Carnival Row è una serie fantasy noir statunitense (Prime Video, 2019-23) in due stagioni, per un totale di 18 episodi di 1h ciascuno. Tutti ottimamente confezionati, a delineare una storia senza capo né coda. Protagonisti e produttori esecutivi sono Orlando Bloom e Cara Delevingne. Sceneggiatori e produttori sono invece gli esordienti René Echevarria e Travis Beacham (autore della stesura filmica originale – A Killing on Carnival Row), ai quali nella fase iniziale era affiancato il ben più collaudato e prestigioso nome di Guillermo del Toro, costretto in seguito ad abbandonare il progetto. Il team registico (T. Freudenthal, A. Foerster, A. Goddard) dello show, quasi interamente girato a Praga, è capitanato dal veterano Jon Amiel (noto negli anni ’90 per film come Entrapment e Sommersby).
Carnival Row è ambientato in un mondo immaginario in cui esseri umani ed esseri fatati di varia natura – fate, fauni, licantropi, centauri ecc. – convivono forzatamente. I primi disprezzando prevalendo e sfruttando le magiche creature.
“Per secoli, la patria dei fatati rimase un luogo di mito e leggenda. Finché non arrivarono diversi imperi umani a combattere per le sue ricchezze“… Questo l’incipit della storia, che avviene sette anni dopo ‘la grande guerra’ che vede contrapposti gli umani della repubblica di Burgue, in difesa dei territori fatati da loro presieduti, e il Patto, che esce vittorioso dal sanguinoso conflitto, impossessandosi delle ricche terre di fate e compagnia bella.
Ne consegue, secondo un consolidato schema storico più che mai attuale, una massiccia migrazione clandestina degli abitanti fatati nel Burgue. In particolare nell’omonima capitale della repubblica, visivamente modellata su una cupa Londra vittoriana e steampunk.
Conflitti sociali e sanguinosi delitti
In questa fascinosa ed inquietante ambientazione da grande città tardo ottocentesca, con un’atmosfera che miscela elementi dark, polizieschi e fiabeschi, si sviluppa la trama principale, incentrata su una serie di misteriosi omicidi. Assieme alle tante sottotrame – dagli intrighi politici alle vicende sentimentali di Carnival Row. La Row è la strada principale che dà il nome al quartiere ghetto in cui vivono – più o meno formalmente segregati – i critch, termine dispregiativo con cui sono indicate tutte le creature non umane.
Ricalcando fedelmente il modello di divari razziali e conflitti sociali peculiarmente americani, i critch diventano presto indispensabili agli umani. Sia per svolgere i lavori più umili sia per occuparsi di quelli illegali, come quelli legati a droga e prostituzione.
Servono infine da classico capro espiatorio, per veicolare rabbia e frustrazione dei bravi e onesti cittadini di Burgue, che vedono in loro la fonte di ogni decadenza e corruzione. Ecco quindi spiegati i differenti atteggiamenti politici che contraddistinguono le due fazioni parlamentari della capitale. Quello progressista al potere, guidato dal cancelliere Breakspear (Jared Harris – Chernobyl, The Expanse, The Terror), favorevole alla riconciliazione tra esseri fatati e umani. E l’opposizione conservatrice che cavalca il malcontento cittadino.
In questa situazione di tensione sociale Rycroft Philostrate (Orlando Bloom), detective dal classico passato oscuro e tormentato, conduce la sua indagine su una serie di enigmatici delitti, modello Jack lo Squartatore. L’arrivo in città del suo vecchio grande amore Vignette Stonemoss (Cara Delevingne), fata ribelle e sovversiva, complica ulteriormente la vita di ‘Philo’, dato che sette anni prima le aveva fatto credere – per il suo stesso bene – di essere morto in guerra.
La seconda stagione di Carnival Row
Le vicende di questo strano fantasy poliziesco si muovono quindi sul fondo di una scenografia immaginaria splendida e misteriosa, che ricorda non poco il mondo de L’Alienista. Con in più tutto il repertorio mitologico legato alle creature fantastiche, fate e fauni in primo piano, che ricordano invece la serie Penny Dreadful.
L’aspetto visivo e visionario di Carnival Row risulta dunque eccezionalmente curato. Ma, nonostante la buona intuizione di attualizzare in termini di immigrazione clandestina, odio razziale e sfruttamento economico il rapporto tra umani e fatati, purtroppo la narrazione e i suoi contenuti rimangono fortemente ancorati ad una dimensione sgangherata e superficiale. Il contrasto tra il degrado e lo squallore criminale del Row e i lussuosi costumi della zona benestante del Burgue è affidato all’amore proibito tra Mister Agreus, fauno arricchito, e la signorina Spurnrose, nobile decaduta, assecondando i canoni retorici del genere più ovvi e scontati.
Questa e altre trame secondarie riusciranno a legarsi a quella principale, in modo invero piuttosto macchinoso, soltanto nella seconda stagione (arrivata a distanza di ben 4 anni).
Stagione che differisce dalla prima per l’acuirsi della crisi politica, che ora coinvolge altre forze estere nel delicato gioco di equilibri, come il sopracitato Patto (the Pact) e la rivoluzionaria Nuova Alba (New Dawn). E che vede nuovamente una sequela di terrificanti omicidi, su cui il protagonista – più tormentato che mai – dovrà riuscire a far luce per evitare uno sterminio di massa dei critch, a cui si trova sempre più giocoforza legato.
Una retorica esasperante in una splendida scenografia
Da Carnival Row, calderone narrativo ribollente – o forse solo ribollito – di temi e vicende, dal razzismo alla love story, dal noir alle trame politiche, dai bordelli fatati ai sanguinosi misteri, fatica purtroppo a prendere forma una storia consistente ed originale. Del resto, il suo pregio rimane la bella e suggestiva fotografia – senza altro spessore.
Tutti gli elementi di questo show finiscono per cadere in una retorica scontata, a tratti esasperante. L’innocenza dei fatati, ingiustamente costretti a vivere di espedienti criminali e la bruttura morale nascosta sotto il bon ton dei più abbienti umani. L’utopia rivoluzionaria, di stampo vagamente bolscevico, che immagina un nuovo mondo senza differenze razziali o sociali, in cui tutti sono solo compagni lavoratori. L’instabilità sociale e politica come mezzo per arricchirsi e lo stesso delirio paranoide del potere.
Infine, a livello più esistenziale, la maledizione del mezzosangue – che non appartiene a nessuno tra i due mondi, e per questo costretto a dover fare i conti con i torti di entrambi.
Il tutto innestato in un racconto che gira insopportabilmente a vuoto. Anche se per le oscure e morbose strade di un mondo, quello di Carnival Row, meticolosamente e fantasticamente raffigurato – ali, corna e zoccoli compresi – fino all’ultimo spettacolare effetto speciale.
Avventure fantasy in una città steampunk: Arcane