La creatura di Gyeongseong (Gyeongseong Creature) è una serie sudcoreana (Netflix, 2023-24) in due stagioni, rispettivamente di 10 e di 7 episodi da 1h l’uno. Stranamente la prima stagione, uscita in due parti tra il dicembre 2023 (i primi 7 episodi) e il gennaio 2024 (gli ultimi tre) è assai differente, per stile e contenuti, alla seconda, uscita a dicembre 2024. Entrambe sono ambientate a Seoul, capitale della Corea del Sud. O quasi, visto che la prima si svolge nel 1945, durante l’occupazione giapponese della Corea: Gyeongseong è uno degli antichi nomi con cui era conosciuta allora la città. La seconda sposta, con uno straniante salto temporale, il racconto ai nostri giorni.
Le produzioni cinematografico-seriali della Corea del Sud hanno ormai poco o niente da invidiare a quelle americane. Da cui hanno tratto ogni lezione possibile, pur mantenendosi fedeli a certe loro componenti caratteristiche, come ad esempio il peculiare stile recitativo. Solo nel 2023 Netflix ha prodotto o acquisito 34 titoli coreani tra serie (Black Knight, Zombieverse) e film (Unlocked, Believer 2) – a cui ci si riferisce con l’appellativo di K-drama. Che sempre più spesso rappresentano un’ottima alternativa alle produzioni occidentali presenti sul mercato.
La creatura di Gyeongseong vede la partecipazione di molte personalità di prim’ordine nel panorama coreano: a partire dall’autrice Kang Eun-kyung (Dr. Romantic) e dal rinomato compositore Kim Tae-seong (La Giudice) che ha scritto e diretto le musiche. I protagonisti sono l’attore e cantante Park Seo-joon (Parasite, The Marvels) e la modella Han So-hee (My Name, Nevertheless). Vi sono inoltre Claudia Kim (Avengers: Age of Ultron, Animali Fantastici – I Crimini di Grindelwald) e Wi Ha-Joon (Squid Game).
Tra l’occultismo nazista e Stranger Things
La particolarità di questo appassionante K-drama non è solo nella strana metamorfosi che avviene tra la prima e la seconda stagione. Già nei primi dieci episodi si trova una miscela di generi assolutamente inedita, che contempla il dramma storico, l’horror, lo spy-thriller, il romanzo di formazione e la classica commedia romantica. Quest’ultima potrebbe anzi essere messa al centro della trama (soprattutto in S2), così come la metafora sulla discriminazione vissuta dal popolo coreano ad opera del colonialismo giapponese. Senza dimenticare la basilare e stratificata componente orrorifica, che richiama sia le storie legate all’occultismo nazista sia il mondo di Stranger Things.
La creatura di Gyeongseong si riferisce al terribile e possente mostro, nato dagli esperimenti criminali condotti dagli scienziati dell’Impero del Sol Levante sulle inermi donne coreane. Questa mostruosa creatura di stampo lovecraftiano sfoga la propria sofferenza attraverso una cieca e spietata violenza omicida. Ad affrontarlo, la strana coppia formata dai giovani protagonisti: Jang Tae-sang (Park Seo-joon), il cinico e carismatico proprietario del banco dei pegni più redditizio della città, e la prestante e battagliera Yoon Chae-ok (Han So-hee), segugio specializzato nella ricerca di persone scomparse.
Non manca quindi nemmeno la componente d’azione, anzi la serie scorre piacevolmente tra calci, esplosioni e pugni. “Sono stata troppo ambiziosa nel girare da sola le coreografie più pericolose e mi sono ferita” ha dichiarato la protagonista femminile. Con lo sviluppo della trama emerge poi anche l’elemento politico, legato alla resistenza e alla rivolta del popolo coreano. Le vicende personali dei protagonisti si intrecciano al contesto storico dell’epoca.
