The Alienist (L’Alienista) è una serie statunitense in due stagioni (18 episodi, TNT 2018-20), basata sull’omonimo best-seller del 1994 di Caleb Carr (qui nel ruolo di consulente narrativo) e attualmente disponibile su Netflix. Il progetto di trasposizione dai romanzi di Carr, su accordo tra Anonymous Content e Paramount Television, venne annunciato già nel 2015, con la direzione di Cary Fukunaga (True Detective). Verrà (purtroppo? comunque risucchiato dal progetto Maniac) sostituito da un team registico guidato da J. Verbruggen, rimanendo nelle esclusive vesti di produttore esecutivo.
All’inizio di ogni episodio: “Nel XIX° secolo, si riteneva che le persone sofferenti di malattie mentali fossero alienate dalla loro vera natura. Gli esperti che le studiavano erano pertanto noti come alienisti“. Il protagonista di questo dark thriller, ambientato in un’affascinante e tenebrosa New York a cavallo tra Otto e Novecento, è il dottor Laszlo Kreizler (Daniel Brühl) che – nel corso di una serie di omicidi ad alto tasso di coreografata brutalità – decide di proporsi / imporsi in chiave di consulente psichiatrico ante litteram al nuovo commissario di polizia (nonché ex compagno di studi) Theodore Roosevelt (Brian Geraghty): sì, si tratta proprio di quel T. Roosevelt.
Il neo commissario – già alle prese con la corruzione dilagante nel dipartimento – decide quindi, in modo molto lungimirante, scavalcando tradizioni e consuetudini, di avvalersi della consulenza di Kreizler. In quanto alienista, figura ancora a dir poco controversa, e dunque guardato da tutti con sospetto e diffidenza, gli viene richiesto / permesso di condurre un’indagine parallela. Libera da eventuali interferenze delle mele marce all’interno del corpo di polizia.
La compagnia de L’Alienista
Ad affiancare Laszlo in questa avventura, il suo inseparabile amico di vecchia data John Moore (Luke Evans) – impenitente viveur di buona famiglia e illustratore a tempo perso per il New York Times. Quando cioè non è perso tra alcool, prostitute o pericolose indagini condotte nei quartieri più malfamati per conto del dottore. Troverà il gentleman in questione il modo di maturare e raddrizzare moralmente la propria esistenza, in mezzo a tanta violenza, deboscia e decadenza?
Chiude il trio protagonista de L’Alienista la tenace e volitiva Sara Howard (Dakota Fanning), vecchia conoscenza di Moore e primo agente donna della polizia di New York, alle dirette dipendenze di Roosevelt nel ruolo di segretaria. Ad aiutare il suddetto trio vi sono gli audaci detective fratelli di origine ebraica Isaacson: Marcus (Douglas Smith) e Lucius (Matthew Shear), precursori della moderna medicina legale. In questa investigazione introducono l’innovativo e sperimentale rilevamento delle impronte digitali – altro esempio squisitamente ante litteram.
Ad ostacolare invece Kreizler e compagnia bella vi è il vecchio ex capo della polizia Thomas Byrnes (Ted Levine) – discusso personaggio realmente esistito – che ha il compito di proteggere le famiglie più abbienti e potenti della città, tentando in ogni modo di delegittimare e ridicolizzare i metodi d’indagine e ricerca del brillante e tormentato alienista.
In quanto scienziato della mente, il dottore non può non essere fatalmente attratto dalle deviazioni criminali del comportamento, soprattutto da quelle con le conseguenze più brutali ed efferate. Kreizler vuole dimostrare a tutti i costi la bontà delle sue teorie analitiche, anche se questo dovesse comportare un suo sprofondare nella stessa oscurità della mente criminale. Un sospetto, questo, che sempre più serpeggia tra amici e collaboratori, creando non poche occasioni di scontro e dissidi, soprattutto tra i tre.
S1: una New York di fine Ottocento…
La serie Mindhunter (cui abbiamo dedicato una puntata del podcast), ambientata ben più di 50 anni dopo, raccontava in modo profondo e dettagliato la nascita della tecnica del profiling all’interno del Federal Bureau. Va da sé che L’Alienista – che vorrebbe raccontare in modo fantasioso i primissimi fittizi passi in quella stessa direzione – dipinge giocoforza inverosimili archi narrativi, la cui funzione è di puro incanto e suggestione.
In altri termini: qui non hanno importanza la veridicità e nemmeno la verosimiglianza del racconto. Ciò che conta davvero è la fascinazione narrativa, capace di spingere questa storia in tante diverse diramazioni, più o meno profonde, più o meno in superficie.
