Big Mäck – Gangster und Gold (Netflix, 2023) è un documentario biografico true-crime della durata di 90 minuti, incentrato su un incredibile caso giudiziario tedesco.
Norimberga, 1991: una banca viene rapinata da un uomo molto alto e vistosamente sovrappeso. Il criminale, arrivato alla banca in taxi, dalla banca appena rapinata scappa con lo stesso taxi, minacciando l’autista con la pistola affinché prenda strade contromano o passi con il rosso. Di questo sfrontato e massiccio criminale si perdono le tracce. Le telecamere della banca lo hanno però immortalato e la sua immagine – invero un po’ confusa tra gli occhiali da sole e la risoluzione sgranata di quel tempo – viene diffusa ovunque in Germania.
Donald Stellwag, un uomo molto alto e vistosamente sovrappeso, si presenta presso uno studio legale di Francoforte. Somiglia moltissimo al ferma-immagine del rapinatore in questione. Ma afferma di essere assolutamente innocente, di avere un alibi, e di voler risolvere al più presto la questione con le autorità. Ciò che segue è però il suo riconoscimento da parte di ben 16 testimoni tra bancari e clienti, cassiera e tassista comprese. Stellwag viene messo in custodia cautelare. Ovverosia – Donald finisce in carcere per due anni in attesa di processo.
Nonostante le testimonianze – che lo collocano a centinaia di chilometri di distanza – e nonostante le impronte digitali lasciate dal rapinatore sul taxi non combacino, cruciale diviene la perizia di un esperto che confronta la foto del rapinatore con foto di Donald appositamente scattate nelle stesse pose. Secondo l’esperto la forma dell’orecchio è come un’impronta digitale, e in questo caso la forma è sicuramente la stessa.
In totale isolamento – una storia ipotetica
Donald Stellwag viene condannato a 9 anni di carcere. “Talvolta la vita è più pazza dei film di Hollywood” dice una voce fuori campo all’inizio di Big Mäck – Gangster und Gold. “Ora vi racconterò una storia del tutto ipotetica” dice un uomo dall’aria molto malata. Quasi cieco, con i denti marci, e talmente obeso da dover rimanere steso su un divano per tutta la durata dell’intervista: è Donald Stellwag oggi.
Ironico, brillante e sornione, racconta il suo periodo di detenzione come un inferno fisico e psicologico, passato in totale isolamento. Senza nessuno con cui parlare e con una sola ora d’aria al giorno: questo per non aver mai accettato di dichiararsi colpevole. Donald Stellwag è Big Mäck. Così in prigione venne affettuosamente ribattezzato da un compagno.
E l’isolamento? Pausa.
Perché questa storia è incredibile? Scontata la sua pena e uscito di prigione nel 2001, verrà poco dopo trovato il vero colpevole della rapina di Norimberga – un uomo dalle fattezze assai simili, orecchio compreso, e dalle impronte digitali perfettamente corrispondenti a quelle rinvenute sul taxi 10 anni prima.
Donald diventa da subito un habitué di talk show et similia, presto conosciuto da tutta la Germania come emblematica vittima di un errore del sistema giudiziario. Al di là del risarcimento, piuttosto risibile, offertogli dallo stato, Big Mäck farà causa al cosiddetto esperto perito, vincendola e incassando 150.000 euro. Dalle numerose comparsate televisive otterrà invece un grande guadagno attraverso la pubblicità occulta (indossando t-shirt o cappellini) di una marca di birra bavarese. Tanti soldi da riuscire a rimettersi brillantemente in affari, commerciando orologi di marca, diamanti – e oro. Tanto da rilevare una miniera in Ghana per estrarre in proprio il prezioso metallo.
Big Mäck – Gangster und Gold: la rapina dell’oro
Le cose sembrano andare bene. Almeno fino a quando, nel 2009, non avviene una clamorosa rapina: un furgone che trasportava due quintali tra oro e gioielli (per il valore di 1.800.000 euro) viene fermato da alcuni finti poliziotti, che sequestrano il veicolo. E soprattutto il suo carico. I rapinatori vengono però presto individuati: per quanto anche questo possa sembrare incredibile, si tratta di una crew tedesca gangster rap di origine curda, guidata dal controverso Xatar.
