Ferry – il film (Netflix, 2021), Ferry – la serie (8 episodi – Netflix, 2023), e infine la serie Undercover (3 stagioni, 28 episodi – Netflix, 2019 – 2021) hanno in comune soprattutto il personaggio di Ferry Bouman. Un personaggio protagonista nei primi due lavori, mentre nell’ultimo è villain antagonista in S1, presenza marginale ma sempre rilevante in S2 e coprotagonista in S3. Strano percorso, quello di Ferry Bouman.
Ancora più strano se, osservando gli anni delle produzioni, si comprende come questo percorso si sia evoluto a rebours, ovvero all’incontrario. Dapprima uscì Undercover, il cui protagonista è l’agente Bob Lemmens, alias Peter Bogaert (questa la sua identità sotto copertura). Ma avendo il notevole attore Frank Lammers ampiamente dimostrato il potenziale del proprio personaggio – Ferry – ed avendo riscosso un grande successo tra il pubblico internazionale, la piattaforma ha optato per nuove produzioni incentrate solo su di lui. Dapprima una serie che raccontasse la sua ascesa nel mondo criminale. Infine un film che narrasse la genesi di questo insolito e corpulento criminale olandese.
Film e serie sono frutto di una coproduzione belga-olandese. E tutta questa epopea è ispirata a persone e fatti realmente accaduti, non molti anni fa. Cambiando ovviamente nomi e luoghi. E sceneggiando – ovvero romanzando – il tutto. Da dove partire dunque? Andando a ritroso rispetto alle produzioni, seguiremo l’evoluzione cronologica del mitico Ferry Bauman. Dunque da Ferry – il film, in cui si racconta la genesi di colui che diverrà uno dei più grandi produttori e spacciatori europei di ecstasy.
Ferry – il film (parte 1)
Ferry – il film, produzione fiamminga (Netflix, 2021) della durata di poco più di un’ora e mezzo, è diretto da Cecilia Verheyden (Undercover S2). Sceneggiatori sono Nico Moolenaar (lo stesso showrunner della serie Undercover) e Bart Uytdenhouwen. Il film potrebbe quindi essere considerato come uno spin off di Undercover, al tempo arrivata alla seconda stagione.
Protagonista assoluto è per l’appunto Ferry Bauman (uno strepitoso Frank Lammers – Bullhead), burbero e corpulento braccio destro di mezza età di Ralph Brink, boss di un piccolo cartello della droga di Amsterdam. Nel 2006, sotto la protezione di questo mentore criminale, la sua esistenza scorre spensierata e felice tra cocaina, spogliarelliste e riscossioni di crediti. Ferry è originario del Brabante, storica regione a metà fra Belgio e Olanda.
E nella regione della sua infelice infanzia sarà costretto a tornare per dare la caccia agli autori di una rapina ai danni del boss. Un colpo finito assai malamente, ovvero con il ferimento a morte del figlio di questi. E gli indizi portano dunque proprio nel Brabante, dove è uso vivere in roulotte, all’interno di zone adibite al campeggio. Qui Ferry rivedrà, dopo cinque lunghi anni, la sorella, malata terminale di tumore. E il suo compagno John, che per lei ha abbandonato il mondo del crimine. L’incarico di Ferry è quello di trovare i tre componenti della banda e ucciderli uno ad uno.
Ferry – il film (parte 2)
L’imprevisto dietro l’angolo è l’incontro con la graziosa e innocente Danielle (Elise Schaap – Le ragazze dello swing), domiciliata presso il campeggio dove si trova anche il primo rapinatore. Se la sorella lo costringe a fare i conti con il passato, la tenera giostraia lo proietta verso un ipotetico futuro, in contrasto con il suo presente di gangster. Un gangster che è il braccio destro del temuto e vendicativo Brink.
La sua turbolenta infanzia, segnata da un padre violento e delinquente, lo ha a tal punto segnato che il boss olandese è per lui una sorta di figura paterna. E Ferry sarebbe per Brink il figlio che ha sempre desiderato, il suo essendo per lui uno smidollato. Quindi Brink e la sua banda sono diventati la nuova famiglia di Ferry. Proprio per questo si troverà davanti ad una scelta estremamente difficile: tradire Danielle, di cui si è pazzamente innamorato, o tradire Brink – con tutte le rischiose conseguenze del caso.
