El Chapo è una serie crime americana in tre stagioni, 34 episodi di 45 minuti ciascuno (Netflix e Univision, 2017-18), ispirata alla vita di Joaquín ‘El Chapo’ Guzmán Loera. Ideata da Silvana Aguirre e Carlos Contreras, diretta da Ernesto Contreras e José Manuel Craviot, temporalmente la serie viene presentata tra le due distinte edizioni di Narcos.
La prima (Netflix, 2015-17), di cui abbiamo trattato qui, ambientata in Colombia, racconta nelle sue prime due stagioni la vita di Pablo Escobar. Colui che è senza dubbio stato il narcotrafficante più famoso al mondo. Narcos Mexico (Netflix, 2018-21), di cui abbiamo scritto qui, è invece incentrata sull’origine e l’evoluzione del super cartello messicano della droga. Ad opera prima di Félix Gallardo, e in seguito di Amado Carrillo Fuentes, conosciuto come ‘il Signore dei Cieli’. Alla sua leadership seguirà, non senza spargimenti di sangue, proprio quella di El Chapo. Ma in Narcos Mexico, la storia di Guzmán viene solo accennata nei suoi esordi. Di più, non sono poche le discordanze tra le due versioni della carriera criminale di El Chapo. Spiegheremo a breve il perché.
Riassumendo: El Chapo esce dopo che il primo Narcos ha brillantemente narrato le gesta di Don Pablo Escobar. Il confronto tra le storie serialmente prodotte sui due potentissimi narcotrafficanti è inevitabile. E a farne le spese è sicuramente questa serie. In secondo luogo, subito dopo l’uscita di El Chapo, esce Narcos Mexico, che racconta la creazione del grande cartello messicano – che sarà poi alla fine guidato da Guzmán.
Solo che non sono pochi i conti che non tornano nella biografia presentata da queste due diverse produzioni.
Chi è Joaquín ‘El Chapo’ Guzmán Loera
Ma chi è Joaquín ‘El Chapo’ Guzmán Loera (interpretato da Marco de la O), attualmente detenuto nel penitenziario americano di massima sicurezza di ADX Florence, Colorado? Noto al mondo per le sue epiche evasioni da due carceri messicane, entrambe di massima sicurezza. Capo incontrastato del cartello di Sinaloa, che seppe imporsi per decenni a tutti gli altri. Con un patrimonio personale stimato ad oltre un miliardo e mezzo di dollari, El Chapo è stato il narcotrafficante più potente degli ultimi 30 anni.
Figlio di una povera famiglia di contadini, abusato dal padre donnaiolo e alcolizzato, la sua storia criminale ci viene mostrata – a prescindere dai numerosi flashback dedicati alla sua adolescenza – dal 1985. Quando era ancora un membro (invero di medio livello) al servizio del cartello di Guadalajara, allora guidato da Félix Gallardo.
In questi flashback – talvolta estenuanti – ci viene mostrata la sua abilità di coltivatore che, fin dall’età di 15 anni, gestiva il proprio campo di marijuana, subito affiancato dai papaveri da oppio. El Chapo (il tappo, il tarchiato, in inglese: shorty) è il nomignolo che allora gli viene affibbiato, a causa della corporatura e dell’altezza (che non raggiungeva il metro e settanta).
Il giovane El Chapo è fin da subito ambizioso e senza scrupoli (torneremo anche su questo aspetto). Senza ora dilungarci troppo sugli eventi della vita e della carriera criminale di Joaquín Guzmán, per sommi capi ricordiamo: il suo incontro con Escobar, la guerra con il cartello di Tijuana (guidato dai fratelli Arellano), durante la quale viene assassinato – in uno scontro a fuoco nel parcheggio del Guadalajara International Airport – l’arcivescovo della città.
Le spettacolari evasioni di El Chapo
Una morte tuttora controversa, quella del cardinale Posadas Ocampo. Mentre le fonti governative la vorrebbero conseguenza accidentale di un attentato allo stesso El Chapo, molte attendibili testimonianze insinuano essersi trattato di un omicidio su commissione.
