‘a fine d’o juorno sta tutta ccà. In altre parole – questa è davvero la fine.
Con la quinta e finale stagione di Gomorra (visibile su Sky e Now), è finalmente calato il sipario sulla serie più importante e acclamata che il nostro paese abbia mai prodotto. 5 stagioni per 58 episodi, più un lungometraggio, nell’arco di 7 anni (l’esordio è del 2014), che hanno trasformato il panorama della serialità italiana (o meglio, completato una trasformazione iniziata pochi anni prima con Romanzo criminale, di cui abbiamo parlato qui). Quinta tra le produzioni non americane più importanti dell’ultimo decennio (2010-2020) secondo la prestigiosa classifica del New York Times.
Un trionfo di pubblico e critica, numerosissimi premi, eccetera eccetera.
La stagione finale di Gomorra è divisa in 10 episodi scritti da Fasoli e Ravagli – autori anche del soggetto di serie assieme a Saviano – con Cilio e Leoncini, e diretti da Claudio Cupellini e Marco D’Amore (l’interprete di Ciro, già regista del film L’Immortale e di diversi episodi nella precedente stagione).
SPOILER IN TUTTO IL PEZZO, CHE RACCONTA IL FINALE DI GOMORRA.
Lo scontro finale tra i due protagonisti di Gomorra
Arriva un momento in cui i personaggi che devono morire, muoiono. Morti ormai tutti gli altri, e morituri i nuovi arrivati – ‘o Maestrale, ‘o Munaciello, ‘o Galantommo, Donna Nunzia, Donna Luciana – questa stagione è totalmente dedicata allo scontro finale dei due protagonisti: Gennaro Savastano e il redivivo Ciro di Marzio, detto l’Immortale.
Se questo show era partito, seguendo le orme di Saviano e Garrone, in una chiave che potremmo definire iperrealista, il tragico finale è tutto all’insegna del fiabesco melodrammatico. Certo, l’ambientazione e i dettagli della storia sono sempre straordinariamente sul pezzo, e i meccanismi della malavita camorristica rigorosamente rispondenti alla realtà che la cronaca e le inchieste (giornalistiche e giudiziarie) hanno portato da tempo alla luce.
Ma il simbolismo ha ormai preso il sopravvento (rispetto a S1 e S2) e trasfigura mitologicamente l’ennesima evoluzione del rapporto tra il figlio del re di Secondigliano e il figlio di nessuno, scampato misteriosamente alla morte una seconda volta (la prima, bambino, durante il terremoto in Irpinia del 1980, da cui il soprannome).
Già la resurrezione dell’Immortale – ucciso proprio da Genny su ordine di Sangueblu nel finale della terza stagione – resurrezione ampiamente narrata nel film a questo personaggio dedicato, è una forzatura narrativa che sposta l’asse di tutta la narrazione dal realismo al fantastico, per intenderci.
Le stesse dinamiche della sua morte erano state assolutamente surreali: nella famosa scena della barca, Sangueblu – che considerava Ciro un fratello – voleva uccidere Gennaro; ma l’altro lo convince a tenerlo in vita, sacrificando se stesso. E dunque Genny è costretto a sparare a Ciro. Perché? Un sacrificio incomprensibile, dettato da chi voleva l’esatto contrario. Una scelta all’insegna del melodramma piuttosto che della credibilità. E che forse paradossalmente proprio per questo motivo rende qui meno incredibile il ritorno dell’Immortale.
Una vendetta tra romanzesco e assurdo
Gli eventi dei primi due episodi di S5, ovvero la fatidica reunion della storica coppia di amici-un-tempo-nemici (ma prima ancora amici), e di come sorga nuovamente tra loro il conflitto, accadono in quel di Riga e rasentano l’assurdo. Ma come, nonostante Ciro si sia sacrificato letteralmente per Genny e abbia in seguito scelto di vivere nella grigia e fredda Lettonia, perché convinto così facendo di tenere al sicuro l’amico e la sua famiglia… E come può – nonostante tutto questo – il boss di Secondigliano sentirsi tradito e abbandonato?
Così tanto da tramare una vendetta oltremodo romanzesca, decidendo di rinchiuderlo a vita in uno sperduto gulag dell’Est, dove verrà sorvegliato, curato e nutrito (con cibo per cani): insomma, tenuto in vita affinché possa soffrire per il resto dei suoi giorni.
