Hawkeye (su Disney+) è stata la miniserie MCU del Natale 2021 – e in omaggio al periodo ha ancora senso parlarne. In un’ambientazione tutta natalizia, seguiamo le gesta di Clint Barton (Hawkeye, «Occhio di Falco») e di una giovanissima, ricca e talentuosa arciera, impegnati nella soluzione di un delitto e di una possibile cospirazione criminale diffusa.
Ma soprattutto, l’arciere è alla cerca di una catarsi, perché su di lui pesano le colpe sanguinarie della sua attività con la maschera di Ronin durante gli anni in cui metà dell’umanità era sparita, e lui pieno di rabbia se ne andava in giro a fare strage di criminali vari.
Creata da Jonathan Igla, già sceneggiatore di Mad Men, la miniserie riesce a ricreare quell’atmosfera natalizia tutta neoeboracense (aggettivo figo usato dalla gerarchia vaticana per dire «newyorkese») celebrata in tutto il mondo – e metterci dentro, e anche bene, una storia degli Avengers. Che poi, non abbiamo capito perché in Italia si chiamano Avengers e non Vendicatori, come si sono sempre chiamati in Italia.
Fatto sta che l’Avenger più normale, che scopriamo essere anche ipoudente, è, oltre che un supereroe, un assassino e un pater familias. Possono coesistere le due cose? Può coesistere un fumetto d’azione con un racconto natalizio? La miniserie risponde a questa domanda. La risposta è: sì.
Signore e signori, ebbene, siam dinanzi ad un cinepanettone Marvel.
Hawkeye: Natale a Novum Eboracum
In quanti film abbiamo veduto l’atmosfera di Natale a New York?
Una quantità infinita: da Miracolo nella 34 strada (1947) a Harry ti presento Sally (1989) al poco conosciuto in Italia ma popolarissimo in USA Elf (2003) a Mamma ho perso l’aereo 2 (1992) dove compare brevemente anche il futuro presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump. Ovviamente non ci dimentichiamo di Natale a New York (2006), fortunata pellicola italiana con Christian De Sica per la prima volta privo di Massimo Boldi, ma con Claudio Bisio e Elisabetta Canalis: epperò qui dobbiamo dire al lettore che il film non abbiamo ancora avuto modo di visionarlo.
Insomma: c’è qualcosa di innegabile riguardo al periodo delle feste a Manhattan, qualcosa che nessun’altra città americana ha – e per questo ci stressano in ogni modo con i loro film sull’argomento.
Di fatto, in Hawkeye il protagonista finisce nella megalopoli proprio per una gita con i figli, per respirare l’aria di festa, magari con un musical sull’invasione aliena della città fermata dagli Avengers nel 2012 (aspettate la fine dei titoli di coda: la sequenza c’è tutta; è di per sé più kolossal della serie stessa).
Il clima natalizio della Grande Mela è descritto in tutti i suoi crismi, compreso il tradizionale albero del Rockefeller Center, di fronte alla celebre pista di pattinaggio e alla statua di Prometeo. Gli sceneggiatori, per fare ancora più Jingle Bells, ci mettono dentro anche un cane orbo, tutto morbido e coccoloso. Non mancano i maglioni ebeti.
Attori tutti perfettamente in parte
L’intero cast di Hawkeye funziona a pennello. Jeremy Renner conferma il suo personaggio malinconico e tormentato. È meno ironico (lo ricordate nel primo film degli Avenger, riconoscere che non aveva esattamente senso che si mettesse a combattere gli extraterrestri con arco e frecce?) e più sopito.
Hailee Steinfeld, ragazza dai tratti somatici inusuali quanto dolci, pare completamente a suo agio. Ora c’è da sperare che la sua carriera non segua l’arco oscuro di tante ragazze Disney – da Britney Spears a Miley Cyrus – che passano programmaticamente dall’essere rappresentazione di innocenza e purezza all’essere incarnazione di perversione (Bella Thorne è l’ultimo caso di questo pattern inesausto).
Vera Farmiga, sempre più glaciale, dopo Livia Soprano nei Many Saints of Newark e il secondo Godzilla si candida ad essere typecastata ad aeternum come madre gelida e infida.
Tutto il resto di personaggi secondari di Hawkeye è caricaturale ma simpatico, con qualche personaggio memorabile. La mafia polacca che si veste solo in tuta da ginnastica rossa e combina solo pasticci può essere divertente assai. Poliziotti e pompieri che LARPano, cioè fanno parte di gruppi di Live Action Role Playing, sono pure simpatici.
Vincent d’Onofrio prosegue con il suo personaggio viscido e iroso, ma è, in fondo, molto sottoutilizzato dal plot.
