Una (bella) occasione mancata. Che speriamo possa migliorare. Barbari (Barbaren) è una serie tedesca, creata da Andreas Heckmann, Arnie Nolting e Jan Martin Scharf, prodotta e distribuita da Netflix. La prima stagione (6 episodi) è uscita a ottobre 2020.
Di che parla? Parla delle tribù germaniche, che i romani chiamano “barbari”, e della loro reazione all’avanzata ostile delle legioni guidate da Publio Quintilio Varo, nel 9 d.C.. Dapprima divise e in litigio, le tribù troveranno una ragione per unirsi nell’odio per il brutale invasore.
A ispirarle, alcuni giovani eroi: Thusnelda, guerriera e finta profetessa, figlia del leader dei Cherusci, Segestes; il suo coraggioso amante, Folkwin; e infine Arminio, loro amico d’infanzia, preso come ostaggio da bambino e cresciuto a Roma proprio da Varo. Arminio, divenuto ufficiale delle truppe imperiali, riabbraccerà le proprie radici germaniche, costruirà l’alleanza delle tribù barbariche e sconfiggerà le legioni romane.
Basata su una Storia vera.
Non è uno spoiler: è la storia che si studia a scuola. La battaglia della foresta di Teutoburgo, nella Bassa Sassonia, anche nota come “disfatta di Varo”, fu una delle pagine più nere della storia militare romana: in un sol giorno furono perdute tre intere legioni. E reali sono i personaggi, compresi i protagonisti; reali i nomi; reali le tribù e i luoghi; reale il voltafaccia di Arminio – tradimento per i romani, riscatto per i germanici.
Reali, più o meno, sono persino le lingue, con i romani che parlano sempre in latino e i secondi in tedesco (un tedesco moderno, ma vabbé). E persino il focus drammaturgico non è insensato, con la scelta di rovesciare le simpatie tra romani e barbari, facendo dei secondi e del loro punto di vista i protagonisti positivi: a un po’ di italiani non andrà giù, come si è visto in una raffica di commenti online derisori nei confronti dei germanici e improntati a un malinteso revanscismo “imperiale”, ma la tendenza dei popoli di lingua tedesca a osservare la storia secondo una angolazione diversa dalla nostra esiste, comprensibilmente, da secoli. Anche in storiografia.
Barbari: non una disfatta, ma un’occasione perduta
Eppure, Barbari è un’occasione perduta. E non certo per limiti produttivi: fotografia, costumi, ambientazione, scene di massa funzionano, e bene. I problemi, pesanti, sono in scrittura: una serie di storie potenzialmente fascinose si sfilaccia in relazioni schematiche, dialoghi imbarazzanti, caratteri tanto psicologicamente piatti da divenire caricaturali, una pesantissima retorica libertaria che fa rimpiangere per sobrietà Braveheart.
Finendo per far sembrare implausibili vicende che pure sono, storicamente, accadute: un bel paradosso! La seconda stagione, annunciata, porterà il riscatto anche qualitativo – oltre che storico – di questi Barbari?
Giudizio: occasione (storica) persa.
Una versione precedente di questo articolo è stata pubblicata il 1 novembre 2020 su The Week, settimanale del gruppo editoriale Athesis.