Durante il processo, Xatar punterà il dito contro Donald Stellwag: sarebbe stato lui l’ideatore dell’intera operazione. Ma le precarie condizioni fisiche rendono Big Mäck non idoneo al carcere e nemmeno a subire un processo. Senza dimenticare il fatidico errore giudiziario di 20 anni prima, che farà sì che Donald – proclamatosi ancora innocente – non venga nemmeno messo in stato di accusa. Solo che questa volta l’uomo è con ogni evidenza colpevole.
Non solo un incontro tra Big Mäck e Xatar è avvenuto una settimana prima del colpo, ma è altresì accertato che durante l’incontro sia stato visitato il sito internet dell’azienda da cui il furgone dell’oro proveniva. Inoltre Stellwag era in confidenza con un impiegato della suddetta azienda, che gli aveva più o meno innocentemente rivelato orari e percorso del trasporto dei preziosi…
Sarebbe a dire che la prima volta Big Mäck ha pagato per un crimine che non aveva commesso, la seconda non ha pagato per un crimine ipoteticamente commesso…
Ora vi racconterò una storia del tutto ipotetica… Talvolta la vita è più pazza dei film di Hollywood.
Donald ‘Drucker’ Stellwag
Donald racconta una storia esasperatamente strappalacrime: la storia della sua vita.
Rimasto orfano in tenera età, cresciuto con i nonni, emarginato dai suoi compaesani bavaresi perché figlio bastardo di un soldato americano… Trasferitosi a Francoforte verso i 20 anni, gli viene diagnosticato un tumore al cervello. Anzi due. Gli vengono diagnosticati ben due tumori al cervello. Convinto di dover morire assai presto, senza più niente da perdere, diventa eroinomane e si dà a piccole e meno piccole truffe d’ogni sorta, diventando anche strozzino e spacciatore.
Fino alla caduta del muro di Berlino, dopo la quale diviene un ‘Drucker’ – ovvero un venditore porta a porta di abbonamenti, costosi e di lunga durata – per riviste di ogni tipo, proposti alla popolazione dell’Est assieme ad inverosimili storie ad alto tasso di emotività.
Quel che si dice eufemisticamente una tecnica di vendita aggressiva, che fa presa soprattutto su anziani di buon cuore e sprovvedute casalinghe. E Big Mäck è talmente bravo da guidare egli stesso un intero manipolo di Drucker. In effetti si trovava assieme a questi, in tutt’altra città, mentre veniva rapinata la banca di Norimberga nel ’91. Ma la testimonianza di questi malfamati personaggi – il suo alibi – non giocò allora, del tutto comprensibilmente, in suo favore.
Nella seconda parte di Big Mäck – Gangster und Gold inizia a venire fuori un’altra versione di Donald. Un Donald bugiardo, affabulatore, manipolatore, cinico, criminale… Non solo diversi suoi conoscenti lo dipingono come tale, e non solo gli stessi fatti risultano assai diversi dalla sua narrazione: è lo stesso Big Mäck a contraddirsi più di una volta. Sempre e comunque con un malizioso sorriso sdentato.
Realtà e finzione in Big Mäck – Gangster und Gold
Non è vero sia stato emarginato nella sua infanzia bavarese. In una foto d’epoca posa sorridente con la sua tenuta da portiere assieme al resto dei suoi compagni, nella squadra di calcio del paese. Né è vero sia stato in isolamento in carcere. Era stato semplicemente messo in infermeria a causa delle sue precarie condizioni di salute. Ed è proprio un suo compagno a raccontare candidamente il mercato illegale da loro messo in piedi in galera… Un mercato che consentiva a Donald di procurarsi merce di ogni tipo, alleviando la sua condizione di detenuto, e facendosi ben volere da tutti gli altri detenuti, presso cui divenne presto assai popolare.
Per quanto riguarda invece il famoso processo in seguito alla rapina in banca, Big Mäck era in quella stessa sede accusato anche di frode ed estorsione. Accuse a parte, per così dire, per le quali fu dichiarato – in questo caso con molte più prove a suo carico – colpevole.
Come il suo avvocato dice, in modo molto lucido: è impossibile distinguere realtà e finzione in Donald Stellwag. In lui tutto, a partire ovviamente dalla stazza, è esagerato. Non sempre in malafede. Big Mäck è semplicemente fatto così. La sua stessa storia è fatta così.
