La cosa più divertente di Good Omens (di cui parliamo anche, con un giudizio più positivo, nella nuova puntata del nostro podcast) purtroppo non è voluta. È la petizione online promossa alla sua uscita, nel 2019, da un’associazione cristiana americana per chiedere la cancellazione dello show. “Colpevole” di trattare in modo leggero temi come il satanismo, l’esistenza e le intenzioni del Demonio, la religione. E, peccato forse più grave di tutti, di rappresentare Dio tramite una voce femminile.
È già abbastanza buffo che qualcuno si prenda la briga di montare una crociata contro uno show comico, ma il bello viene adesso: i geni che hanno pubblicato la petizione, raccogliendoci sopra la bellezza di 20 mila firme in pochi giorni, hanno indirizzato le loro deliranti richieste a Netflix. Peccato che lo show fosse prodotto e distribuito da Prime Video. Il Diavolo, si sa, fa le pentole ma non i coperchi.
Good Omens: da dove viene, di che parla
In ogni caso, Good Omens (“buoni presagi”) è una miniserie basata sulla novella del 1990 Good Omens: The Nice and Accurate Prophecies of Agnes Nutter, Witch, pubblicata in italiano come Buona Apocalisse a tutti!. Autori: Terry Pratchett e Neil Gaiman, cioè due nomi assoluti della letteratura fantastica britannica, il primo in ambito più letterario (con la saga di Discworld), il secondo con una prevalente componente fumettistica (Sandman) ma frequenti e riuscite incursioni nella forma libro (American Gods) e in anni più recenti nella produzione televisiva.
Ambientata ai nostri giorni, la serie racconta dell’improbabile e carbonara alleanza tra l’angelo Aziraphale e il demone Crowley: per le rispettive fazioni, i due si occupano degli accadimenti del pianeta Terra, fin dall’inizio (la prima scena è nel giardino dell’Eden, quando la serpe-Crowley tenta con successo Eva). Ma anziché battagliare, nel corso dei secoli i due hanno trovato il modo di collaborare: a entrambi la vita terrena piace troppo così com’è per volerla mettere a repentaglio. Così, studiano il modo per gestire il problematico arrivo, sotto forma di neonato, dell’Anticristo, destinato a portare la battaglia finale tra Paradiso e Inferno. Ponendo così termine alle delizie e ai godimenti costruiti dall’umanità..
Meno divertente di come ci si poteva aspettare
Però, ecco, quando sei una commedia e il fatto più divertente a te associato dipende non dalle tue invenzioni ma dalla goffaggine esibita nei tuoi confronti da un gruppo di fanatici, è probabilmente il segno che come commedia non vali granché. È il caso, purtroppo, di Good Omens: le cui sei puntate, messe in onda nel 2019 da Prime Video, falliscono a reggere le attese della discreta hype che le aveva accompagnate. Lasciando anche interdetti sul perché siano piaciute, piuttosto trasversalmente.
Un esempio di buona televisione, questo, davvero? Forse sì, se fossimo ancora nei primi anni 2000 e il piccolo schermo non fosse ancora entrato nell’età dell’oro che è oggi nostra croce e delizia, traboccante di offerte.
Bello il cast, con David Tennant e Michael Sheen nei funambolici panni dei due protagonisti / antagonisti, e poi Miranda Richardson, Jack Whitehall, Jon Hamm (l’arcangelo Gabriele) e la grande Frances McDormand a prestare appunto la sua voce al Padreterno (o forse: Madreterna?).
Se ci si accontenta dell’eccentricità e del facile divertissement parodistico, la serie – che si regge molto sull’alchimia felice tra i due protagonisti Sheen e Tennant – è anche godibile.
Inutile, però, sperare in qualcosa di più: il conflitto Bene / Male che in The Good Place (per prendere a confronto una serie tematicamente non lontanissima) è invenzione brillantissima, comicità intelligente, arguzia filosofica, qui lo ritroviamo come fumettone e come barzelletta. Ma una barzelletta tirata un po’ per le lunghe.
Giudizio: buoni presagi, disattesi.
Una versione parziale di questo articolo è stata pubblicata il 1 luglio 2019 su The Week, inserto domenicale dei quotidiani del gruppo editoriale Athesis.