Ferry – il film è uno strano gangster movie fiammingo, tra il Belgio ed Amsterdam. Il viaggio di Bouman è caotico e, in suo strano modo, palingenetico. Caotico come la rude personalità dello stesso Ferry, esuberante e spietato killer in cerca di rinascita e redenzione. Omaccione instabile e trasandato, egli trova nella delicata e fragile Danielle la commovente e banale promessa dell’amore. Niente a che fare con il vizioso e sfarzoso stile di vita della sua gang di Amsterdam. In questo dilemma esistenziale si mettono di mezzo anche le stampelle della sorella. Ferry sarà infine costretto a decidere da che parte stare.
Ferry – la serie (parte 1)
Ferry – la serie (2023), crime di 8 episodi sempre di produzione belga-olandese, è stata creata da Nico Moolenaar (Ferry – il film, Undercover) e Bas Heijne. Sceneggiatori e registi della serie sono quelli di Undercover. Mentre i protagonisti sono praticamente gli stessi del film: Ferry Bouman (un sempre sorprendente Frank Lammers), Danielle (Elise Schaap) e John (Raymond Thiry).
Riassumendo: nel 2019 Netflix pubblica la prima stagione di Undercover. Ferry Bouman è l’antagonista villain della serie. Ma piace talmente al pubblico, che gli viene ritagliato un apposito ruolo marginale in S2 (in S3 sarà addirittura comprimario), mentre al contempo si progettano degli spin off a lui dedicati. Ferry – il film (2021) è il primo. Tocca ora alla serie, che racconta il suo percorso criminale da boss della produzione e dello spaccio di droga sintetica. Il gangster sovrappeso, scorbutico e scostante, si è ora accasato nel Brabante con la dolce Danielle. La quale sa e non sa di che si occupa il fidanzato. Lo sa per forza, dato che lavora con suo fratello Lars (Yannick van de Velde), che ha un talento naturale per cucinare (come in gergo si dice la preparazione chimica dell’ecstasy). Assieme a Lars, gli altri due collaboratori sono i simpatici cialtroni Dennis e Remco.
Come sempre amabile ed eccessivo al contempo, vediamo uno sconfortato Ferry vendere poche centinaia di pasticche alla volta. Almeno fino a quando non fiuta il grande affare, e decide rischiosamente di coprire un vuoto temporaneo nel mercato. Bouman è sì un delinquente ma, a differenza degli spiantati con cui lavora, è ancor più un imprenditore. E il vuoto in questione è stato causato dall’arresto di Arie Tack (Steef Cuijpers), storico ed incontrastato narcoboss locale.
Ferry – la serie (parte 2)
Ferry si presenta spavaldamente agli acquirenti di Arie: nientemeno che una gang di motociclisti alla Sons of Anarchy, capeggiata da Mick (Dirk Roofthooft) e dal suo braccio destro Ricardo (Tygo Gernandt). Con questi di certo non si scherza, e dalle centinaia di pasticche si passa alla consegna di un milione – in una sola settimana. Richiesta invero assai difficile da soddisfare, anche perché a Bouman e soci mancano non solo le infrastrutture necessarie ma persino la materia prima… E qui entra in gioco Marco, proprietario di un salone di bellezza assieme alla moglie. I due, totalmente all’oscuro della sua attività criminale, sono i migliori amici di Ferry e Danielle. Ma cosa c’entra un parrucchiere, aspirante produttore di una personale linea di shampoo, con un lotto da un milione di pasticche? Lotto che, se non consegnato nei tempi stabiliti, significherebbe morte certa per Ferry & company?
Paradossalmente c’entra eccome, in virtù dell’olio di sassofrasso. Componente contenuta e nei prodotti per la pulizia e la cura dei capelli, e nelle caramelle dello sballo notturno. Tutto questo porterà naturalmente a conseguenze inaspettate quanto drammatiche. Perché Ferry – la serie si muove sul doppio binario della commedia grottesca e del crime iperviolento. L’entrata in gioco di John, il cognato ex criminale rimasto ora vedovo, e futuro inseparabile socio di Bouman, aumenterà non poco la tensione thriller di Ferry – la serie (ancor più quella di Undercover S1). I primi passi verso la costruzione del suo impero criminale costringeranno Ferry a scelte radicali e dolorose. L’ambigua leggerezza di questo personaggio dalle sgargianti e improbabili camicie viene poco a poco sostituita da una crudele e ombrosa cupezza, che contraddistingue la sua fondamentale levatura da gangster. E la sua futura storia.
