Feel Good (2 stagioni per un totale di 12 episodi su Netflix, 2020-21) è una serie inglese che incrocia commedia e dramma.
Ci racconta la vita – vera – di Mae Martin, comica canadese famosa nel mondo queer, LGBTQ e non solo.
Mae, oltre ad essere l’interprete principale, ha co-creato e co-scritto lo show assieme a Joe Hampson, ottenendo una nomination a un BAFTA per il Miglior Ruolo Femminile in una Commedia.
Da dove prende piede Feel Good
La serie comincia in una serata in un pub londinese dove Mae, giovane efebica dai biondi capelli cortissimi, si esibisce regolarmente senza troppo successo. I suoi sketch sono filosofici, non volgari, un po’ complessi e il pubblico molto spesso non ride. Alcuni spettatori addirittura giocano a Candy Crush. Ma c’è una ragazza – molto carina – che sembra seguire con entusiasmo. Alla fine dello show, dietro le quinte, Mae si lamenta col direttore del locale: “Stasera è stata dura”. Lui la consola: “Dài, la ragazza in prima fila è già la terza volta che viene e ride alle tue battute. E le tue battute non fanno ridere. Dovresti andare a parlarle.” “Ma l’hai vista? – replica Mae sconsolata.- Quella è come Mary Poppins, ma più pericolosa. E io sono Bart Simpson.”
Neanche a dirlo Mary Poppins (George) e Bart Simpson (Mae) quella sera al club, dopo una breve chiacchierata, si baciano. E inizia una storia d’amore complessa che ci terrà col fiato sospeso per 12 episodi. Tutto all’inizio sembra andare magnificamente ma dopo poche settimane iniziano i guai. George, interpretata da un’eccellente Charlotte Ritchie, è una maestra eterosessuale che fatica ad ammettere la sua nuova identità lesbica. Mae, invece, è una stand up comedian dal passato oscuro di tossicodipendenza che non accetta di essere tenuta ‘nascosta’ dalla sua compagna.
Semplicità, ironia, originalità per trattare temi non facili
Ma il loro reciproco sentimento è sincero. George cercherà in tutti i modi di cambiare, rivelando a tutti la sua nuova relazione e Mae si metterà di nuovo a frequentare i gruppi di recupero (Narcotici Anonimi) tentando di rassicurare la sua compagna. “Il mio problema con le droghe appartiene al passato”.
Eppure Mae è un vaso di Pandora di dissidi interiori: attacchi di panico, ossessioni, depressioni, un complicatissimo rapporto con la madre (una straordinaria Lisa Kudrow, – Friends, Space Force) e naturalmente la non accettazione di sé. Ciò che è sorprendente in Feel Good è la semplicità, l’ironia e l’originalità con cui vengono trattate queste tematiche spesso pesanti e oscure.
Mae è intelligente, razionale e soprattutto non si piange addosso. E’ un ragazzaccio dai nervi saldi che vuole sfondare nella stand up comedy. Ci riuscirà, con tutte le reticenze personali, schivando agenti che vogliono usare la sua omosessualità e il suo passato per renderla un prodotto commerciale. In tutti i 12 episodi, Mae resta Mae, e George resta George. Ma il loro amore le spinge ad intraprendere dei miglioramenti caratteriali e ad affrontare insieme il sinistro passato di Mae. Fatto di droga e abusi sessuali.
Perché Feel Good ci fa stare bene
Ho particolarmente apprezzato il fatto che la serie e Mae in prima persona si interroghino a fondo su cosa sia un vero abuso sessuale o morale. In un’epoca tendente all’accusa pubblica, l’argomento viene trattato con delicatezza e originalità di vedute.
Peccato per il finale un po’ frettoloso, dove ogni difficoltà sembra risolversi in abbracci e reciproche comprensioni. Tuttavia questa leggerezza fa da contrappeso al dramma di tutte le recenti serie sul bipolarismo, omosessualità e problemi adolescenziali legati alla disperazione più profonda e alle droghe (pensiamo per tutte alla bella e tristissima Euphoria). L’autoironia e l’autentica voglia di amare delle due protagoniste in Feel Good mettono di buon umore.
Del resto Mae Martin è un’eccellente comica: per avere un assaggio della sua dirompente spontanea autocritica potete guardare Comedians of the World, sempre su Netflix, dove Mae riprende il suo spettacolo Dope, rendendolo un episodio di questo celebre show di comici da tutto il mondo.
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