Vi è poi il primo arresto nel 1993, che non interrompe minimamente gli affari del cartello da lui presieduto, a cui fa seguito l’evasione del 2001 – in seguito alla minaccia di estradizione negli Stati Uniti. Minaccia che lo terrorizzava, così come terrorizzava Escobar. Dopo questa prima evasione El Chapo consolida ancora di più il proprio potere, probabilmente collaborando con la DEA – per sconfiggere l’ultimo cartello rivale rimasto. Quello del Golfo, alleato con i Los Zetas, un temibile gruppo paramilitare.
Dal 2009 al 2011 Forbes inserisce Guzmán tra le 50 persone più ricche e potenti al mondo. Qualcosa però si incrina nel suo rapporto occulto con governo messicano e gringos (ovvero la DEA), perché El Chapo viene nuovamente arrestato nel 2014. La seconda fuga, nel 2015, ancora da un carcere di massima sicurezza, avviene attraverso una botola posta sotto la sua doccia, in una cella sorvegliata 24 ore su 24 da telecamere. La botola conduce ad un tunnel lungo addirittura un miglio, che El Chapo percorre in motocicletta!, fino a sbucare all’interno di un capannone occupato dai suoi uomini più di un anno prima.
La complessità e la spettacolarità di questa evasione hanno lasciato sbalordita l’intera comunità internazionale. Anche per questo motivo la caccia all’uomo che ne è seguita è stata senza precedenti. Ne andava della credibilità del governo messicano. El Chapo viene dunque arrestato per la terza volta, sei mesi più tardi: questa volta prontamente estradato negli Stati Uniti, dove è stato processato nel 2019 e dove tuttora sta scontando il suo ergastolo.
Corrado Sol, la politica come socio occulto di El Chapo
Fine della storia? Senza dubbio di El Chapo – la serie. Che stranamente però si ‘dimentica’ di Sean Penn – a cui Guzmàn rilascia la galeotta intervista. Assieme a Kate Del Castillo, nota attrice messicana, personaggio invece presente negli ultimi episodi.
Prima di addentrarci in questa problematica serie, non possiamo non citarne anche il grande coprotagonista, ovvero il politico Conrado Higuera Sol, detto Don Sol (Humberto Busto). Ambizioso aspirante – anch’egli senza scrupoli – alla presidenza degli Stati Uniti del Messico, per decenni alleato de Il Chapo, ne diventa infine il suo più implacabile nemico. Le vite dei due sono in questo racconto indissolubilmente intrecciate, seppur non esista nessuna precisa corrispondenza per il personaggio di Corrado Sol. “Questo personaggio è un mosaico. […] Non solo viene raccontato il suo rapporto con il narcotraffico, ma anche la complessità della sua vita politica mescolata con la sua vita privata.” La questione a cui l’attore fa qui riferimento, in relazione al personaggio di Sol, è in primis la sua omosessualità, che lo costringe a vivere il suo privato nella paura e nell’anonimato. Il Messico non era pronto per un presidente gay.
Questo tralasciando patti con il diavolo, menzogne, tradimenti, e persino omicidi. Tralasciando anche che, nel mostrare la corruzione all’interno del governo e delle altre autorità messicane, solo la sigla PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale) è stata cambiata in PTI (Partido de los Trabajadores Institucional) – ragioni di opportunità politica? Fatto sta che El Chapo racconta, talvolta in modo fin troppo pomposo, cosa si era disposti a fare, accordandosi sottobanco con gli stessi narcos, per mantenere il potere politico.
El Chapo vs. Narcos (e Narcos Mexico)
Corrado Sol, personaggio di pura immaginazione o meno che sia – alcuni giornalisti locali hanno ipotizzato essere l’alto funzionario Córdoba Montoya, oppure il deputato federale Beltrones – simboleggia comunque quella realtà politica che ha permesso a El Chapo di sopravvivere e prosperare indisturbato per decenni.
