Del Canada abbiamo questa idea un po’ amena, pacifica, da cartolina. Sciroppo d’acero, renne, una popolazione gentile, una vita semplice, tutti che lasciano la porta di casa aperta, un premier giovane e belloccio e idealista, candido come la neve che del Paese nordamericano è uno dei simboli.
Bad Blood, piccola serie canadese, mostra un altro volto del vicino settentrionale degli USA: un volto feroce e sanguinario. Ed è un po’ uno shock, anche perché si ispira a una storia verissima e recente. Quella della famiglia Rizzuto, chiare origini italiane, che dal porto di Montréal governa con metodi mafiosi traffici illeciti d’ogni sorta, portando corruzione e violenza ad ogni livello della città del Quebec.
Protagonisti due attori visti in mille ruoli al cinema e in tv. Anthony LaPaglia, qui in una performance sorprendentemente piatta e inespressiva, tanto da farne sospettare una indecifrabile intenzionalità. E soprattutto Kim Coates, già “Tig” nella cruenta e fortunata saga di Sons of Anarchy, capace come pochi di far coesistere spietatezza e malinconia nei suoi quasi ultraterreni occhi blu, da marinaio sulla terraferma.
Solida, intrigante, del tutto guardabile, persino curiosa. Ma, va detto, c’è tanto altro da vedere in tv prima di concedersi le 14 puntate che, spalmate su due stagioni, hanno costituito lo sviluppo di Bad Blood. Di altro avviso la critica canadese, che ha incensato e premiato la serie.
Giudizio: Trascurabile
Una versione precedente di questo articolo è stata pubblicata il 18 febbraio 2019 su The Week, settimanale del gruppo editoriale Athesis.