L’adolescenza è terribilmente crudele e dolcemente incosciente. Se c’è una cosa che Euphoria ha capito perfettamente è proprio questa (e ne parliamo anche nel podcast dedicato). Ma partiamo da una notizia. Lo show in due stagioni da 8 episodi l’una più 2 speciali intermedi (HBO 2019-22, in Italia su Sky e NOW) probabilmente resterà tale: dato che l’annunciata (poi rinviata, poi confermata…) stagione 3 di Euphoria sembra definitivamente naufragata, in particolare per i troppi e diversi impegni dei suoi interpreti.
Fin dall’inizio questa serie ci catapulta in un universo buio. Quello degli adolescenti di una sonnolenta provincia americana, che più che vivere sembrano trascinare i loro corpi in un incubo distorto. Durante il primo episodio, bagnata da una luce liquida blu e asfissiante, simile a quella dei club dove si entra sotto ketamina, la protagonista, Rue (la cantante-attrice Zendaya), ci racconta l’overdose che le ha rovinato l’estate.
Rue, un’adolescente nata nei giorni del crollo delle Torri Gemelle, ha finora condotto una vita priva di speranze. Diagnosticata maniaco depressiva fin da bambina (come succede ad ormai molti ragazzini americani), ha assistito alla lunga agonia domestica del padre, costretto a letto da un cancro. È così che Rue ha cominciato a drogarsi verso i 12 anni: ingollando di nascosto le pillole antidolorifiche del genitore incosciente. Forse dovremmo chiamarla eroina in pillole, dato che l’Oxycodone è sicuramente più potente della morfina.
Dopo la morte del padre, Rue ha cominciato a farsi ancora più pesantemente. A diciassette anni è già uscita da una comunità di recupero e si appresta a cominciare un nuovo anno di scuola. Eppure quest’anno una novità irrompe nei suoi incubi quotidiani: una ragazza, o meglio, un trans woman (un’adolescente che sta attuando il passaggio da uomo a donna) arriva in città. Nella prima scena di Euphoria vediamo Jules (Hunter Schafer) seminuda piantarsi con mano esperta una siringa di ormoni nella natica. Poi la seguiamo in un motel dove viene sodomizzata da un uomo che potrebbe essere suo padre (scopriremo essere invece il padre di un suo compagno di classe).
Adolescenti distaccati, vittime delle proprie immagini
Rue e Jules si incontrano poco dopo ad una festa dove conosciamo alcuni degli altri protagonisti. Nate, il figlio del padre che ha sodomizzato Jules, è un adolescente bello e violento, che ha una relazione tossica con Maddy, una ragazza appassionata di video porno. Come tutti gli altri, del resto. Sono adolescenti che conoscono più posizioni di una pornostar a fine carriera, anche se magari non hanno ancora fatto sesso. E la prima volta, neanche a dirlo, si consuma in modo violento, imitando quello che vedono su internet. E, soprattutto, va filmata. Col consenso o meno del partner.
Una delle figure più interessanti di Euphoria perde la sua verginità a quella festa. Si chiama Kat (interpretata magnificamente dall’influencer Barbie Ferreira), è una ragazza molto carina ma in notevole sovrappeso. Il giorno dopo scoprirà che il ragazzo con cui ha fatto sesso sta diffondendo il video in tutta la scuola. Ma sarà un episodio che le darà forza, facendole scoprire una nuova se stessa.
Del resto, ci sono abituati. Le loro azioni si traducono quasi subito in immagini Instagram o video YouTube e praticamente tutti i ragazzi fanno la dolorosa esperienza di vedere una loro immagine o un video privato che circola tra i telefoni della scuola e oltre. Oggi a me, domani a te, sembra essere la dura nuova legge. Non ci stupisce che quasi tutti i personaggi della serie vivano allora una forma di distacco permanente.