Undercover (parte 1)
Le tre stagioni di Undercover sono dunque l’origine e la fine dell’intera saga di Ferry. La prima stagione, in particolare, è ispirata a fatti realmente avvenuti. Fatti che portarono, attraverso l’utilizzo di due agenti sotto copertura, all’incriminazione dello spacciatore di droga. La storia inizia con una voce off che dipinge ironicamente la città belga di Limburgo, situata al confine con la regione del Brabante, come paradiso per le famigliole dedite al verde e al relax, e come Colombia europea della produzione di ecstasy. Si parla di 2 miliardi di euro l’anno per la produzione di 500 milioni di pasticche distribuite in tutto il pianeta. Al di là dei vertiginosi introiti illegali, questo tipo di mercato implica anche inquinamento da rifiuti tossici, sfruttamento dell’immigrazione, e periodici spargimenti di sangue tra bande criminali.
Protagonista di Undercover è l’agente belga Bob Lemmens (Tom Waes) che, assieme alla collega olandese Kim De Rooij (Anna Drijver), ha il compito di infiltrarsi sotto copertura per guadagnare l’amicizia di Bouman ed entrare in affari con lui. Entrambi sembrano trovarsi più a loro agio nelle identità fittizie piuttosto che nella loro tormentata realtà.
In particolare Bob vedrà andare in crisi il suo matrimonio e il rapporto con i figli, a causa del suo particolare impiego a tempo pieno. Kim arriverà invece a chiedersi perché ostinarsi a tenere illegale l’ecstasy, droga che lei stessa confessa di assumere di tanto in tanto nel privato. Bob non si pone questo tipo di domande etiche, avendo ben altri problemi personali a cui dover pensare.
Undercover (parte 2)
L’idea è comunque quella di avvicinare, presentandosi come coppia, Ferry e Danielle nel campeggio dove trascorrono i fine settimana. Questo perché la villa di Bouman è praticamente inespugnabile. Gli alias di Bob e Kim sono Peter Bogaert e Anouk. Ad ogni modo conquistare la fiducia di Ferry, tanto simpatico e alla mano quanto psicotico e spietato, non è un’impresa facile. Il boss infatti, oltre a mantenere prudentemente un basso profilo, ha una ristretta cerchia criminale di complici fatta di amici e mezzi parenti. Cerchia i cui membri egli non esita però a fare fuori al primo sospetto di pericolo.
Il suo inseparabile socio in affari è John Zwart, ancora più sospettoso e diffidente di Ferry. E soprattutto sempre fedele, anche quando questi gli ordina l’esecuzione di Jurgen van Kamp (Kevin Janssens), suo genero. Il sospetto è che Jurgen abbia parlato con la polizia. Sospetto infondato, ma che la stessa polizia voleva nascesse in Bouman, pur consapevole della possibile tragica conseguenza. Il che pone una questione che diverrà basilare in questa prima stagione, e nelle due successive. Fino a dove può spingersi il cosiddetto bene, per fermare il cosiddetto male? In termini più concreti: quante leggi possono trasgredire gli agenti sotto copertura per incastrare infine i loro bersagli malavitosi? Ad esempio Kim, o meglio Anouk, arriverà a spingersi molto in là con Danielle, la cosa avendo conseguenze che echeggeranno per il resto di Undercover. Più di un personaggio, a partire da Jurgen, finirà male. In una spirale di violenza creata contemporaneamente dallo spirito sanguinario di Ferry e dalla brama ‘poliziesca’ di Peter/Bob.
Undercover (parte 3)
Alla fine di questa rocambolesca prima stagione – sempre ad alto tasso di tensione, sconfinando in Polonia, Germania e Francia – tutti ne escono malconci e bastonati. Sempre che non siano morti, ovviamente. Tra questi, vi è anche l’irresistibile personaggio minore italiano, tale Gino Maldini (Michael Pas). Un personaggio la cui parabola ben illustra il precario equilibrio tra drammatico e grottesco della serie. Equilibrio che, per quanto riguarda lo stesso Ferry, è decisamente sbilanciato a favore della sua spietata e crudele lucidità affaristico-sanguinaria… In sostanza, questa stagione essendo la presentazione al pubblico di tale personaggio, il film e la serie che successivamente lo vedranno protagonista vanno di molto addolcendo i tratti del suo carattere.
