Hannibal è una serie televisiva americana creata da Bryan Fuller per tre stagioni e 39 episodi. Andata in onda tra 2013 e 15, in Italia è oggi su Prime Video di Amazon. La storia ricrea l’immaginario universo legato alla mitica figura di Hannibal Lecter. Lo psichiatra cannibale nato nei romanzi di Thomas Harris e portato alla ribalta globale dal cinema, soprattutto con Il silenzio degli innocenti nel 1991. Sulla nascita della moderna figura del serial killer abbiamo pubblicato un approfondimento, qui.
Lo show, nonostante il notevole successo della maggior parte dei precedenti lungometraggi (Manhunter, Red Dragon ecc…) e a dispetto dell’affiliazione a un network istituzionale per gli USA come la NBC, è una sorta di psico thriller a tinte horror talmente macabro e disturbante da aver allontanato una buona parte del pubblico. Divenendo così, suo malgrado, un cult più o meno elitario. Ragione per cui la quarta e conclusiva stagione, anche se fortemente auspicata da cast e autore (in verità non nuovo alla cancellazione delle sue creazioni: Dead like me, Pushing Daisies…) e per lungo tempo favoleggiata in e dalla rete, non ha ancora visto la luce (peccato ma chissà – mai dire mai?).
[Qui il trailer italiano della serie]
Onirico, filosofico, mentale… ma non poliziesco
Hannibal è stato senza dubbio un unicum nel panorama seriale, e anche questa è stata e tuttora è la sua croce e la sua delizia. Innanzitutto, sebbene la serie abbia spesso a che fare con FBI e serial killer, non è minimamente riducibile al genere poliziesco.
Mentale, filosofica, onirica… questo sì. Meglio però cominciare da qualche parte.
Come si diceva, la storia ruota attorno ad Hannibal Lecter (Mads Mikkelsen), e al suo rapporto con Will Graham (Hugh Dancy), docente di criminologia preso a prestito dai federali come consulente, o meglio come profiler.
Graham ha il particolare dono di entrare letteralmente nella testa degli assassini seriali più efferati e psicopatici, riuscendo empaticamente a rivivere i loro brutali e sanguinosi atti omicidi, anche solo semplicemente visitando una scena del crimine. Questa particolarissima abilità lo rende elemento assai prezioso per Jack Crawford (Lawrence Fishburne), a capo dell’unità investigativa dell’FBI. E al contempo mina sensibilmente il suo stesso equilibrio psichico, spingendolo – senza troppi giri di parole – verso la follia.
E qui entra in gioco l’illustre dottor Lecter, chiamato in causa da Crawford paradossalmente per evitare a Will irreparabili danni collaterali.
Hannibal e il delitto concepito come opera d’arte
Incipit obscura comoedia: i due consulenti, Hannibal e Graham, nelle vesti di psichiatra e paziente, attuando un magnifico e terrificante transfert e controtransfert, intrecciano un legame ossessivo, mostruoso e affascinante, sotto il segno della maledizione. Come raccontiamo anche in questa puntata del podcast.
Sullo sfondo, un’impressionante catena di delitti maniacali concepiti come vere e proprie opere d’arte. I corpi delle vittime sono trucidati, sezionati, scuoiati, smontati, rimontati, agghindati e messi in posa. Diventano insomma materia espressiva, come la tela per il pittore o la creta per lo scultore.
Questi cadaveri, in quanto opere d’arte, richiedono dunque un’analisi molto più complessa e raffinata rispetto al semplice omicidio poliziesco con movente. Un’analisi totalmente estetica – come solo Will e Hannibal, sebbene da due inconciliabili prospettive, sono in grado di eseguire.
E la trance in cui il primo riesce ad entrare, partorendo vissuti tanto raccapriccianti quanto sublimi, non smette di affascinare il dottore, convinto di avere finalmente trovato un’anima affine.
La superiorità del dottor Lecter (e di Mads Mikkelsen)
Hannibal Lecter non solo è l’indiscusso sovrano nel regno di questi maniaci assassini, ma è anche direttamente connesso con buona parte di loro – in quanto suoi pazienti. Pazienti che, lungi dal ‘guarire’, spinge sempre più nel baratro delle proprie macabre pulsioni. Potendo così beatamente contemplare – a distanza o addirittura in loco, sulla scena del crimine – i frutti del suo lavoro produttore di enigmi, e gli sforzi di Graham e Crawford per poterne venire a capo.
Hannibal Lecter, divinamente interpretato dall’attore danese Mads Mikkelsen, capace di conferirgli un carisma e un aplomb senza pari, non è semplicemente uno psicopatico squartatore e cannibale. Anche se indubbiamente è anche questo. Egli si pone innanzitutto come un essere superiore, nobilitato dalla sua eccezionale cultura e intelligenza e dal suo raffinatissimo gusto estetico, che esprime attraverso i suoi modi impeccabili e i suoi abiti su misura. Sempre elegantissimo e ricercato, amante di Bach e del Rinascimento italiano, Lecter si sente in pieno diritto di soddisfare i suoi mostruosi appetiti proprio in virtù della sua narcisistica presunta superiorità – che gli conferisce il potere supremo di giocare con l’umanità, con la vita e la morte, quasi fosse una crudele e capricciosa divinità.