Una New York di fine Ottocento (riprodotta interamente tra le vere strade di Budapest e negli studios – Korda Studios – ungheresi) al contempo cupa e lussuosa, curata fin nei minimi dettagli. Dagli interni delle abitazioni agli abiti indossati… Viziosi primogeniti ereditieri in visita al bordello preferito… Sontuosi palazzi con lunghe scalinate illuminate di opulenza… Poliziotti corrotti – o forse solo, bontà loro, usi al sistema… Vicoli impregnati di immondizia, povertà e odori schifosi… Magnati dell’editoria, incaricati di determinare cambiamenti di costume della morale corrente o di far esplodere guerre contro altre nazioni… Famiglie benestanti e altolocate con segreti da nascondere al resto della buona società…
In questa fumosa nebbia del 1896 si muove la compagnia del dottor Kreizler. Cercando di fermare l’efferato assassino di giovanissimi prostituti in vesti femminili, a cui vengono asportati gli occhi e orrendamente mutilate diverse parti del corpo – forse addirittura per essere divorate…
S2: L’Alienista – L’angelo delle tenebre
La seconda stagione, L’Alienista – L’angelo delle tenebre, è tratta dal successivo romanzo di Carr: The Angel of Darkness (1997). Il nostro trio di riferimento si ritrova, dopo le più o meno interessanti ed inverosimili evoluzioni di ciascuno (ad esempio Miss Howard ha nel frattempo aperto la prima agenzia di investigazione privata tutta al femminile), ad indagare assieme sul rapimento di un infante, figlio di un importante diplomatico spagnolo.
Sullo sfondo lo spettro di un conflitto ispano-americano, realmente aleggiato in quel periodo. Pare anche a causa di alcuni dubbi e faziosi articoli usciti sul New York Journal, posseduto dal magnate (che ispirò anche il Kane di Quarto Potere) William Randolph Hearst (interpretato da Matt Letscher). La cui figlioccia Violet, per complicare ancor di più la trama, è ora fidanzata a John Moore… E così, ne L’Alienista – L’angelo delle tenebre, all’indagine che vede questa volta Sara prevalere come protagonista rispetto a Laszlo, si affianca nei primi episodi la delicata e reale situazione geopolitica del tempo.
Presupposto potenzialmente interessante, non fosse che – svelato a metà serie il colpevole – la storia si sposta repentinamente su tutt’altri binari. La detective, il giornalista e l’alienista, oltre a dover ora cercare di prevedere ed anticipare le mosse della psicopatica personalità di turno, dovranno anche affrontare i loro intimi dilemmi: esistenziali, sentimentali, professionali…
Ma non per questo la storia perde mordente, anzi. Anche in questo caso, come nel precedente, mentre John e Sara si districano tra bassifondi malavitosi e scene d’azione, Laszlo continua a procedere con la sua discesa nei malati e morbosi meandri delle umane psicosi. Mescolando i primi passi della moderna psichiatria, lo studio delle varie parafilie e il vaghissimo vagito fine Ottocento del crime profiling.
Il contraltare del capitalismo
Ne L’Alienista viene dipinta una società in cui criminalità e dissolutezza sono il contraltare di sviluppo e ricchezza. E l’abominio seriale il contraltare del capitalismo industriale. L’atteggiamento illuminista del dottor Kreizler crede nella possibilità di comprendere l’origine del male così come si comprende la genesi di una malattia. Ma dovrà anche lui, come i suoi amici, scontrarsi contro quella che talvolta sembra essere l’ineludibile e pura insensatezza della malvagità umana…
E così Laszlo, Sara e John affrontano l’oscurità di questi enigmatici assassini senza volto e contemporaneamente l’oscurità dei loro stessi più o meno inconfessabili segreti. E la New York di fine XIX secolo affronta il terrore causato da questi mostri sanguinari e contemporaneamente il proprio disagio sociale, la povertà, la discriminazione e la corruzione.
L’atmosfera di questo show indulge spesso in una compiaciuta cupezza tra il gotico e l’horror, sapientemente miscelati tra scene, personaggi, dialoghi e situazioni. Tutto ha inevitabilmente il sapore della clandestinità: dalle indagini border line ai bordelli en travestì, dalle ossessioni professionali dell’alienista a quelle ben più macabre degli stessi alienati. Anche se a volte i confini tra i pensieri del dottore e i pensieri dei malati si fanno – o sembrano essere – assai labili…
L’Alienista e l’alienazione
La trama propriamente detta di questo thriller sui generis, che abbonda di concessioni storiche e licenze poetiche, è quasi un aspetto secondario nell’economia della narrazione. Una narrazione che si regge molto più sulla forma che sul contenuto: non è infatti la risoluzione del giallo – whodunit – la cosa più importante, quanto piuttosto tutto il viaggio compiuto all’interno di questo pittoresco e curatissimo mondo in costume.
Una meravigliosa New York a cavallo tra due secoli, piena di deliziosi dettagli, enigmatici caratteri e sontuose scenografie. Una versione della Grande Mela – questa de L’Alienista – che sembra essere in perenne e tumultuosa costruzione tra fango e ferro, acciaio e cavalli, postriboli e carrozze…
La cura maniacale riposta nella raffigurazione di questa sublimazione dell’America – nel pieno della sua crescita capitalista e al contempo condannata a generare i suoi primissimi emblematici mostri: i serial killer – coincide con la tormentata ricerca senza fine dei protagonisti di questa storia di fare luce, chiarezza e ordine in un mondo sempre più dominato dal caos e dall’anarchia morale.
Un mondo, quello della New York a cavallo tra XIX e XX secolo, che sembra aver necessariamente partorito, come conseguenza del progresso allora raggiunto, l’alienazione. Alienista e alienati compresi.
Abbiamo indagato l’origine cine-televisiva del serial killer qui