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Westworld: dove tutto (forse troppo) è concesso | Nuovi classici
Westworld, podcast ! Puntata a cura di Jacopo Bulgarini d’Elci e Livio Pacella.
C’è un punto in cui la fantasia narrativa, il coraggio visionario nel creare storie complesse e vertiginose, diventa semplicemente too much? Se sì, si tratta probabilmente di quello superato da Westworld – dove tutto è concesso, serie fantascientifica e western distopico, (HBO 2016-22) in quattro stagioni e 36 episodi. Creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy (Person of Interest, Fallout), la serie è ispirata al film omonimo del 1973 diretto da Michael Crichton. Westworld, di cui abbiamo scritto qui, è stata acclamata per le sue performance visionarie, l’audacia narrativa e i temi filosofici trattati, vincendo 9 Emmy su 54 nomination.
Siamo nel 2050, all’interno di un gigantesco parco a tema futuristico popolato da androidi (host), programmati per servire gli ospiti umani (guest). Il tema è il Far West, e al prezzo di 40.000$ al giorno chiunque può avventurarsi in questo mondo, facendo quello che più desidera – stupro e omicidio compresi. Ma alcuni host, tra cui Dolores (Evan Rachel Wood) e Maeve (Thandiwe Newton), iniziano a sviluppare coscienza a causa di un particolare aggiornamento attuato dal co-creatore del parco, il Dr. Robert Ford (Anthony Hopkins). Dalla coscienza alla ribellione, il passo è breve. Gli androidi contravvengono allora al loro primo comandamento: mai fare del male agli esseri umani…
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Temi (ed eccessi) di una serie fascinosa e complessa
Questa brevissima trama (meglio elaborata nel podcast), che fa subito comprendere la complessità della storia, si riferisce però soltanto alla prima stagione di Westworld. Nelle tre successive, le cose si complicheranno come mai si era visto prima. Forse addirittura eccessivamente. Gli androidi ribelli trovano il modo di entrare nel mondo reale. Un mondo dominato da una AI che decide destino e destinazione d’uso di ogni persona. A seconda della sua indole, e della sua propensione ad essere un membro produttivo della società. Lo scontro finale tra umani e androidi deciderà le sorti di entrambe i gruppi.
La serie esplora temi complessi, tra cui la nascita della coscienza, l’intelligenza artificiale, e i confini tra umanità e tecnologia. La coscienza degli androidi è presentata come una metafora dello sviluppo della coscienza umana, con forti riferimenti a teorie psicologiche, filosofiche e scientifiche. Westworld indaga inoltre il libero arbitrio, la natura della realtà e la moralità delle creazioni tecnologiche, ponendo domande profonde su cosa significhi essere vivi e avere un’anima. Il parco diventa un laboratorio per esperimenti filosofici sulla natura del potere e del controllo, e i conflitti etici emergono continuamente mentre gli host sviluppano autocoscienza.
La domanda del podcast: c’è un confine che Westworld ha superato?
Nel podcast diremo anche di come la prima stagione di Westworld abbia ricevuto critiche entusiastiche per la sua narrazione intricata, le performance degli attori (in particolare Anthony Hopkins, Evan Rachel Wood e Thandiwe Newton) e i suoi temi profondi. Con molti critici che definirono la serie un’innovativa evoluzione della fantascienza televisiva. Tuttavia, le stagioni successive hanno visto un calo di gradimento, con critiche rivolte alla complessità della trama, la quale è stata percepita come troppo opaca e confusa.
Nonostante ciò, Westworld è stata lodata per il suo ambizioso tentativo di combinare spettacolo visivo e riflessioni filosofiche, e ha mantenuto un pubblico fedele fino alla sua conclusione. Esiste allora un limite? Un confine alla complessità narrativa delle storie che creiamo?
Westworld – questo forse il senso della discussione che trovate nel podcast – ci mostra in un certo senso sia come quel confine sia superabile, in modo anche eccitante e visionario; sia, in fondo, perché quello stesso confine abbia senso – e non dovrebbe essere superato.
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