Queste prime supposizioni erano state fatte in seguito alla sola prima stagione. Dopo sono stati fatti i nomi dei Presidenti Ponce de León, Quesada, Calderón Hinojosa, e infine del coordinatore generale dell’Intelligence Garcia Luna. I diretti interessati hanno, ovviamente, sempre negato con forza. Ad ogni modo, il personaggio di Corrado Sol rappresenta il sostegno governativo di cui El Chapo ha indubbiamente goduto per lungo tempo, si sia trattato di un solo individuo (tesi che trovo alquanto debole) o di un gruppo di funzionari corrotti a diversi livelli. Sarebbe altrimenti difficile immaginare come Joaquín Guzmán sarebbe potuto diventare il più grande narcotraffico del Messico, e del mondo.
L’introduzione del coprotagonista politico ci permette di introdurre le differenze che intercorrono tra le due produzioni seriali: Narcos assieme a Narcos Mexico, e El Chapo. In comune hanno senza dubbio il riferirsi a soggetti e fatti realmente avvenuti. Utilizzando un costante alternarsi di finzione cinematografica ed immagini di repertorio andate in onda sulle televisioni nazionali (come ad esempio quelle della morte del cardinale Posadas Ocampo o quelle trasmesse durante la conferenza stampa che seguì all’arresto di Guzmán Loera).
Ma, a parte questo, le somiglianze finiscono qui.
L’agiografia di El Chapo
La storia di El Chapo non ha la grandezza della parabola di Pablo Escobar (Narcos). Anzi, i 34 episodi utilizzati per raccontarla non sono che un confuso groviglio di eventi che sembrano spesso essere senza capo né coda. La stessa parata di mogli, amici, soci, amanti, nemici, funzionari e militari corrotti ecc. di El Chapo è una profusione talmente numerosa – se non addirittura insulsa – da far perdere più volte di vista le diverse correlazioni tra i personaggi, o addirittura a tratti da far proprio girare la testa…
Troppi caratteri e troppe situazioni, sia gli uni che le altre per lo più prive di importanza e valore, per riuscire a seguire con vera passione le vicende del narcos messicano. Vicende che la stessa Storia (se ha senso scriverla così, con la maiuscola) ha già spoilerato alla maggior parte degli spettatori, per lo meno nei suoi aspetti più plateali.
Un racconto, quello di El Chapo, spesso superficiale, fumoso, aggrovigliato, approssimativo, carente di suspance e colpi di scena. Ma più di ogni altra cosa, oltre misura romanzato: nel senso che la figura di Guzmán viene in questa serie resa addirittura eroica. Lontani da qualsiasi lettura problematizzata del narcotrafficante accusato di aver commissionato all’incirca diecimila (10.000!) omicidi, gli autori di El Chapo sembrano voler realizzare una sorta di agiografica raffigurazione di questa cieca e spietata volontà di potenza. Spinta ad ogni costo dalla sua brama di potere a qualsiasi spregiudicata corruzione o violenza, questa versione di Guzmán sembra stranamente da qui uscire purificata.
Un antieroe senza spessore
Non c’è traccia del suo incontrollato e ben documentato sadismo né delle vittime (si stima siano tra 2000 e 3000) di cui sarà costretto ad assumersi la responsabilità dalla DEA. Anche la sua lunga serie di vili tradimenti, compiuti alle spalle dei suoi soci, viene qui narrata con leggerezza, quasi l’uomo sia sempre stato costretto dagli eventi a denunciare o ammazzare i suoi stessi malavitosi affiliati.
Guardando El Chapo si ha quasi la sensazione che il narcotrafficante non facesse in fondo altro che il suo lavoro. E che fosse il governo, incarnato da Corrado Sol, il vero cancro della nazione. A partire dall’invivibilità delle sue carceri fino alle pubbliche menzogne e ai ricatti privati che tristemente presiedono e sottostanno alle stesse istituzioni.