Il cibo di Hannibal
Moralmente egli mette sullo stesso piano creazione e distruzione: l’una non è preferibile all’altra, ma entrambe sono fonte di puro – e disinteressato – artistico godimento. Hannibal elimina sì le tediose persone che lo circondano, ricreandole però come squisiti piatti da servire a tavola. Ovvero, assecondando il suo ego smisurato, come oggetti da consumare. Egli quindi mangia le sue vittime, così come divora i suoi stessi pazienti. In un caso come nell’altro, ne esplora l’interiorità – o le interiora – per poi manipolare, dissezionare, e in ultimo assaporare…
Sono oggetti, va da sé, squisitamente (si perdoni il gioco) artistici: da qui le sofisticate pietanze da lui cucinate (e realmente cucinate dall’interprete danese!) che danno il titolo ad ogni episodio delle tre stagioni – eccetto nell’ultima parte, dove i titoli si rifanno all’opera pittorica di William Blake e del suo Grande Drago Rosso (The Great Red Dragon), figura che ossessiona l’ultimo assassino artistico seriale con cui devono confrontarsi: Francis Dolarhyde. Inutile dire che per le pietanze a base di carne umana che costellano le puntate, la produzione si è avvalsa della consulenza di un rinomato chef spagnolo, José Andrés.
Una macabra storia di puro amore
Tutta la narrazione segue dunque l’evoluzione dell’ambiguo rapporto tra Lecter e Graham. In un susseguirsi di raccapriccianti delitti ad opera di maniaci sempre più cruenti e, come dire, curati nella forma e nell’esecuzione. Lo psichiatra sente di aver finalmente trovato un’anima mostruosamente affine alla sua. E questo dà il la all’interminabile e straordinario valzer dei due protagonisti – dottore e paziente, vittima e carnefice, burattinaio e marionetta, Patroclo e Achille, investigatore e assassino, odio e amore, maestro e allievo, preda e cacciatore – all’insegna di una codipendenza sempre più sfacciata e plateale.
Will è il primo a comprendere la vera natura del dottor Lecter, nell’incredulità generale, e sarà anche l’unico ad accettarla pienamente.
Omofilia tra parafilie: ecco una perfetta sintesi di questa storia, ricorrendo a termini della psichiatria. L’omoerotismo latente in questa serie è oggettivo, ma è anche sempre e soltanto latente. Il focus non è di tipo sessuale, ma ruota intorno alla ricerca della misteriosa radice del Male nell’essere umano e alla relazione di questo con la libertà sovrana, sentimento che giace soffocato dentro ognuno di noi. Nelle visioni di Will questo sentimento ha le sembianze di un cervo dalle grandi corna, che si erge solitario a fissarci con sguardo minaccioso (vedi la psicosi windigo).
Hannibal: folie a deux con contorno d’eccezione
Hannibal, dicevamo, ha da tempo conosciuto, accettato e sviluppato la propria perversa natura. Ma l’unico problema nel sentirsi un dio in terra è la solitudine. Nella sua morbosa e tenebrosa battaglia amorosa con Will, oltre quella dell’agente Crawford, intervengono diverse carismatiche figure. La stessa psichiatra di Hannibal, Bedelia Du Maurie (Gillian Anderson), sua complice in ostaggio. Il sadico vendicativo milionario Mason Verger (Michael Pitt, poi Joe Anderson). Lo sfortunato direttore dell’ospedale psichiatrico criminale, Frederick Chilton (Raul Esparza). Il maniaco dottor Abel Gideon (Eddie Izzard), destinato a doversi cibare di se stesso… e per chiudere, il già citato Red Dragon, Francis Dollarhyde (Richard Armitage). Un cast d’eccezione per una teoria di personaggi davvero eccezionali, a contornare la portata principale dello show.
Tra cene galanti e antropofaghe, visioni oniriche ultrateatrali e dialoghi sui massimi sistemi morali, in un’ambientazione cromaticamente cupa ad oltranza, tanto da sfiorare la leziosità pittorica, con un ritmo dilatato, spesso estenuante e altrettanto spesso disturbante, si svolge questa folie a deux senza ritorno, senza dimenticare le martoriate e vertiginose opere di cadaverica arte. Né l’impegnata ed esterrefatta presenza dell’FBI…
Un’iperbole stilistica per palati forti
Non per tutti i gusti, of course – talvolta l’abuso dell’iperbole stilistica rischia di trasformarsi in autocompiacimento. Un esempio, e mi spiace doverlo palesare, sono i primi episodi della terza stagione, ambientati tra l’Italia e la Lituania: inutili, pleonastici e difettosi da ogni punto di vista (primo fra tutti la scrittura).
Cedimenti a parte, Hannibal mantiene intatta dall’inizio alla fine una tensione metafisica che non ha praticamente eguali, per originalità e azzardo narrativo. Ma ciò nonostante, e nonostante l’incredibile performance di Mads Mikkelsen, in assoluto uno dei migliori attori in circolazione, nonostante l’estrema cura della sceneggiatura e della messinscena, nonostante i premi vinti al Saturn Award, Hannibal è stato mal digerito (si passi ancora una volta il gioco) dall’America. Proprio perché, pur sorgendo dalle statunitensi fonti dei romanzi e dei film, è stato concepito e realizzato con modalità coraggiosamente appartenenti ad una diversa sensibilità. E forse non è un caso se titoli e portate della prima stagione si rifanno alla cucina francese, alla giapponese nella seconda, e alla cucina italiana nell’ultima…
Per palati raffinati. Ma prima ancora di questo, per palati forti.
Leggi il nostro approfondimento sulla figura del serial killer tra cinema e tv!
Ascolta il podcast a due voci su Hannibal!