gunther tratta dunque di ricchezza sfacciatamente sfrenata. Ma anche di ammucchiate tra attricette e modelli, documentate da un uomo con cartellina e in camice bianco da scienziato. Di maltrattamento degli animali (assurdo ma vero). Del lancio promozionale di una band musicale mai esistita. Di clonazione e depressione. Di evasione fiscale e menzogne. Soprattutto menzogne: spudorate e colossali.
Si parla di tutto questo e di altro ancora ne I milioni di Gunther – e forse il materiale è davvero troppo. Tanto che per poter giungere ad una sorta di verità finale – al di là di tutto il castello di elaborate bugie – il regista e la sua troupe hanno dovuto impiegare diversi mesi. Perché il vero protagonista di questo documentario non è certo un pastore tedesco (uno poi, alla fine se ne contano a dozzine), ma un tale Maurizio Mian, che si spaccia inizialmente per l’esecutore delle ultime volontà della succitata contessa. Ma Mian è ben altro: CEO della Gunther Corporation, è stato il fortunato erede di un impero farmaceutico (naturalmente multimilionario).
L’elaborato raggiro e la ricerca della felicità
Finito nello scandalo dei documenti trafugati dal Liechtenstein e resi pubblici nel 2008, il nostro si assicura per anni il compimento di una gigantesca frode fiscale. Il tutto – le belle donne, i nightclub e lo champagne, le Ferrari e le Lamborghini – nel nome della felicità di Gunther, il pastore tedesco.
Al di là della squallida operazione finanziaria, la storia del cane e di tutto ciò che attorno gli gira ha davvero dell’incredibile. Incredibili i personaggi – in parte americani (come la PR rifatta o il fondatore di un’agenzia d’escort), in parte italiani (su tutti Fabrizio Corona, ancora ai domiciliari) – che di questo circo fanno parte. Ma a parte lo strafottente re dei paparazzi, il vero e incredibile caso umano è Maurizio Mian.
Ancora più incredibile la reale motivazione che lo ha spinto per decenni ad architettare, finanziare e promuovere un raggiro bello e buono – senza però, e questo è molto importante – alcuna finalità di lucro…
Chiaro che l’evasione delle tasse corrispondeva già di per sé ad un immenso guadagno, trattandosi di cifre da capogiro. Ma la selezione di maschi e donne giovani, attraenti e in forma smagliante, e il morboso esperimento sociale di cui divennero oggetto – fino ad essere ripresi dalle telecamere in qualsiasi momento della giornata – è decisamente tutt’altra storia. Per non parlare del conseguente progetto parascientifico: riuscire a formulare delle basilari regole di vita in grado di assicurare ad ognuno (o quasi, data la premessa di dover essere giovani e belli) la felicità.
I milioni di Gunther tra house music, yacht e bikini
Cosa c’entra però il pastore tedesco con la pseudoscientifica e improvvisata ricerca sulla felicità? Cosa c’entrano i Burdurians, che annunciano al mondo il loro imminente debutto – che avrebbe dovuto detronizzare Madonna, pur non avendo uno stralcio di minimo talento per il canto, il ballo, o la musica in genere? Ancora: cosa c’entra l’invenzione degli ultimi desideri di una ricca e inesistente contessa? E cosa il suo giovane figlio morto suicida – sorta di psicotico e allucinato alter ego di Maurizio?
Lo sa Dio. O forse l’astuta e anziana madre di Mian, che non perde occasione per bacchettare pubblicamente (in diretta televisiva) il figlio. Deridendolo ora per l’intero progetto non sense, ora per la ridicola acconciatura.
E cosa c’entra il fiasco commerciale della carriera musicale di Gunther (sì, avete capito bene – del cane), che Mian commenta sconsolato, quasi il mondo non fosse stato allora pronto a ricevere una perla di canina house music piena di insensati latrati… “If it had been, perhaps the world would be a better place” (se lo fosse stato, il mondo sarebbe ora un posto migliore) arriva a dire con nonchalance questo ultrabenestante pazzoide che non paga le tasse in Italia per cercare la ricetta della felicità in Florida…
Non bisogna mai dimenticare che, oltre le avvenenti modelle in bikini che posano con il pastore tedesco (chissà, forse un indizio della sua felicità canina sta proprio nella sua sovrana indifferenza verso modelle e bikini), vi sono figure professionali come un portavoce (che racconta come all’inizio disse, sconcertato: ma io non so il tedesco…), un’addetta alle relazioni, un astuto e navigato avvocato… Quest’ultimo, tra il serio e il faceto, ci spiega le principali ragioni dell’acquisto di un enorme yacht per Gunther: “Evidentemente al cane piaceva… però certo, piaceva anche a noi”.