“Prega Dio che io non debba mai uscire da qui” – sono le ultime parole pronunciate da Ciro (in napoletano, of course) giorni prima di evadere in perfetto stile James Bond, per poi tornare a Napoli e cominciare una guerra contro l’erede dei Savastano, che nel frattempo ha abbandonato le futili velleità imprenditoriali per scegliere di abbracciare pienamente il suo ruolo di sovrano criminale designato.
L’Immortale è turnat!
Comincia una guerra che ben presto diventerà santa: la crociata del paria contro il principe. Tornando a Secondigliano, là dove tutto ha avuto inizio.
Gomorra nel finale torna dove è iniziata: a Secondigliano
Gennaro, tolti di mezzo i Levante e ‘o Galantomm, è nuovamente capo indiscusso del clan, avendo a sua disposizione soldi, uomini e armi. Di Marzio riparte invcece da zero, andando a ritrovare per prima cosa i vecchi compagni: ‘o Pitbull (S2), di fresco scarcerato, e soprattutto Sangueblu – con i compari di Forcella sopravvissuti (‘o Bellebuono e Ronni). Con l’aiuto di questi e di Donna Nunzia, la vedova di ‘o Galantommo – che era il boss di Salerno – l’Immortale costruirà il suo nuovo esercito. Con il compito di costruire un nuovo futuro criminale a Secondigliano, cancellando una volta per tutte il nome dei Savastano.
Ciro sembra inseguire una sorta di rivoluzione sociale, che vuole abbattere l’antico e ingiusto potere a cui fino ad allora tutto il quartiere era rimasto asservito. A tratti ci si dimentica che si parla sempre e solo di una riorganizzazione dello spaccio di droga nelle piazze in questione.
Facile dimenticarsene, soprattutto quando l’Immortale diventa una figura messianica e cristologica (sic!), elargendo parole di fratellanza e comunione. Iniziando gli adepti in una vera e propria cripta, con un rito di sangue – quello blu, per capirci: “il sangue mio è il sangue tuo…” Attraverso questo pittoresco giuramento i suoi guaglioni non sono più al soldo del solito malavitoso esercito prezzolato: sono tutti diventati – potenzialmente – dei martiri soldati.
Questo inedito rituale messianico lega l’Immortale ai suoi sottoposti, ma la prima a giurare è proprio Donna Nunzia, la vedova salernitana assetata di vendetta: cosa interessante, dato che l’uno e l’altra, non fidandosi, stanno mentendo e spergiurando. E mentre nel sangue blu viene fondata la setta sanguinaria, sempre più cade a pezzi il mondo di Gennaro.
Uomini che crescono, e donne forti
Quest’ultimo è quindi costretto a fare amleticamente i conti con se stesso, con la sua famiglia e con il fantasma del padre. “Sei diventato come tuo padre” gli dirà con disprezzo la moglie Azzurra.
In effetti, proprio come Don Pietro, Genny sta facendo di tutto per riprendersi ciò che è suo. L’iniziazione nella giungla dell’Honduras, la guerra contro la Confederazione, le avventure in giacca e cravatta, la latitanza in quel di Ponticelli… tutte queste cose hanno trasformato il bamboccione impaurito degli inizi in un feroce capoclan, con un’unica regola: non fidarsi mai di nessuno.
Sarà infatti tradito da tutti i suoi alleati – Donna Luciana, ‘o Maestrale, ‘o Munaciello, alleati questi dell’ultima ora – ma alla fine addirittura da sua moglie, costretta a scegliere tra lui e il figlio. Sarà il tradimento di lei a sancire un finale melodrammatico ad oltranza, comunque già segnato, già scritto. Azzurra chiude la ricca teoria di personaggi femminili che hanno popolato l’intera serie: ricordiamo Donna Imma, alla guida del clan Savastano con il marito in carcere, e Patrizia, la commessa destinata a regnare, almeno per un po’ di tempo, su Secondigliano.
Nella stagione finale di Gomorra le nuove figure femminili sono Donna Luciana, la fredda astuta (e traditrice) moglie del Maestrale, e Donna Nunzia, la terribile anziana vedova che niente più ha da perdere. Non è un caso se quest’ultima dice con enfasi che, essendo il suo unico figlio morto molto tempo prima, vi è una differenza sostanziale tra i suoi sentimenti e quelli della moglie di Genny, che ancora nutre speranze per il futuro. Perché è solo il desiderio di un futuro normale per il figlio a determinare le scelte di Azzurra, alimentando altresì il rancore verso il marito.