Euphoria: porno, alcool, droghe… e bagni
Euphoria esplora un’intimità fatta di luoghi claustrofobici: i ragazzi si muovono quasi solo in ambienti chiusi, per loro l’isolamento è uno spazio naturale. Uniche finestre, i social e i reality show. Nel migliore dei casi, qualche serie tv. Ma non riescono più nemmeno a seguire quelle. Troppa attenzione da dedicare. La vera vita è su WhatsApp. Lì si consumano gli amori romantici, non certo nelle tristi e violente prime scopate casuali ad una festa.
Però uno spazio reale esiste: il bagno, i cessi, sono i luoghi dove si annidano esperienze forti, nuove e a volte persino sincere. Lì ci si rifugia ad inviare i messaggi importanti, o a discutere con il partner. I cessi sono i testimoni poi di una tossicodipendenza quotidiana e scolastica. Scuola che sembra essere solo un sottofondo di incontri mirati al sesso o alla droga. Porno online, alcool, fiumi di droghe, trucchi esagerati e musica a tutto volume. Potrebbe sembrare superficiale e invece Euphoria è una serie profonda, forse persino troppo. Dolorosa perché in parte veritiera nel suo fotogenico nichilismo.
Non c’è nessuno sfondo moralistico, i genitori sono spesso peggio dei figli e le esperienze più estreme non hanno alcuna funzione catartica. Le terapie e gli psicologi, da cui quasi tutti finiscono, servono solo a farsi prescrivere farmaci ancora più pesanti. L’unica speranza sembra essere Narcotici Anonimi, il gruppo di autoaiuto a cui Rue è costretta ad andare. Lì trova un amico, Ali, un tossico di crack oramai ‘pulito’ da 20 anni. Eppure anche nell’episodio interamente dedicato ad uno struggente dialogo tra lei e Ali, abbiamo la sensazione che Rue non ci sia. E’ effettivamente altrove, persa nelle particelle di Oxy che si è appena sniffata.
Euphoria e il fascino terribile del buio
Zendaya ha vinto due Emmy consecutivi per le stagioni 1 e 2 di Euphoria. E nel giro di pochi anni si è trasformata in diva del cinema (Dune). Hunter Schafer ha recitato in modo eccellente la sua parte, affermandosi come attrice e artista. Eppure, nonostante la profondità, le due protagoniste rimangono intrappolate nella presunta bellezza che le contraddistingue. Anche nella situazione più dolorosa ci sembra di essere in una pubblicità di alta moda, tanto sono belle le luci, loro stesse, i costumi. Nonostante Jules provenga da una famiglia medio-povera, pare perennemente vestita da Vivienne Westwood.
La serie fa una scelta estetica. Rue è sempre affascinante e bella anche in astinenza, o quando maniacalmente depressa (il discorso cambierà in S2). Perché con le droghe si dimagrisce fino a diventare scheletri, a volte. Oppure uno che smette si sfonda di cibo e diventa disgustosamente gonfio in poche settimane. Eruzioni cutanee, cera verdastra, vomito continuo. Almeno, così è diagnosticata l’astinenza da Oxycodone.
Ma non c’è forse la pretesa di essere ‘realistici’, quanto più appunto di narrare i sentimenti estemporanei e le sensazioni di questi ragazzi intrappolati in sordide province. Vediamo attraverso i loro occhi, sentiamo sulla loro pelle il dolore e il fascino momentaneo di quei due secondi di buio che quasi tutti cercano. Del resto Euphoria è scritta e diretta da Sem Levinson, oggi trentenne. Che non nasconde e anzi utilizza creativamente il suo passato di tossicodipendente, per lasciare un messaggio che forse solo le generazioni di oggi possono comprendere.
Euphoria: la seconda stagione
Virtuosa, brutale e poetica, la seconda stagione di Euphoria ci immerge nuovamente nell’amore tossico tra adolescenti e nella loro sfrenata ricerca dell’attimo che li porterà altrove. Il principio della serie è catturare l’estasi, che sia chimica o sessuale. Ma anche sbatterci elegantemente in faccia questa nostra epoca perversa e claustrofobica. Siamo di nuovo in compagnia degli stessi personaggi della prima stagione, Rue (Zendaya) con problemi di dipendenza che son saliti alle stelle, il suo amico spacciatore Fezco (Angus Cloud) dal lato inaspettatamente romantico, le rivali Maddy (Alexa Demie) & Cassie (Sydney Sweeney), la fantastica Jules (Hunter Shaffer) e altri nuovi arrivi.