Sex, one million dollar & rock n roll
Per tornare però alle modelle e a quelli che oggi chiameremmo tronisti: furono incitati a fare sesso in modo continuo e soprattutto promiscuo, sempre supervisionati dall’idiota in camice bianco. Questo accadeva negli U.S.A. – perché, proprio a causa delle voci circolanti nel vicinato sulle loro orgiastiche propensioni, i nostri dovettero poi ripiegare in Italia. Il gruppo (musicale o sessuale che fosse) era mutevole, un work in progress senza fine: ne usciva uno – o una – e ne entrava uno nuovo o una nuova.
Ma in Italia, per così dire, circola meno dabbenaggine nelle vene della prestante gioventù: ecco quindi l’allettante proposta di ricevere un milione di dollari a testa, alla fine dell’esperienza, per poter finanziare il proprio progetto esistenziale. Soldi che naturalmente nessuno ha mai visto. Ma la cui promessa deve aver tenuto non poco su il morale. Assurdo, ma non troppo: quello che in fondo sembrava un bizzarro e pittoresco trampolino di lancio per la propria carriera, per alcuni si è tramutato in un incubo più o meno traumatico, per altri in una fonte di sostentamento che continua tutt’ora. Per Corona nell’ennesimo dei suoi insulsi aneddoti.
Vero che per arrivare al sospirato clou di questa infinita storia, ovvero cosa abbia spinto questo squinternato milionario ad intraprendere un percorso così tortuosamente articolato, a costruire un castello di menzogne culminante nell’innocente figura di un pastore tedesco, ci vogliono tutti e quattro i lunghi e a tratti estenuanti episodi.
Maschere, copioni e verità ne I milioni di Gunther
Gunther è probabilmente l’unico vero amico che Maurizio Mian abbia mai avuto. Sì, va bene, ma quale Gunther? Ve ne è una serie, sia frutto della discendenza sia ottenuti attraverso sofisticate tecniche di clonazione. E ci è anche dato – nota assai dolente – di assistere al miserabile destino in cui sono incorsi tutti i cloni allora scartati, costretti a vivere in condizioni a dir poco penose.
Quando si toccano punti come questo, o quando le domande cominciano ad entrare in profondità, molti sono restii a rispondere. Molto probabilmente si aspettavano di dover recitare il solito copione, come sempre del resto; anche se nel corso dei decenni il suddetto testo si è riempito di lacune e contraddizioni. L’ex moglie cerca disperatamente Maurizio con lo sguardo, biascicando: ma c’è lui dietro tutto questo? Lui almeno lo sa?
L’unico quindi in grado di sbrogliare la matassa fino al suo bandolo originario è quindi Mian, che sembra alla fine trovarsi costretto ad affrontare con onestà l’assurda storia de I milioni di Gunther. Ovvero la sua stessa storia. Perché tutto in questa storia – dall’eugenetica ai cani esca, dalla frode finanziaria al gossip da tabloid – viene dalla mente di questo uomo enigmatico. Un uomo pieno di maschere e di amanti, pieno di soldi e di risorse: pieno soprattutto di trabocchetti che finiscono forse per intrappolare anche lui…
È molto probabile i quattro episodi siano dannatamente troppi, troppo lunghi e troppo caotici, per raccontare una storia che, di per sé, non sarebbe poi così complicata. E però Dumay and Leturgie sentono quasi la necessità di dover giocare tutte, ma proprio tutte le carte che hanno.
