Una delle serie più potenti dell’anno, Pam & Tommy (Disney+), riproduce da vicino la storia del primo grande scandalo di Internet. Il sex-tape di Pamela Anderson e suo marito. I quali non sapevano bene cosa fosse esattamente internet.
Si tratta quindi di una storia vera, a quanto pare molto fedele (con alcune licenze, che vedremo sotto) a quello che è il resoconto più o meno ufficiale del fatti.
Nel 2014, infatti, venne pubblicato un denso articolo long-form su Rolling Stone, «Pam and Tommy: The Untold Story of the World’s Most Infamous Sex Tape». La serie è più o meno basata su questa inchiesta, in ispecie per quanto riguarda la definizione degli incredibili personaggi secondari della vicenda. Tra cui colui che effettivamente rubò la cassetta: l’elettricista e carpentiere – già attore porno, esperto in spiritualità e loser senza speranza – Rand Gauthier, giustamente interpretato dall’inetto attore ebreo canadese Seth Rogen.
I fatti di Pam & Tommy
Per chi non conoscesse la storia alla base di Pam & Tommy, accadde (più o meno) questo. Pamela Anderson, all’epoca all’apice della sua fortuna televisiva nel suo bikini rosso di Baywatch, incontra il tatuato donnaiolo pettonudista di origine greca Tommy Lee, all’epoca noto come batterista della band Motley Crew; i due dopo neanche quattro giorni da che si sono conosciuti – passati in astinenza più o meno rigorosa, aiutata da droghe sintetiche – si sposano, e vanno a vivere nel di lui villone, allora sotto lavori che il musicista capricciosamente ordina agli operai assunti per i lavori.
Accuse ingiuste verso uno di essi, Rand Gauthier, portano ad un dissidio. Che culminerà con il furto da parte di quest’ultimo di una cassaforte, che si scoprirà contenere il filmino della luna di miele di Pamela e l’esuberante marito. Gauthier, un perdente pieno di debiti, comprende di poter lucrare su questo film, e comincia a venderlo online. Le conseguenze della diffusione del video – oramai incontrollabile – hanno mostruose ripercussioni nella vita degli sposi.
La serie, è stato detto, è stata realizzata con il supporto di Tommy Lee, ma non quello della Anderson, che al contrario ha accusato l’intera operazione di volerle far vivere il trauma una seconda volta. Possiamo darle retta: di fatto, tra le onde prodotte dalla cassetta rubata, vediamo anche la perdita di un tanto desiderato figlio che la bella canadese portava in grembo. La dicotomia tra l’atteggiamento di Lee e quello della Anderson verso la materia è del resto qualcosa di molto ben spiegato nel film. Un uomo esposto in quel modo non subisce la pressione che invece subisce la donna. È innegabile, è incontrovertibile.
https://youtu.be/K2AYNtkSvos
Pamela Anderson femminista
Pam & Tommy di fatto tenta la strada della radicale diversità, e delicatezza, dell’ottica femminile – se non del femminismo stesso. E l’episodio che lo mette in chiaro (S01E03) si chiama appunto Jane Fonda, simbolo di come sia possibile essere sex symbol e al contempo donne rispettate per il proprio impegno.
Questa aspirazione seria della Anderson si rivela risibile. Quasi quanto il film che deve promuovere, il mitico Barb Wire (1996), filmaccio fumettone di quando ancora i fumetti davano pellicole povere ed inadeguate. Prova della carriera cinematografica in stallo, cioè fallita, dalla bagnina di Baywatch. La serie ha il pregio di mostrarci come tali fallimenti, presi dai più con risatine e schadenfreude, facessero in realtà soffrire una persona.
Ecco che Pamela, superba dea degli anni Novanta, viene «umanizzata»: ama davvero, anche dopo la separazione, suo marito. Non ha grandi grilli per la testa, non è inebriata dal successo (anzi, ne è consapevole vittima), vuole sopra ogni cosa un figlio, medita profondamente chiedendolo a se stessa. Soffre.
