Carol e la fine del mondo: l’apocalisse ci rende umani? | Animazione
Carol e la fine del mondo, podcast | Puntata a cura di Untimoteo.
Netflix produce e distribuisce Carol e la fine del mondo, cartone animato in 10 puntate da trenta minuti ciascuna. Ideata da Dan Guterman, già sceneggiatore di Rick and Morty e di un’altra serie da noi molto amata come Community, quest’opera si distingue nettamente dagli altri prodotti animati a stelle e strisce per un approccio lento e meditativo. A tratti sognante, o più che sognante – catatonico.
Non è il tipico comedy cartoon: non regala battute, siparietti comici o tormentoni. Piuttosto è uno strano sogno ad occhi aperti che non fa paura, nonostante sia terribile…
“Animazione” è il format del podcast di Mondoserie dedicato alle diverse scuole ed espressioni del genere, dall’Oriente alla scena europea e americana.
La terra ha i giorni contati
Un misterioso corpo celeste sta puntando dritto verso il nostro mondo. È enorme e inarrestabile. Gli scienziati calcolano che entro sette mesi avverrà l’impatto. Del nostro pianeta non rimarrà che polvere. In tutta risposta l’umanità di Carol e la fine del mondo si avvia verso la propria fine con allegra rassegnazione, godendosi il tempo che rimane. I dirigenti di banca azzerano i debiti dei loro clienti, affermando l’inutilità del denaro e esortandoli a vivere intensamente.
Quasi di comune accordo tutti mollano le briglie adottando una sorta di rimozione di massa, sfogando i desideri sopiti, senza il bagno di sangue che contraddistingue ogni altra serie apocalittica. Qualcosa di brutto è forse accaduto, lo testimoniano i militari che presidiano i supermercati, ma ormai è tutto alle spalle. Insomma l’umanità di questa serie pare proprio che aspettasse la fine del mondo per scoprirsi libera e felice. Tutti tranne Carol.
Lei non ha sogni nel cassetto, non ha rimorsi né rimpianti, guarda a questo mondo morente con un misto di apatia e malinconia. Perché ora come allora non trova un senso al proprio esistere. Poi una sera trova per caso uno strano ufficio che si chiama, paradossalmente, The Distraction, in cui c’è ancora gente che lavora…
Drammatico, originale e liberatorio
Carol e la fine del mondo è un prodotto singolare. Il tono rimane serio, alle volte anche triste. Carol normalizza tutto, guida una motocicletta come un eroe post apocalittico, ma il tesoro da recuperare è una cartuccia di toner. Cerca di creare rapporti umani all’interno dell’ufficio. Ma c’è sempre qualcosa che non torna. Ogni puntata sembra riprendere un filo spezzato chissà dove e chissà quando. I tempi sono lenti e dilatati, la malinconia sottile avanza, e porta con sé un senso di incertezza e precarietà.
Carol e la fine del mondo è un cartone drammatico, nonostante qualche bel momento di leggerezza, anzi proprio in virtù di questo è drammatico e liberatorio.
Ogni puntata ha una metafora sottesa. Questo mondo morente ci chiede di tirare le somme e di reagire. Carol non se la sente di abbracciare una liberazione di facciata, di diventare una forzata del divertimento. Di fronte a una catastrofe imminente – la fine della specie umana – il mondo decide di perseverare in un atteggiamento di rifiuto e di negazione del lutto, rifugiandosi in un vuoto edonismo. Ma se adesso è il momento della liberazione, sembra dire Carol, allora che sia definitiva e profonda.
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