Hawkeye e l’onnipotenza MCU
Tuttavia, è di altro che si deve scrivere. Bisogna fare un discorso sull’onnipotenza del Marvel Cinematic Universe, che è in grado oramai di fare qualsiasi cosa, assimilare, mischiare, riprodurre, creare ex novo, distruggere. Kevin Feige, il capo di Marvel Studios, dispone di fatto di un guanto dell’Infinito come quello di Thanos.
Hawkeye è l’ennesima sfida vinta: un prodotto natalizio per famiglie ma che tiri dentro pure i nerd. Tutto senza urtare nessuna parte del pubblico, tutto fornendo un intrattenimento spettacolare quanto onesto, e magari anche, qua e là, qualche emozione drammatica vera.
Avevano ragione i ragazzi di Honest Trailer, già nel 2014, quando, raccontando di Guardians of the Galaxy (altra opera riuscita) parlavano di uno Studio ubriaco del suo potere, che trolla il suo stesso pubblico sapendo che questo è nelle sue mani.
Vi piacciono i supereroi? Cosa ne pensate di un film con protagonisti un procione e un albero?
Vi piace Vin Diesel? Gli diamo un ruolo solo come doppiatore che ripete una sola frase.
Volete attori con pedigree (in quel caso Glenn Close, Benicio Del Toro, Michael C. Reilly, ma anche Anthony Hopkins, Robert Redford, Cate Blanchett, Jeff Bridges, Michael Douglas, William Hurt, Tommy Lee Jones, Ben Kingsley, Sam Rockwell, Natalie Portman, Tilda Swinton)? Gli mettiamo dei costumi stupidi e facciamo loro dire «stronzate spaziali».
Riconoscete l’idiota grasso di Parks and Recreation? È Chris Pratt: lo trasformano in un Sex Symbol.
«Sapete perché? Perché, vaffanculo, noi siamo la Marvel, ecco perché. Cosa farete, andrete a vedere i film della DC? No. Lo sapevamo».
L’incredibile libertà creativa della Marvel
Non sono solo gli attori: pensate all’immenso serbatoio di registi da cui attinge Marvel, dallo scespiriano Kenneth Branagh alla sinoamericana premio Oscar Chloe Zhao, passando per tutti i registi fumettari possibili, molti dei quali divenuti maestri dal tocco impeccabile.
C’è da dire che non si tratta solo della libertà produttiva – c’è una libertà creativa nei prodotti MCU che non può passare inosservata.
Per esempio, ci è capitata sotto mano questa scena di qualche anno fa. Il film era Ant-Man. Nella sequenza, due esseri umani micronizzati si combattono dentro una borsa che sta cadendo dal cielo, tirandosi addosso gli oggetti ivi contenuti o sparandosi con laser letali – il tutto mentre in sottofondo parte Plainsong dei Cure, la prima canzone dell’album capolavoro Disintegration.
La cosa pazzesca è che la canzone è, perfino, diegetica – cioè è emessa da un iPhone all’interno della scena, creando immagini di irripetibile, fluttuante poesia.
Confrontate questo con l’uso che della stessa canzone fa una regista celebrata e premiatissima come Sofia Coppola, che la piazza, così a sfregio, nel film in costume Marie Antoinette.
Dove sta la creatività? Il gusto? Dove sta la pura bellezza artistica? Dove l’umorismo, il divertimento, l’emozione? Non abbiamo dubbi: più dalla parte della Marvel che di quella della Coppola.
Dove si possono fermare gli uomini Marvel? Non lo sappiamo. Se volessero fare una serie basata sul surf con l’incredibile Hulk protagonista, sulle note del canto gregoriano, riuscirebbero.
Se volessero fare un film con il Punitore che si iscrive ad un corso di cucina, guest star Hillary Clinton, ce la farebbero.
Ancora: se volessero fare un documentario industriale sulla produzione del calcestruzzo con protagonista Thor sarebbe anche quello per loro un gioco da ragazzi, e un successo.
Ora la MCU sta andando perfino oltre. La sua libertà creativa ha raggiunto il multiverso, ignorando le barriere fra le dimensioni, che nel cinema sono costituite da diritti d’autore e eserciti di avvocati.
Con gli ultimi Spider Man sono riusciti a far rientrare non uno ma ben due Spider Man precedenti – che erano prodotti da Sony, e non quindi da Marvel Studio acquisito da Disney.
In pratica, il MCU ha abolito il reboot. Cioè, rifai una cosa da capo, la molli e la seppellisci, ma loro, se vogliono, te la resuscitano, e pure bene. Hanno accesso al mondo dei morti, dove entrano ed escono come vogliono, e fanno cherry picking.
Il MCU assimila ogni cosa, è un blob che si espande in maniera organica e armoniosa, spettacolare.
L’Hawkeye natalizio è un bell’esempio.
Giudizio: divertente, leggero, molto ben fatto. Qualche momento emozionante. Tanto Natale. Cinepanettone Marvel.
Leggi il nostro articolo dedicato a Loki, serie tv Marvel – Disney.