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L’attacco dei giganti e l’insopprimibile fascino dell’orrido | Animazione
L’attacco dei giganti, podcast | Puntata a cura di Untimoteo.
Giunto a conclusione a dieci anni dalla sua prima messa in onda, L’attacco dei giganti (presente in parte su Netflix, Prime Video, Vvvvid e completo su Crunchyroll) è uno dei franchise di maggior successo della cultura popolare giapponese di questi ultimi dieci anni.
Dalla comparsa del manga nel 2009 e poi dell’anime nel 2013, Shingeki no kyojin – Attack on Titan (noto anche con l’acronimo AOT) mescola horror, eroismo, critica storica e politica. Sfondando le mura del successo nazionale per imporsi come best seller a livello mondiale. Sconfinando nei videogiochi, nel collezionismo, tra i cosplayer, fino a ritrovarsi dedicate intere linee di abbigliamento.
“Animazione” è il format del podcast di Mondoserie dedicato alle diverse scuole ed espressioni del genere, dall’Oriente alla scena europea e americana.
Un passato alternativo, una guerra secolare
La storia de L’attacco dei giganti prende le mosse in un passato alternativo. L’umanità pare essere ridotta a poche centinaia di migliaia di esemplari rinchiusi in un vasto territorio a sua volta protetto da tre cerchie di mura concentriche. Fuori dalle mura vi è solo l’ignoto e il sicuro pericolo rappresentato da centinaia di esseri mastodontici animati da un inarrestabile desiderio di divorare gli umani.
Sebbene segregata, la razza umana ha vissuto negli ultimi cento anni un periodo di relativa pace e prosperità. Finché un giorno un misterioso colosso – dalla statura decine di volte maggiore rispetto a quanto visto finora – sfonda le mura difensive permettendo l’invasione delle città da parte di centinaia di terribili titani antropofagi.
All’indomani della strage, l’umanità sopravvissuta si riorganizza per riconquistare i territori perduti e per comprendere il mistero che si cela dietro a questi attacchi. Tra loro il giovane Eren Jaeger, che, dopo aver visto la propria casa distrutta e la madre divorata viva dai giganti, giura vendetta nei confronti dei mostri cannibali.
Ad accompagnarlo in questo viaggio gli amici di sempre Mikasa e Armin, che si uniscono al Corpo di Ricerca dell’esercito per comprendere cosa sia veramente rimasto dell’umanità di un tempo.
L’attacco dei giganti: il fascino dell’orrido in un mix vincente di generi
L’opera di Hajime Isayama, come i suoi Titani protagonisti, è stata inarrestabile e insaziabile, conquistando pubblico e critica. Probabilmente grazie alla sua struttura sghemba, incerta, perturbante.
L’attacco dei giganti infatti seduce colpendo allo stomaco, e poi trattiene lo spettatore con uno sviluppo che cresce col tempo. Ma non è esente da difetti. Anzi potremmo dire, paradossalmente, che la cifra stilistica di questo lavoro sta proprio nel suo essere profondamente sgraziato, brutto, grottesco, qualche volta prolisso e altre volte precipitoso. Eppure emana un fascino inspiegabile. E può essere considerato come un prodotto spartiacque per la narrativa a fumetti e per l’animazione nipponica, che ha contribuito a portare definitivamente l’horror nel mainstream.
Ossa, tendini e carni straziate abbondano in ogni episodio, come contorno al terrore puro provato da protagonisti tutt’altro che eroici. La serie è zeppa di personaggi memorabili che, pure, esprimono la loro impotenza e frustrazione di fronte a un nemico che non sono in grado di fronteggiare alla pari.
Ma oltre al survival horror stile The Walking Dead e all’introspezione psicologica emergono, nel corso delle stagioni, richiami alla storia reale del Giappone, la critica sociale e storica verso la segregazione e le persecuzioni razziali e, persino, una interessante declinazione in chiave grottesca del genere “mecha” (quello dei robottoni, per intenderci).
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