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Black Mirror: schermo nero di un’ucronica distopia| 1 classico in 2
Black Mirror, podcast. Episodio a cura di Jacopo Bulgarini d’Elci e Livio Pacella.
Serie antologica britannica nata nel 2011 e tuttora in produzione, Black Mirror ha fin qui realizzato 6 (altalenanti, o meglio declinanti) stagioni. Per un totale di 28 episodi dai 40 ai 90 minuti, di cui 2 speciali. Ideata e prodotta da Charlie Brooker (che ha scritto quasi tutte le puntate) per Endemol Shine Group, dalla terza stagione è trasmessa a livello internazionale sulla piattaforma Netflix.
Black Mirror – ne parliamo nel podcast – ha contribuito, con American Horror Story, a ripopolarizzare il formato antologico. Ogni episodio è autoconclusivo. Il filo conduttore è sempre l’incedere e il progredire delle nuove tecnologie, l’assuefazione ad esse e i loro rischi ed effetti collaterali – soprattutto in ambito massmediatico. Il titolo infatti si riferisce allo schermo nero di ogni televisore, computer o smartphone. Attraverso la suggestione di storie ambientate in distopici futuri, o talvolta addirittura in ucronici passati, quello che si mostra deformato è il nostro presente.
Esplorando un vasto orizzonte tematico: sorveglianza, privacy digitale, libertà, società e individuo, consumismo, memoria…
“1 classico in 2” è uno dei format del podcast di Mondoserie: conversazioni a due voci su serie che hanno segnato l’immaginario.
Le sei (altalenanti) stagioni
Come raccontiamo nel podcast, le prime due stagioni di Black Mirror (sei episodi in tutto) sono piuttosto folgoranti. La partenza è straordinaria: The National Anthem (Messaggio al primo ministro), che ha per protagonisti il premier e un maiale, affronta da subito i temi della spettacolarizzazione e della politica. The Entire History of You (Ricordi pericolosi) è scritto da Jesse Armstrong (Succession, di cui ci siamo ampiamente occupati, parlandone anche qui e, all’interno di una riflessione sul racconto della ricchezza in tv, in questa puntata tematica del podcast). Si indagano le conseguenze di un’ipotetica memoria digitale, riproducibile a piacimento. In White Bear (Orso bianco), l’incubo di una società zombificata nell’atto di riprendere con il cellulare si rivela un’elaborata e angosciante forma di pena detentiva…
In S3 già si intuisce, dietro l’alibi del formato antologico, una certa tendenza all’incostanza. Che poi sarebbe emersa con esiti ancora più problematici. Spicca comunque l’episodio San Junipero (Emmy 2017 come miglior film per la televisione). L’episodio speciale Bandersnatch tenta la carta dell’interattivo (come il libro-gioco di decenni fa), senza molto successo. In S4 l’episodio USS Callister fa incetta di premi Emmy (ben quattro). S5 (2019) è oltremodo deludente. Di S6, che introduce addirittura elementi soprannaturali nella serie, si salvano Joan is Awful (Joan è terribile) e Beyond the Sea. Sull’esistenza diventata show in diretta la prima. La seconda invece sulla trasposizione della propria coscienza in un androide, restando a milioni di chilometri di distanza. Trattasi infatti di due astronauti che in tal modo riescono a passare del tempo con le proprie famiglie…
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