Metamorfosi e doppio rovesciato ne La creatura di Gyeongseong
Questa giustapposizione tra la sfera storico-politica e l’horror mistery si rispecchia anche nelle principali ambientazioni. In superficie vi è la colonia-capitale piena di vita e colori; nel sottosuolo le oscure e cupe segrete che nascondono i terribili esperimenti, nonché lo stesso mostro. Ne La creatura di Gyeongseong risaltano magnificamente scene, costumi, coreografie di massa e interni. Si vede bene che non si è badato a spese. Ogni aspetto visivo – e sonoro, va da sé – è stato curato fin nel minimo dettaglio. Sotto l’apparente vitalità urbana serpeggia poi il malcontento popolare, reso evidente dagli sguardi bassi al passaggio degli invasori. Così come cova anche la ribellione, nei gesti d’intesa e nei veloci e loschi traffici compiuti di nascosto. Ogni realtà contiene quindi il proprio doppio rovesciato.
La fotografia, sfarzosa e ricercata al contempo, si sofferma sulla fastosa opulenza de la Casa del Tesoro d’Oro, il banco dei pegni di Tae-sang, e sugli eleganti kimono giapponesi indossati da Lady Maeda per la cerimonia del thè. Tutto questo contrasta vivacemente con le buie e squallide segrete inghiottite dalle viscere dell’ospedale di OngSeong. Ed è ancora il doppio rovesciato. Un tema, assieme a quello della metamorfosi, assolutamente centrale.
Jang Tae-sang si toglie la maschera di indifferente antieroe per incarnare nobilmente la lotta e il sacrificio contro gli oppressori. Il mostro svela le sue strazianti e sofferte origini, che gli conferiscono un’inaspettata tensione emotiva. Le segrete che nascondono i laboratori scientifici si trovano, per l’appunto, sotto un ospedale. L’algida bellezza di Lady Maeda, la donna giapponese più ricca e potente di Gyeonseong, nasconde una terrificante natura. La ricerca dell’arma definitiva per decidere le sorti della guerra si trasforma in un diabolica utopia evolutiva. E lo spiazzante finale della prima stagione cambia nuovamente tutte le carte in tavola, rendendo praticamente obbligatoria la visione della seconda parte.
La seconda stagione
La stagione 2, così diversa dalla precedente, ha avuto per alcuni il potere di eclissare la prima. Del tipo: cominciate da qui e guardate S1 come fosse un semplice prequel. Per altri, invece, S2 sembra più uno spin off che un seguito. In rari casi – come per il sottoscritto – il godimento, se c’è stato, era assolutamente paritario. La sinossi di Netflix dice: “ambientata a Seul nel 2024 […] mette in luce i legami infiniti che il destino intreccia nel bene e nel male a Gyeongseong”.
L’evoluzione di S2 richiama alla mente saghe come Blade e Underworld ma, soprattutto, la serie The Strain (a cui abbiamo dedicato anche un podcast). Ora comunque non si tratta più di esperimenti alla cieca condotti nei sotterranei di un ospedale, bensì di una capillare produzione in massa del ‘Najin’ – il virus trasformativo ora isolato – condotta in segreto da una grande azienda biotech. L’idea di una multinazionale farmaceutica rende la minaccia biologica molto più tangibile e reale.
In questa atmosfera decisamente dark e metropolitana, ritroviamo praticamente intatti i principali protagonisti, a distanza di quasi 80 anni. L’effetto iniziale è a dir poco straniante. L’immortalità (o quasi) è infatti uno dei molteplici effetti dell’assunzione del Najin. Con tutte le varianti connesse alla modalità di innesto nel corpo umano, alla resistenza, all’età. E all’aggiunta di un’iniezione di un particolare siero a base di antracite… Tae-sang sembra però essere un’altra persona. Questo permette di far incontrare nuovamente ‘per la prima volta’ i due giovani innamorati. Lei lo ha cercato per tantissimi anni. Ma ora che finalmente l’ha ritrovato, lui non ricorda più chi è e chi è stato. Non è più lui… e ha una strana cicatrice sul collo.
La seconda volta de La creatura di Geonsyeong
Nel presente il dramma sentimentale, caratteristico di tante produzioni coreane, prende il sopravvento sul tema sociopolitico (la Corea del Sud è infatti da tempo libera dall’oppressione giapponese). Senza però diventare stucchevole o scontato. Anche se Tae-sang e Chae-ok ricoprono i ruoli tipici del K-drama romantico. Ovvero due individui inizialmente tra loro ostili, destinati ad innamorarsi l’uno dell’altra.