Anche questa volta i protagonisti delle vicende sono imbevuti di adrenalina e disperazione, che trasmettono allo spettatore fin dall’inizio, come ci racconta la 21enne americana Merna, intervistata dal New York Times. “Si è davvero sul filo del rasoio per tutto l’episodio. Quando stai guardando un film horror o ascoltando qualcosa di super adrenalinico, continui ad ascoltarlo perché vuoi sapere cosa succederà. Non puoi smettere di guardare.”
Milioni di adolescenti in tutto il mondo si sono radunati ad ogni episodio per guardare insieme la seconda stagione di Euphoria. “E’ un’intensa drammatizzazione di cose che tutti sperimentiamo: sono personaggi molto riconoscibili ma quello che attraversano è amplificato a centomila”
Ipersessualizzazione o ricerca della verità?
Adorata dai giovani, amata dagli artisti e intellettuali, Euphoria è stata duramente criticata per l’ipersessualizzazione che la contraddistingue. Nudi maschili e femminili accompagnano le vite estreme di questi ragazzi, che non trovano nulla di male nel mostrarsi e nel vivere una sessualità sempre più fluida, senza limiti di genere o monogamici. Ma l’ipersessualizzazione non è gratuita, dato che l’adolescenza è ipersessuata. E la poesia fragile e terribilmente estetica della messa in scena trascende la volgarità che potrebbe essere dietro l’angolo in ogni momento.
Sam Levinson, autore della serie, non ha mai nascosto il suo passato di tossicodipendente e la sua ossessione per i comportamenti compulsivi. Euphoria rientra in questa visione del mondo dettata da pulsioni estreme, dove non c’è posto per i rapporti banalmente rassicuranti. L’amore vero deve essere attrazione folle, irresistibile. Le vite costantemente in bilico dei protagonisti sono guidate da impulsi crudi, senza la patina delle convenzioni o del romanticismo.
In una visione quasi atomistica della vita, ogni azione dei ragazzi tende verso una ricerca appunto dell’euforia. Dall’etimo, “che si porta facilmente”: uno stato fisico e mentale di piacere dovuto spesso a forme di intossicazione che alterano la percezione.
Euphoria e gli studi scientifici sull’amore
Recenti studi (come ad esempio Why we love: the science behind our closest relationship di Anna Machin, 2022) hanno elaborato il fenomeno dell’innamoramento a livello scientifico. “La prima sostanza che inonda il cervello quando siamo in presenza di chi ci attrae è l’ossitocina, anche detta ormone dell’amore. Silenziando l’amigdala, che è il centro cerebrale della paura, l’ossitocina abbassa le nostre inibizioni e facilita i primi approcci con uno sconosciuto. Ogni volta che viene rilasciata l’ossitocina è accompagnata dalla dopamina, ovvero il neurotrasmettitore del piacere. L’evoluzione ci ha donato un insieme di sostanze chimiche che ci motivano a stringere e mantenere rapporti con gli altri.”
Una teoria affatto nuova, dato che ci avevano pensato gli epicurei e soprattutto Lucrezio (99 dopo Cristo) che nel suo De Rerum Natura ci dice che Venere “illude gli amanti con esili simulacri”. L’amore secondo Lucrezio consisterebbe in una serie di particelle che si staccano dai corpi degli amanti illudendoli di potersi possedere a vicenda. “Amore è l’unica cosa nella quale più è grande il possesso, più il cuore arde di un desiderio feroce.” Attenzione, secondo Lucrezio non è affatto una bella cosa: per quanto gli amanti si affannino stimolati dagli atomi emanati da entrambi, nulla potranno prendere l’uno dall’altra. Saranno per sempre condannati a soffrire di una piaga segreta, ossia dell’impossibilità, pur desiderandosi, di scambiare realmente qualcosa.
