Bosch è un crime americano, una delle prime – tuttora la più longeva – serie originali di Amazon Studios. Sette stagioni per un totale di 68 episodi, dal 2014 – anno in cui uscì il pilot su Prime Video, con annessa votazione del pubblico per deciderne l’eventuale prosecuzione – al 2021.
Figura centrale dello show è il detective di Los Angeles – Hieronymus ‘Harry’ Bosch – interpretato da Titus Welliver (Lost, Sons of Anarchy), personaggio creato da Michael Connelly, protagonista di una lunga serie (ben ventuno!) di suoi romanzi polizieschi.
L’autore statunitense, che ha venduto più di 70 milioni di copie nel mondo, è anche il creatore della saga di The Lincoln Lawyer (da cui è stata tratta l’omonima serie).
Connelly partecipa attivamente anche alla scrittura della serie Bosch, affiancando lo showrunner Eric Overmyer (Homicide: Life on the Streets, The Wire – in collaborazione con David Simon). E difatti da quest’ultimo (The Wire) ritroviamo alcuni volti noti: Jamie Hector (The Wire, We own this city), nei panni di Jerry Edgar, partner di Bosch; e Lance Reddick (The Wire, Fringe), nei panni del capo della polizia Irving.
Un classico dal gusto retrò in L.A. città maledetta
Bosch ambisce da subito a divenire un classico televisivo. Ambizione non da poco, le cui ragioni sono facilmente intuibili: è il primo dei prodotti seriali a lunga scadenza degli Amazon Studios. E la serie ha tutte le carte in regola per presentarsi come tale. Il soggetto già bestseller, l’ottimo cast, il formato di consumo ideale (10 episodi di 42 minuti), la costosa produzione, le intense trame dai ritmi serratissimi…
La scommessa pare essere stata vinta. Bosch è, a tutti gli effetti, un classico (anche se in genere è stato amato più dal pubblico che dalla critica – who cares?).
Tutto ruota attorno alla tormentata figura di Harry Bosch, felice eccezione retrò nell’odierno panorama dei detective, seriali e non, che si rispettino. Senza nulla togliere all’appeal corale della storia, che lascia ampio spazio ad altre indagini e ad altre vicende parallele all’interno della sezione Omicidi del distretto di Hollywood, Los Angeles.
Non a caso lo showrunner Overmyer, come si è detto, ha collaborato alla creazione di The Wire. Un classico della visione corale di una storia o, meglio, di una città. Ma a differenza della Baltimora scandagliata in lungo e in largo, stagione per stagione, da quello storico show, le diverse anime di L.A. vengono di volta in volta qui rivelate dall’instancabile peregrinare investigativo dello stesso Bosch.
Dai barboni ai miliardari, dalla pedopornografia al terrorismo interno, dalla corruzione politica alla psicopatologia del killer seriale (leggi l’approfondimento sulla figura dei serial killer), questa serie disvela, puntata dopo puntata, la stratificata e complessa realtà di una megalopoli.O, per essere più precisi, di una particolare zona di competenza (il distretto di Hollywood) popolata da estremi, da ogni punto di vista. Economico, etico, sociale, razziale… un mondo composto da mille altri mondi.
I diversi intrecci di Bosch, solitario amante del jazz
Hieronymus Bosch: il nome non può non richiamare alla mente il pittore del XV secolo, specializzato nella suggestiva raffigurazione di inferni grotteschi e surreali.
Così come i diversi casi che Harry si trova a dover affrontare, dentro e fuori l’ambito del distretto (ovverosia nel privato), raffigurano la stratificazione a gironi infernali della leggendaria città degli angeli.
Diversi – perché l’intelligente scrittura di questa serie connette tra loro più romanzi per ogni stagione (per la prima sono addirittura tre). Sì da creare un articolatissimo intreccio narrativo. Che nell’arco dei 10 episodi (di cui si compongono le prime 6 stagioni, l’ultima ne ha 8) porta a compimento la linea principale, tenendone comunque sempre in sospeso una seconda (e talvolta una terza), che verrà ripresa nella stagione successiva.
Dentro e fuori – perché caratteristica fondamentale del protagonista è quella di inimicarsi i superiori, oppure le altre sezioni, o gli altri dipartimenti. Sì da avere perennemente almeno un processo, oppure un indagine degli Affari Interni, sulla testa.
Ad ogni stagione quindi seguiamo l’evolversi di più storie, riguardanti Harry e la sua cerchia: alcune finiscono, altre no. Così come non sempre i cattivi vengono presi, o condannati a pagare il giusto prezzo per i loro crimini. Harry, invece, viene spesso e volentieri costretto a doversi giustificare per le proprie azioni, finanche in tribunale.
Il detective Bosch, veterano del Vietnam (nei romanzi, of course; nella serie il suo passato da soldato è stato aggiornato) è una figura d’altri tempi. Laconico, silenzioso, incapace di slanci affettivi, o anche solo di intrattenere elementari rapporti sociali (che non riguardino cioè il lavoro), preferisce trascorrere le serate, più o meno solitariamente, nella sua magnifica casa. Ascoltando jazz – rigorosamente in vinile.