Al tempo della sconvolgente rivelazione riguardo la sua ingiusta detenzione, Stellwag passò un lungo periodo da protagonista mediatico. Radio, giornali e televisione lo corteggiavano a più non posso: il suo incredibile caso faceva un’altrettanto incredibile audience.
Big Mäck, abile venditore, sapeva che talvolta la verità va leggermente corretta ai fini di una narrazione ottimale. Correzioni che divennero via via sempre più frequenti e colorite, tanto che il suo stesso avvocato prese ad accompagnarlo durante le interviste e le comparsate televisive, con il preciso intento di evitare al suo cliente di spararle troppo grosse…
Un mitico mitomane
Mentre ora Donald Stellwag vive forzatamente disteso su un enorme divano, accudito per sua immensa fortuna da un amico, l’ex socio in affari Frank Vogel – suo contatto del tempo in Ghana. Subito dopo aver pianto, per così dire, il morto, lamentando la condizione di indigenza in cui è costretto a vivere, risponde al telefono e discute con qualcuno, in maniera allegra e animata, di un ordine da mille bottiglie di Dom Pérignon…
Questo è Big Mäck, di Big Mäck – Gangster und Gold. Un personaggio. Un venditore. Un truffatore. Un mitomane. Un poveraccio. E un mito. Anche una straordinaria eccezione: un criminale condannato per qualcosa che non ha fatto e tuttora libero nonostante il crimine che ha palesemente compiuto – per tacere degli altri di cui non si sa. E “su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere” (citazione quantomeno impropria, ma squisitamente efficace, dal Tractatus di Wittgenstein).
Eppure Big Mäck parla eccome, e non smette di parlare, nonostante sia costretto dalla decadenza fisica a raccontare la sua storia da una posizione orizzontale. Il suo è un amore vero e genuino per telecamere e riflettori. Del resto, Big Mäck – Gangster und Gold è il racconto di una storia del tutto ipotetica. La storia di un simpatico e pittoresco farabutto. Che prima sconta una sorta di pena forfettaria per una rapina in banca che non ha commesso. Pena in virtù della quale si sente in un secondo momento libero di far rapinare due quintali d’oro ad una gang curda di rapper fuorilegge… Proprio vero: talvolta la vita è più pazza dei film di Hollywood.
Postilla a Big Mäck – Gangster und Gold
Post – nel 2015 un uomo d’affari svizzero accusa Stellwag di averlo truffato per la somma di 300.000 euro, promettendogli prodotti che non avrebbe poi spedito. Donald, che afferma ancora una volta la propria innocenza, riesce comunque a sparire nel nulla sottraendosi alle autorità tedesche. Le quali, viste le sue condizioni di salute ulteriormente aggravatesi, decidono ancora una volta di archiviare il caso.
Così Big Mäck riappare magicamente – sembra abbia vissuto e forse tuttora viva dalle parti di Roma – e decide, dopo essersi negato negli ultimi anni ai giornalisti tedeschi, di raccontare tutta la sua pazzesca e ipotetica storia in un documentario prodotto da Netflix: Big Mäck – Gangster und Gold.
Un documentario di genere true crime – un genere che va tantissimo negli ultimi anni, soprattutto nell’ambito dei documentari. E per una ragione ben precisa: talvolta la realtà è semplicemente ineguagliabile. Come nella storia di Big Mäck, una storia che si è scritta letteralmente da sé. Non c’è sceneggiatore che possa arrivare a queste vette dell’assurdo: non sono concepibili. Anzi, a ben rifletterci, le trame di serie e film di genere crime sono spesso ripetitive, proprio perché si rifanno ad alcune collaudate strutture narrative.
Strutture che l’esistenza ignora bellamente, rimettendo ogni volta in gioco, con le sue storie ispirate a fatti realmente avvenuti, tutta la misteriosa ambiguità morale dell’essere umano.
Ambiguità perfettamente e generosamente incarnata dal protagonista di Big Mäck – Gangster und Gold. Una simpatica canaglia che ha trasformato i suoi dieci anni di ingiusta detenzione in un biglietto ‘esci gratis di prigione’ per il resto della sua vita…
Chapeau, no?
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