Le teorie moderne sono più positive. Ci sono reazioni chimiche per ogni situazione. “Se una relazione è davvero solida, è grazie alla beta-endorfina, un oppioide naturale prodotto dal nostro cervello come antidolorifico: ecco perché siamo euforici quando stiamo con il partner. E se ci lascia cadiamo in crisi di astinenza.”
Il degrado della tossicodipendenza in Euphoria
Euphoria indaga tutti questi estremi con profonda capacità di cogliere il dolore, la piaga segreta. E di certo lo spettatore vuole vedere questi personaggi dannati arrivare alla redenzione. Perché sono soggetti a cui ci si affeziona e le loro debolezze ci fanno parteggiare per loro. Peccato per le ultime due puntate, ambiziosamente chiamate Il teatro e il suo doppio (come il capolavoro di Antonin Artaud). Dove una delle ragazze, Lexie, sorella di Cassie, scrive e mette in scena le loro storie. Gli attori e il pubblico sono naturalmente gli alunni del liceo che tutti frequentano.
Il teatro scolastico come forma di catarsi a quanto pare ultimamente va di moda nelle serie teen drama. Già usato da Sex Education in modo forse più ironico e interessante, in Euphoria risulta poco credibile e fastidiosamente mieloso, seppur – come sempre – ben realizzato. Ottima invece la messa in scena della tossicodipendenza di Rue. Che, a differenza della prima stagione, nella seconda è pronta ad imbruttirsi e distruggersi di fronte allo spettatore. Il consumo domestico di droghe, la tristezza dello sballo per se stessi dove l’evento più significativo della giornata consiste nell’aprire il frigorifero per bere un po’ di latte, la violenza dirompente degli spacciatori che è costretta ad incontrare, la facilità nel dire ai più cari qualsiasi menzogna.
E poi l’essere scoperta, “tradita” dagli amici che la denunciano alla madre, la fuga da casa per rubacchiare in altre case, l’inseguimento dei poliziotti a cui sfugge claudicante e in piena astinenza fino a bussare alla porta della terribile spacciatrice Laurie, pronta ad infilare un ago nel braccio della sua preda (per la prima volta – finora Rue aveva solo sniffato) imbottendola di morfina e suggerendole che è fortunata ad essere una tossicodipendente donna: in mancanza di soldi, può sempre prostituirsi.
Il cast eccellente di una serie che crea star
Euphoria è un calderone di giovani artisti poliedrici. Zendaya è cantante, modella, attrice e produttrice: come Sidney Sweeney (The White Lotus), anche grazie a questo show è diventata una star globale. Idem Jacob Elordi (Saltburn). Hunter Shuffler è artista, attivista, modella. E così molti altri giovani del cast. Dominic Fike (Elliot nella serie) è un cantautore apprezzatissimo dalle nuove generazioni e, per chi ama i gossip, ha avuto una relazione con Hunter.
Ma Euphoria non raccoglie solo giovani star: a volte, le crea dal nulla. Il New York Times ha dedicato un articolo alla singolare storia di Angus Cloud, lo spacciatore buono (Fezco), amico di Rue. «Nel 2018 Mr Cloud stava camminando in una strada di Greenwich Village quando è stato fermato da Eleonore Hendricks, responsabile del casting di Euphoria. “Stavamo ancora cercando qualcuno per il ruolo di Fezco – racconta Ms Hendricks – e Angus, che all’epoca faceva il cameriere, mi sembrava perfetto. Lui all’inizio non mi credeva, pensava fosse un imbroglio. Ma il suo amico che passeggiava con lui l’ha convinto a seguirmi.”»
La direttrice di casting ci ha visto lungo: Fezco, secondo la sceneggiatura originale, avrebbe dovuto morire nella prima stagione, ma Angus funzionava talmente bene che non solo “gli hanno allungato la vita” ma nella seconda stagione ha un ruolo di grande rilievo.
Nel luglio 2023, Angus Cloud muore, a soli 25 anni, per un overdose causata da un mix di fentanyl, cocaina, metanfetamina e benzodiazepine. Degno finale di una serie come Euphoria: nella realtà.
Ascolta anche la puntata del podcast su Euphoria
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