Carattere che è costitutivamente un mix di crudele egoismo e di corpulento buontempismo. Questo particolare ondeggiare tra dramma e commedia è ben rappresentato dalla prima scena del primo episodio, con il truce litigio dei cinesi tra loro incatenati dentro il capannone laboratorio. Con il conseguente bizzarro incidente che viene subito dopo gestito da Remco e Dennis, i due improbabili giovani collaboratori criminali… Tutto è semplicemente tragicomico. La surreale stupidità dei due ricorda l’atmosfera del sublime Fargo dei fratelli Coen. Film che ha addirittura ispirato una splendida serie antologica. E ricorda anche il poetico e a tratti surreale realismo de I Soprano, in cui la figura mitologica del mafioso si scontra contro l’immancabile idiozia – umana troppo umana – di tutti i giorni…
Undercover (parte 4)
La seconda stagione di Undercover vede Bouman in prigione. Il suo ruolo, come già accennato, rimane marginale ma significativo per tutti i 10 episodi. Protagonista rimane l’agente Bob Lemmens, che deve ora infiltrarsi in un ranch belga (sic) per smascherare un traffico clandestino di armi gestito dai fratelli Berger. L’ex collega Kim, diventata nel frattempo una giornalista investigativa, viene brutalmente assassinata durante un’indagine connessa a Laurent (Wim Willaert) e JP Berger (Sebastien Dewaele). Bob, il cui nome d’arte è ora Steve userà ogni mezzo a sua disposizione per vendicare l’amica. Arrivando a rischiare non solo la sua carriera ma la sua stessa fedina penale, aggirando spesso bellamente le leggi, in vista di quello che considera un nobile fine.
Come sempre più nelle serie crime dell’ultimo decennio (Bosch, Ozark, Ray Donovan ecc.), il confine tra bene e male diventa ormai indistinguibile. L’eroe è anche essenzialmente un antieroe. E questo sarà anche il carattere più eclatante della terza stagione di Undercover. In questi ultimi otto episodi Bob e Ferry, uscito di galera in prova, saranno costretti ad operare assieme sotto copertura. Per sgominare niente meno che la mafia turca. Mafia che, in forte ascesa nel Nord Europa, ha coperto in Belgio il vuoto lasciato dallo stesso Bauman nel mercato dell’ecstasy. Gli obiettivi sono Serkan e Leyla Bulut, marito e moglie, nuovi boss dello spaccio di droga. E Serkan è, guarda caso, una vecchia conoscenza di Ferry.
Undercover (parte 5)
Bob e Ferry sono paradossalmente entrambi finiti fuori dai giochi. Ovviamente si tratta di due campi da gioco completamente diversi. Ed entrambi sono intenzionati a rientrare nelle rispettive attività. Per questo decidono di usarsi, ognuno in fondo convinto di poter fare il doppiogioco con l’altro. Questo crea fin da subito un’eccezionale tensione drammaturgica, in una stagione stilisticamente tra il pulp ed il thriller.
Ferry, costretto a collaborare con chi lo ha messo dentro e, soprattutto, ha tradito la sua fiducia, è disposto a tutto pur di tornare ad essere l’uomo di un tempo. Questo lo porterà ad una sorta di resa dei conti innanzitutto con Danielle, che ha scelto di rifarsi una vita lontano da lui. Ma anche con se stesso, come verrà magnificamente mostrato nella sua scena finale. Bob si è nel frattempo ricostruito una famiglia, ma deve fare i conti con le sue eticamente discutibili scelte mentre era sotto copertura. Fare fuori Sarkan dal mercato, in un’operazione che non può essere formalmente riconosciuta dalle forze dell’ordine, significherebbe per il primo liberare il mercato dal più grosso dei concorrenti. Per il secondo rimediare ai propri guai con la giustizia. Ma tra i due rimangono in sospeso dei conti da sistemare…
Grottesco e appassionante, secondo il suo creatore Nico Moolenaar, il modo migliore per descrivere Undercover sarebbe “una rivisitazione immaginaria di alcuni eventi genuini”.
La saga di Ferry, tra realtà e finzione
Certo, nella realtà questo tipo di indagini non sono così intriganti, soprattutto al principio, quando gli agenti attendono il momento buono per prendere contatto con l’obiettivo. E sempre nella realtà sarebbe impossibile immaginare anche solo una delle tre stagioni sotto copertura della serie. Ma è proprio questo il bello di una storia ispirata a fatti realmente avvenuti. Che, oltre a romanzarli, capita poi che lo spacciatore cui la storia si ispira si presenti alla polizia dicendo di chiamarsi come il protagonista della serie (sic).
Perché questo è realmente accaduto: la saga di Ferry è ispirata, come si diceva, ad un personaggio realmente esistito e tuttora esistente, tale Janus van W. Quando questi, dopo un periodo di latitanza, decise di consegnarsi alle forze dell’ordine, lo fece presentandosi con il nome di Ferry Bouman.
Undercover, Ferry – la serie e Ferry – il film sono tre opere che raccontano un’unica epica saga: quella di Ferry Bouman. Una saga che, tra realtà e finzione, ha creato un personaggio moralmente mostruoso e perennemente sopra le righe. Ovverosia un personaggio triviale e affascinante, complesso e sgangherato. Il pittoresco fiammingo della porta accanto, in questi tempi di Europa unita. Vero e al contempo inverosimile.
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