La versione ufficiale
Se l’obiettivo era riprodurre un mondo surreale come quello di Tiger King, (la docuserie evento del 2020 di cui abbiamo anche discusso in questa puntata del podcast, e alla cui seconda stagione abbiamo dedicato questo pezzo), ahimè, in questo caso non è per niente riuscito. Il mondo de I milioni di Gunther è solo ed esclusivamente nella testa e nelle tasche di Maurizio Mian. Tasche profonde, of course; il resto meno.
Nel caos e disordine che regnano sovrani nel montaggio di questo documentario, viene però da chiedersi un’unica cosa: vi è ancora lo stesso Mian dietro tutto questo? O tutto questo sta costringendo Maurizio ad uscire allo scoperto? Il punto è che nemmeno la risposta a questa domanda è alla fine così interessante. Sì, vi sono illeciti di varia natura che ne I milioni di Gunther vengono più o meno amabilmente confessati, ma niente in grado di sollevare un vero terremoto mediatico. Niente come invece accadde nel caso di The Jinx prima e Making a Murderer poi. Ad ogni modo Netflix smentisce qualsiasi suo coinvolgimento nella produzione della docu-serie.
Versione ufficiale: la ricchissima contessa Karlotta Von Leibenstein ha un figlio, Gunther. Questi, pur avendo tutto ciò che materialmente si può desiderare dalla vita, causa insostenibile depressione ancora giovane si toglie la vita. La madre decide allora di chiamare il suo amato pastore tedesco come il figlio: arrivati alla terza generazione (Gunther III), chiede alla sua migliore amica, la madre di Maurizio, di diventare esecutrice testamentaria. Siamo nel 1992. Il testamento lascia non solo 400 milioni di euro al cane e alla sua discendenza tramite un fondo fiduciario, ma stabilisce delle assurde clausole delle quali Maurizio dovrà presto farsi carico. Con l’aiuto di Carla, moglie di allora, erediterà a sua volta dalla madre la gestione del fondo – non solo per il benessere del cane (nel frattempo divenuto Gunther VI), ma anche per l’esecuzione delle suddette clausole.
La vera storia de i milioni di Gunther
Nell’ordine: produrre un disco dance, Wild Dog. Creare i Burgundians, una piccola tribe di avvenenti giovani d’ambo i sessi che viva notte e giorno con il cane. Studiarne infine i comportamenti per trovare la formula della felicità, sradicando una volta per tutte il male della depressione. La storia sarebbe già così abbastanza assurda, ma la verità che c’è dietro va al di là di qualsiasi immaginazione.
La vera storia: la contessa era solo un espediente usato dalla madre per non pagare le tasse in Italia. La vera ricchezza è della famiglia Mian, che possiede da tempo una fiorente azienda farmaceutica. Non è mai esistito un figlio depresso suicida chiamato Gunther. Il depresso cronico è invece lo stesso Maurizio, che solo in compagnia del pastore tedesco, appartenuto alla sua prima fidanzata storica, riusciva a trovare serenità.
Tutto il resto viene dalla sua fantasia malata. E dalla necessità di continuare ad evadere le tasse. Maurizio giustifica il suo stile di vita edonistico istituendo la Gunther Corporation. Si attornia di giovani di bell’aspetto. Soddisfa qualsiasi suo capriccio: sia questo la produzione di un disco dance o la creazione di una boys&girls band (erano ancora gli anni ’90). Con i suoi soldi convince tutti della bontà della sua ricerca per la felicità. Che alla fine si traduce in: essere giovani e belli, fare sesso, musica e movimento. Ed essere maledettamente ricchi (non ricordo se quest’ultimo punto compare espressamente nel decalogo).
Questa la storia, patetica e grottesca come poche, de I milioni di Gunther. Raccontata però usando troppo materiale, tra interviste e filmati d’archivio. Così un senso di disordine e incompiutezza grava forzatamente sul tutto. Un bombardamento di informazioni d’ogni tipo, posto tra fuorionda e ridicoli toupee da sistemare. Tanta roba si dice di solito di qualcosa che ha contenuto e spessore.
Allora de I milioni di Gunther diremo soltanto: troppa roba.
Potrebbe interessarti anche: Tiger King: un manifesto sulla follia del nostro tempo
Cani immortali, soldi, truffe: Bad Vegan