La leggenda del poliziotto integerrimo e ombroso
Una casa, la sua, contornata da immense vetrate, che domina dall’alto di una collina la città, garantendo di sera una vista mozzafiato su quello che appare come un tappeto di stelle. Nessun poliziotto potrebbe permettersi una casa simile, avendo soltanto il proprio stipendio. Ma Bosch non è un poliziotto qualsiasi: tra i suoi colleghi è quasi una leggenda. Di più, l’eclatante risoluzione di uno dei suoi casi (precedenti rispetto all’inizio della serie), essendo divenuto soggetto per un film hollywoodiano (inutile commentare questa brillante bravata creativa), gli ha garantito il capitale sufficiente per l’acquisto della casa dei sogni.
Una ex moglie, Eleanor (Sarah Clarke), ex agente federale ora professionista del poker, e un’irrequieta figlia, Maddie (Madison Lintz), intorno alla maggiore età: questa la sua attuale famiglia. Della madre, si sa solo che era una prostituta, ammazzata da un imprecisato maniaco, quando lui era ancora bambino. Prima di fare il soldato, il ribelle Harry – testa calda in gioventù – passa per diverse case famiglia.
Insomma, gli elementi per decorare fascinosamente l’oscuro e difficile passato di questo scontroso e ombroso detective, ci sono tutti. “Tutti contano, o non conta nessuno” – questa una delle sue frasi più iconiche. Significativa di una filosofia che lo porta a scontrarsi, oltre che per una naturale diffidenza nei confronti dell’autorità, con i suoi superiori.
Integerrimo in modo addirittura commovente. Eppure ben consapevole dei diversi livelli di verità che si presentano – che si devono presentare – man mano che le gerarchie dipartimentali collimano con il mondo della politica. A tal proposito è emblematica la parabola del capo della polizia Irving, candidato sindaco. Costretto a scelte e compromessi talvolta vergognosi, in cui il bene della collettività non è più nettamente distinguibile dal vantaggio personale.
Bosch, Soprano e Gary Cooper
Perché retrò non significa necessariamente naif – o questa serie non potrebbe ambire allo status di classico. Pur non essendo The Shield – anzi, appunto non essendo la rappresentazione di un delirio di caos e corruzione quale è l’altra serie, ambientata sempre a L.A.) – Bosch ha una visione assai matura e calibrata della zona grigia in cui politica e forze dell’ordine tendono a muoversi insieme. E in cui, in fondo, l’esistenza di tutti tende a muoversi.
Una maturità esemplificata, come si diceva, anche dall’insuccesso di alcuni processi e indagini (in Bosch l’aspetto procedural è assai rilevante). Una maturità formalizzata dall’estrema cura della fotografia, così come della colonna sonora (in casa Bosch risuonano solo ottimi dischi jazz). Il mondo di Harry è permeato di violenza e doppiogioco, è una pericolosissima giungla metropolitana dove vige l’hobbesiana massima homo homini lupus. L’ambiente perfetto per un maturo e classico crime.
Classico, infine, per la stessa costituzione del suo protagonista: un detective tutto d’un pezzo. Proveniente da quella stirpe di eroi alla Gary Cooper di cui Tony Soprano tanto sentiva la mancanza. E la citazione non è peregrina. Proprio con il boss de I Soprano si inaugura un diverso modello di eroe / antieroe nel genere seriale crime. L’inquietudine esistenzialista del mafioso, sfogata nelle sedute psicoterapeutiche, diventa un modello di profondità del personaggio da cui è oggi difficile discostarsi nella tv autoriale di genere.
In Harry Bosch, invece, uomo e detective coincidono perfettamente. Certo, anche lui ha i suoi demoni dal passato, necessari per giustificare l’ombrosità del presente. Ma è fondamentalmente un eroe all’antica, consapevole dei suoi demoni interiori ed esteriori – la prospettiva da cui L.A. appare di notte dalle vetrate della sua casa è in tal senso assai eloquente: una miriade di luci sospese nell’oscurità, da essa quasi inghiottite…
Bosch, eroe controvoglia – e la sua eredità
L’interpretazione minimalista di Titus Welliver è eccezionale: vi è in lui un’espressione ricorrente – che ricorda vagamente il Jack Bauer (protagonista di 24) di Kiefer Sutherland – un velocissimo movimento facciale, quasi una smorfia assieme ad un cambiamento di direzione dello sguardo, in corrispondenza al dover fare o dire qualcosa di importante, che rivela tutto il suo disgusto e disprezzo per la situazione in particolare, e per la condizione umana in generale.
Come se Harry Bosch agisse e parlasse controvoglia la maggior parte delle volte. Costretto da un mondo diabolico ed infernale a fare ciò che fa e a dire ciò che dice. Nessuno stupido entusiasmo in lui nell’inseguire, individuare e catturare – talvolta far direttamente fuori – i cattivi. Solo un semplice e raro senso del dovere, nella piena consapevolezza di non fare alcuna differenza. Los Angeles è una città malvagia a prescindere. A prescindere dai suoi arresti. A prescindere dai tentativi di riforme politiche del capitano Irving, per questa nobile causa forse troppo incline al compromesso. A prescindere da tutti e da tutto.
Per questo motivo Harry non accetta l’idea di un bene più grande, per cui magari sacrificare la giustizia per il singolo. Tutti contano o non conta nessuno. Facile da intendere, difficile da perseguire. Un classico.
Dopo sette fortunate stagioni, Amazon Prime Video propone Bosch: Legacy (2022). Non uno spin off, ma un vero e proprio sequel, con lo stesso cast di base. Harry Bosch è ora un investigatore privato, e non deve più rispondere delle proprie azioni a superiori o Affari Interni…
Un altro detective all’antica: Jack Taylor