Black Sails è un’eccezionale serie televisiva statunitense creata da Jonathan E. Steinberg e Robert Levine per il canale via cavo Starz, dal 2014 al 2017 per un totale di quattro stagioni (38 episodi, in Italia su Prime Video di Amazon). Lo show è un affascinante, straordinario e sottovalutato affresco del mondo della pirateria. Basato sugli antefatti immaginari del celeberrimo romanzo “L’isola del tesoro” di Robert Louis Stevenson. In particolare viene narrata la genesi del tesoro in questione e il come e il perché questo verrà nascosto dal Capitano Flint. Assieme ad un giovane Long John Silver e a molti altri personaggi, ispirati a figure di pirati realmente esistiti nel 1600 e nel 1700.
Tra i produttori esecutivi spicca sicuramente il nome di Michael Bay (Transformer), attuale guru dell’action hollywoodiano. Per questa ragione, assieme alle produzioni più tipiche del canale via cavo Starz (Spartacus), questa serie è stata frettolosamente liquidata come una serie di pura azione. Pretesto picaresco per duelli di spada e battaglie navali. Il malinteso è stato accresciuto dalla prima stagione, il cui tema narrativo è incentrato sulla ricerca e la conquista del ricchissimo bottino in oro trasportato dal galeone spagnolo Urca de Lima. Un topos romanzesco che rischia da solo di suonare un po’ scontato.
Una straordinaria carrellata di pirati (e non solo)
E invece la storia, a partire da queste premesse, si sviluppa in ben altre direzioni, ampliando sensibilmente i propri orizzonti tematici. Quello stesso oro diventerà garanzia ideale per la libertà di una comunità senza precedenti, insediatasi a Nassau: una comunità di pirati fuorilegge. Una comunità capitanata, letteralmente, dall’oscuro ed enigmatico James Flint (uno splendido Toby Stephens) e dal suo irriducibile antagonista – o meglio, miglior nemico – il fiero e audace Charles Vane (Zach McGowan).
Molti altri i protagonisti di questo fantastico momento d’oro della pirateria – ambientato dunque per lo più nell’isola di New Providence, ex colonia inglese nell’arcipelago delle Bahamas, nel 1715 – tutti destinati a compiere un’intensa e tragica evoluzione. Dal giovane cuoco di bordo John Silver (Luke Arnold) al tormentato nostromo Billy Bones (Tom Hopper). Dall’astuto Jack Rackham (Toby Schmitz), il creatore del Jolly Roger, la bandiera con teschio e ossa incrociate, a Edward Teach (Ray Stevenson), meglio noto come Barbanera…
Molto forte è anche la presenza femminile, non meno indipendente e spietata di quella maschile in questa rivoluzionaria comune di banditi. Eleanor Guthrie (Hannah New), che gestisce il florido contrabbando di merci sull’isola. La prostituta con il spiccato senso per gli affari Max (Jessica Parker Kennedy). Il sicario Anne Bonny (Clara Paget)… Per meglio incarnare l’aria di emancipazione che soffia da quelle parti (o per non farsi mancare niente), tra loro i rapporti saffici sono naturali e all’ordine del giorno.
Una carrellata di caratteri in costante movimento, alla ricerca di sé e della propria indipendenza, finemente delineati e fatalmente destinati tra loro ad incontrarsi e scontrarsi. Tutti però comunque accomunati dall’orgogliosa opposizione al governo inglese, che intende una volta per tutte sradicare il pernicioso fenomeno della pirateria.
La parabola Black Sails tra il capitano Flint e il capitano Vane
La parabola di Black Sails è la parabola di una rivoluzione, violenta e idealista, contro l’istituzione delle colonie. Ad unirsi alla causa ribelle dei corsari saranno infatti soltanto gli ex schiavi del posto. Dando così vita ad una strana ed inedita alleanza sociale contro la corona inglese, incarnata nella figura del nuovo e spietato governatore Woodes Rogers (Luke Roberts).
Una missione che è divenuta la stessa ragione di vita per il capitano Flint, figura che rimane non più che un nome misterioso nel romanzo di Stevenson, e che si troverà ad urlare, sotto la forca, davanti all’esaltata folla di cittadini, per così dire, civilizzati: “Ognuno di noi è un mostro per qualcuno. Visto che siete così convinti che io sia il vostro, lo sarò!”
Stratega senza pari, uomo sfuggente e ombroso, il suo sconvolgente passato viene raccontato attraverso flashback che andranno via via chiarendo il motivo del suo odio viscerale per l’Inghilterra, della cui flotta un tempo era un valente ufficiale. Non volendo qui svelare il segreto del capitano Flint, mi limito a sottolineare la scelta brillante e coraggiosa compiuta dagli autori in fase di scrittura, che prefigura un finale carico di pathos come raramente accade.
Così come è carico di raro pathos l’ultimo gesto del capitano Vane, figura ruvida e romantica al contempo, eroicamente padrone fino all’ultimo del proprio destino. Questi due grandi capitani – la cui avversione è pari solo alla reciproca stima – sono portatori di visioni e ideali molto diversi tra loro. Ma sono uniti dal comune sentimento di uomini indomabili, costituzionalmente incapaci di inginocchiarsi davanti a qualsivoglia potere.
Arrivare alla fine del viaggio (vietato arrendersi)
Per comprendere il senso delle loro azioni e del loro essere bisogna accompagnarli fino alla fine di questo dramma passionale. Così come soltanto alla fine il cuoco ingenuo e scapestrato – anch’egli titanico protagonista – sarà diventato il leggendario pirata John Long Silver. Passando dallo spensierato candore dell’inizio al pesante fardello di tenebre e abissi che dovrà portare per sempre dietro (o dentro).
Tutte queste considerazioni da tragedia shakespeariana – del resto assolutamente legittime – non devono mettere però in ombra la natura spettacolare di questo show, che contiene alcune delle battaglie marittime più magnifiche nella storia del piccolo schermo. I velieri e i galeoni – che hanno richiesto l’opera di oltre trecento manovali – sono stati ricostruiti con cura maniacale fin nella scelta dei materiali e nella composizione dei particolari (la Walrus, ad esempio, capitanata da Flint, realizzata a grandezza naturale, è stata interamente costruita sul set). Anche le scene d’azione sulla terraferma sono assolutamente mirabili, con regia e fotografia, va da sé, sempre all’altezza, nonostante il budget relativamente basso a disposizione (in relazione ad un kolossal hollywoodiano, of course).
Black Sails è un’avvincente storia di pirati. Ed è un dramma romantico sulla purezza del desiderio di libertà del fuorilegge. Del criminale. Del reietto. Romantico come Vikings. Romantico come Sons of Anarchy.
Anche se questi sono pirati, lo spirito di fondo non è forse lo stesso? Qual è l’opposto della resa, universalmente simboleggiata dalla bandiera bianca? Il nome non ha importanza: importante è la bandiera nera.
Nera, s’intende, come la vela. E come questi velieri, carichi di anime nere.
Un’altra storia di fratellanza e fuorilegge: Sons of Anarchy