L’ideatrice Silvana Aguirre spiega bene la cosa dicendo che El Chapo non è la glorificazione della vita di un signore della droga, ma uno show “con una visione più ampia: il traffico di droga come un’impresa e la sistematica corruzione nel Messico e persino negli Stati Uniti, che hanno consentito l’emergere di personaggi come il protagonista”. Sarà. Ad ogni modo lo stesso Joaquín Guzmán – in carne e ossa – avrebbe cercato (tuttora?) di denunciare Netflix e Univision, dato che la sua persona veniva usata come immagine commerciale senza aver prima fatto un’esplicita richiesta al diretto interessato…
Diritti commerciali o meno, questo è davvero uno strano fenomeno: in Italia abbiamo avuto Gomorra, Romanzo Criminale, Suburra – tutte serie che hanno ambiguamente innalzato gli antieroici criminali alla sfera di eroici protagonisti. Gli USA hanno avuto I Soprano, Breaking Bad, Sons of Anarchy. Non dimentichiamo infine Peaky Blinders, anche se l’elenco potrebbe a lungo continuare… Tutte storie con criminali per protagonisti, tutte però profonde, ambigue, problematiche…
Il desiderio fatale di un eroe criminale
El Chapo sembra voler procedere come una vecchia storia di fuorilegge western naif, tipo Billy the Kid. Nonostante lo stesso governo federale degli Stati Uniti abbia a suo tempo appellato Joaquín Guzmán come ‘l’uomo più temuto del pianeta’. Nonostante i suoi stessi avvocati abbiano dichiarato – all’inizio del processo – che nessuno dei membri della giuria sarebbe stato giustiziato. Nonostante i diecimila omicidi a lui imputati e i 2000, o 3000 (come non facesse differenza), da lui stesso ammessi.
Trattasi del fascino del male, direbbe qualcuno. Oppure è solo il Messico che reclama un proprio eroe nazional-criminale, di pari livello di quello colombiano. Solo che le gesta di Escobar – dalla candidatura in parlamento alla prigione che costruì per se stesso e i suoi sottoposti, dalla guerra dichiarata all’intero stato alla sua misera morte, che affronta braccato e ridotto ormai in miseria – sono una storia che, ahimè!, non ha paragone con quella di El Chapo.
Nonostante il potere assoluto raggiunto da quest’ultimo tra i narcotrafficanti a livello mondiale. Nonostante la ricchezza finita sulle pagine di Forbes. E nonostante le rocambolesche fughe da carceri di massima sicurezza. Non a caso Joaquín Guzmán mette a rischio tutto pur di incontrare Kate del Castillo e Sean Penn mentre è latitante per l’ultima volta. Vuole la sua storia venga raccontata al mondo intero. Questo desiderio e questo incontro gli saranno infine fatali.
El Chapo: The End?
“In questo momento il Messico ha due presidenti. E non è per vedere Peña Nieto che ci sono volute settimane di preparativi clandestini, ma per incontrare un uomo che ha circa la mia età e con il quale non ho nient’altro in comune. Ai tempi in cui facevo surf a Malibu, lui già lavorava nei campi di marijuana e di oppio sulle montagne di Sinaloa, in Messico. Oggi gestisce il cartello internazionale della droga più grande che si sia mai visto, anche più di quello di Pablo Escobar. Si stima che venda e distribuisca oltre la metà di tutta la cocaina, l’eroina e la metanfetamina che entra negli Stati Uniti. Lo chiamano El Chapo” (Sean Penn, Rolling Stone).
Peccato che la vulgata ufficiosa (ma non troppo) voglia che El Chapo sia stato catturato anche grazie all’inconsapevole Sean Penn, che era riuscito a raggiungerlo in uno dei suoi nascondigli segreti solo pochi mesi prima, per la famosa intervista di Rolling Stone.
Emblematico che l’imprendibile El Chapo si sia alla fine fatto prendere per la smania di trasformare la sua vita in un mito. Trasformazione che – nella sua testa – non poteva che compiersi per tramite cinematografico… Per questo interpella la più famosa attrice messicana assieme ad uno dei più famosi attori americani.
E per questo in America Joaquín ‘El Chapo’ Guzmán Loera sta tuttora scontando il suo ergastolo…
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