L’episodio finale di Gomorra, come una tragedia shakespeariana
Proprio lei e Pietrino saranno gli unici personaggi destinati a salvarsi da quella perpetua mattanza narrativa che è Gomorra. Innocente giocoforza il bambino, e con una madre che per preservare quella innocenza farebbe di tutto. Anche se, come le ricorda la vecchia, per i figli prima o poi viene sempre un tempo in cui il sangue si fa sentire… “La verità è che donne come noi non dovrebbero mettere al mondo dei figli.”
“Ci volevamo mangiare il mondo ma invece questo mondo si è mangiato noi…” – siamo nell’ultima parte dell’ultimo episodio: come in una tragedia shakespiriana i due protagonisti hanno un monologo ciascuno. Il palcoscenico è Scampia; il pubblico, naturalmente, sono i capipiazza e gli spacciatori del quartiere che era il regno dei Savastano. Avviene il drammatico passaggio di consegne o meglio, la cessione del trono – Ciro promette un mondo nuovo, perché “il tempo dei Savastano è fenuto”, Genny rivendica con orgoglio di essere nato per “comandare, uccidere e fare soldi”.
È la fine del suo impero dinastico, eppure Gennaro vi partecipa impassibile, preoccupato soltanto – arrivato a questo punto – di salvare la sua famiglia. Questa in fondo è stata la sua unica debolezza, e su questa Ciro ha fatto leva per distruggere definitivamente il suo regno. Al suo posto, con ogni probabilità, il padre sarebbe stato spietato e avrebbe sacrificato la sua stessa famiglia sull’altare del potere. Ma lui no – e qui il crudele boss diviene umano, talmente umano da meritare infine un’assoluzione morale da parte dello spettatore.
L’ultimo viaggio verso l’ultima spiaggia
Nell’ultimo viaggio verso l’ultima spiaggia, i due si confrontano per l’ultima volta: è un dialogo più che mai teatrale, ma va bene così – ormai impera stilisticamente il tono fiabesco melodrammatico. Teoricamente Genny sta andando verso la sua esecuzione, ma anche per lo sciamanico Ciro è giunto il turno di mostrare il lato umano, ottenendo così anche lui la sua assoluzione: sceglie infatti all’ultimo momento di lasciare libera la famiglia Savastano.
È tempo però, si diceva, che tutti coloro che devono morire, muoiano. L’ultima scena è l’epica notturna sparatoria che vede ancora una volta assieme i due protagonisti contro gli anonimi sicari (preventivamente mandati in loco da Donna Nunzia – nel frattempo già uccisa). E qui i nostri, dopo aver messo in salvo la donna e il bambino, perdono la battaglia finale. No, non è nemmeno più una battaglia: semplicemente, come da copione, muoiono. Genny preso in petto da una raffica sparata dall’ultimo indistinguibile sicario rimasto in piedi. Ciro, dopo aver versato le lacrime di rito, raggiunto in testa da un colpo sparato da chissà chi.
Non si vede chi sia l’assassino, e chiaramente non ha importanza. L’importante è l’inquadratura finale che riprende dall’alto entrambi i corpi, uno a fianco dell’altro, sulla spiaggia, senza più vita. Fine.
Il finale di Gomorra, la fine di una grande avventura
Un finale d’obbligo, per così dire. Della serie il crimine non paga: può sembrare assurdo ma è proprio così. Per quanto altisonante e forse un po’ ridondante sia questa fine, finale di una stagione colma di concessioni e forzature, vi è una morale ambivalente. Ovvero: questi antieroi, macchiatisi di decine e decine di nefandezze e terribili delitti, avevano entrambi in fondo un lato umano.
E comunque, ammazzati entrambi in modo anonimo su un notturno paesaggio napoletano, le forze dell’ordine del tutto assenti – e comunque praticamente impotenti per tutta la durata della serie – hanno avuto la fine che si meritavano, la fine dei cattivi…
E volutamente non vi è grandiosità nella loro fine, il che rende grandioso questo finale, che richiama tra l’altro quello del film di Garrone, in cui i giovani protagonisti venivano freddati proprio su una spiaggia.
Cala così il sipario su questa grande avventura, che è andata trasformandosi narrativamente nel mentre andava trasformando il panorama produttivo italiano – e la nostra sensibilità di italici spettatori. E nel viaggio di Gomorra le eventuali forzature, soprattutto nelle ultime stagioni, non indeboliscono la potenza complessiva dello show.
Divenuto a pieno merito moloc miliare nel nostro orizzonte seriale.
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