Il loro primo incontro, in S1 e in S2, avviene sotto il segno di un fantastico scontro corpo a corpo, pura coreografia danzante. Addirittura si svolgono più o meno nello stesso luogo. Torneranno anche altri déjà vu. Intatti, come le prigioni sotterranee, o trasformati, come la Casa del Tesoro d’Oro. In fondo si tratta della stessa storia, raccontata da capo in chiave moderna. A partire dal loro incontro-scontro, fino al destino comune di combattere gli stessi nemici e proteggersi reciprocamente. A costo della propria vita.
Tra feroci scontri contro il nemico e rari momenti di romantica vulnerabilità, il loro tragico legame diviene la costante di questo horror che profuma di fiori di ciliegio. I due amanti che si riuniscono dopo quasi un secolo, mentre nel frattempo la vita ha cercato di trasformarli in mostri – e in parte vi è anche riuscita – è a suo modo poetico e straziante.
Scontri sovrumani e buio metafisico
In generale, le scene di lotta e combattimento sono ancora più avvincenti in questa seconda parte. Il mostro di S1 compare raramente, mentre il nemico ora dispone di svariate orde di ninja vampireschi. Il Najin incide poi non poco sulle abilità combattive, donando forza fisica e velocità di movimento sovrumane. Ad ogni modo, la propensione a cimentarsi a livello atletico e marziale dell’intero cast è conditio sine qua non per uno show come La creatura di Gyeongseong. La serie – S2 in particolare – è infatti piena di fughe, incursioni, scontri e duelli vari.
Tutto avviene in claustrofobici e cupi interni oppure in esterni spettrali, sempre di notte. Ogni accenno di luce sembra annullato da un’oscurità che pervade lo stesso tessuto drammaturgico della storia. Addirittura i costumi sono tutti neri. in questo buio, per così dire, accecante, l’acciaio, il vetro e il cemento costituiscono una scenografia ancora più convincente per lo svolgersi di questo particolare K-horror.
La morte sembra qui nascondersi dietro ogni angolo. Ma non è la morte a fare paura, bensì l’idea di aver sprecato la propria esistenza, come ribadisce Chae-ok mentre la sua vita è appesa a un filo. “Le persone scelgono per quali ideali vivere la loro vita e allo stesso modo decidono per quali ideali morire. La cosa che mi spaventa di più non è la morte, ma l’essere abbandonati a sé stessi senza poter morire.”
La fine de La creatura di Gyeongseong?
L’infida e crudele risposta di Lady Maeda, avvelenata dalla gelosia e dalla vendicativa volontà di separare per sempre i due innamorati, non si farà attendere. “Davvero tutte le vite umane hanno la stessa importanza? Se fossimo costretti a scegliere tra la vita della persona più cara e quella di altri, potendone salvare soltanto una chi sceglieremmo in tal caso?” Salvare il proprio amore così faticosamente ritrovato? Oppure l’inerme popolazione della capitale? Molti è più di uno? Oppure, come diceva Eraclito, uno è diecimila se per me vale? Lo stesso quesito, nella cinematografia occidentale, venne ad esempio affrontato da Spiderman (in origine nel fumetto) e in seguito aggiornato da Neo in Matrix Reloaded.
La Creatura di Gyeongseong parla “del fascismo pervasivo che continua ancora oggi. La storia esplora come la violenza e il potere soggioghino i deboli, come il sacrificio sia falsamente giustificato per un ‘bene superiore’ e come la normalizzazione di tale sacrificio possa trasformare chiunque in un mostro” – dice l’autrice. “Volevo incoraggiare il pubblico a riflettere su ciò che non dovrebbe mai essere dimenticato e sul perché ricordare è così importante”.
La conclusione di questa romantica, combattuta e orrorifica seconda stagione non è uno scontato lieto fine, così come non lo era stato il finale di S1. Entrambi i finali hanno però a che fare con la caduta dei fiori di ciliegio, magico momento di rara bellezza. Entrambi poi sono e non sono la fine compiuta della storia de La creatura di Gyeongseong… (continua?)
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