Il personaggio di Tommy Lee è opposto. Vive il successo (che comincia a scemare, senza che lui se ne renda davvero conto) consumandone ogni singola briciola. Beve, si droga. Tratta gli altri orrendamente. Le sue giornate sono vuote. Forse vuole un figlio, ma è emblematico quando festeggia in studio con i colleghi della band il concepimento del primo bambino: «sarò padre, volontariamente!». Tuttavia, anche lui soffre – forse ancora di più, perché, nella sua infantile, fastidiosa ingenuità, è del tutto incapace di comprendere davvero cosa stia succedendo.
Questo è del resto uno dei significati principali della serie: la perdita del controllo. E, se vogliamo davvero, la perdita dell’innocenza di tutto un mondo. Quello che ancora esisteva negli anni Novanta, travolto dal XXI secolo in arrivo, e cioè da internet e dall’immoralità totale.
Pam & Tommy e la radicale trasformazione del mondo
Tommy Lee guarda MTV (allora esisteva, oggi non sappiamo dire), e non si capacita di come improvvisamente si parli di queste band di Seattle, della musica grunge, e non più dei glam-metallari losangelini che lo hanno reso ricchissimo e famosissimo. Non lo comprende bene, ma ha presente che tutto il suo mondo (quello degli L.A. Guns, dei Guns’n’Roses, degli Skid Row, etc.) verrà spazzato via.
Parimenti, Pam & Tommy mostra la trasformazione assoluta portata da internet. Il vecchio mondo della TV, del cinema, della musica – e del porno – sta per essere travolto da questa cosa che nemmeno sanno esistere. Pamela e il marito, quando scoprono che esiste un sito che vende la cassetta con i loro accoppiamenti nuziali, non hanno un terminale internet in casa per andare a vedere. Devono riparare, travestiti, in una biblioteca pubblica. Jay Leno, il comico TV, ignora irritato i suoi sceneggiatori che gli dicono che il fenomeno del momento, di cui tutti parlano, è questo sex-tape. E la giornalista del Los Angeles Times non riesce a convincere il suo caporedattore che la diffusione di quel filmato, oramai inarrestabile, è di per sé una notizia. L’evoluzione della celebrità, l’evoluzione della privacy, l’evoluzione dei media.
Possiamo spingerci a dire che questa mutazione epocale, che sta per colpire ogni livello possibile di Los Angeles, capitale dell’intrattenimento americano e quindi mondiale, porta anche ad una perdita dell’innocenza… nel mondo del porno. Ecco che laddove c’erano contratti e diritti e liberatorie, su internet vola la pirateria. E spuntano personaggi schifosi e privi di scrupoli.
Il crepuscolo dei divi in Pam & Tommy
Il lettore avrà capito che si tratta di un tuffo negli anni Novanta. Che per chi c’era certo sfrutta la Nostalgia – ma per frustrarla. Ogni elemento, ogni icona, ogni atmosfera dell’epoca viene erosa, consumata, ripresa nella sua ora del crepuscolo. Sentiamo fare nomi che nemmeno sapevamo di poter ricordare; la galleria di personaggi al limite dell’oblio a cui siamo esposti nella serie è impressionante.
C’è Hugh Hefner (il patron di Playboy, primo pigmalione patinato della Anderson), forse reso qui troppo bonariamente. C’è Bob Guccione (patron di Penthouse), personaggio certamente più interessante, mostrato come un sofisticato esteta severo combattivamente votato ai suoi diritti costituzionali. Jay Leno, che all’epoca ancora non aveva chiuso la carriera, ed era il re della TV USA.
C’è un gruppo, i Third Eye Blind, di cui non crediamo di aver mai sentito una canzone, però il nome ce lo ricordiamo, perché all’epoca ci si ricordava dei nomi di tutte le band. C’è, per chi è nostalgico dei vecchi scandali della Mecca del cinema, Anthony Pellicano, un «investigatore privato» che a Hollywood faceva in realtà «l’aggiustatore», e che è poi finito in galera per schemi incredibili (crimini per cui John McTiernan finì anche lui in ghebba, e l’agente FBI che indagava su Pellicano fu sedotto dall’attrice Linda Fiorentino, già fidanzata del Pellicano, per carpire informazioni).
Niente di tutto questo resterà, con l’arrivo del secondo millennio. In Pam & Tommy vediamo quindi solo ombre di quello che è un crepuscolo dei divi, un Götterdämmerung, un Ragnarok in cui gli dèi collidono e svaniscono, e senza tante fanfare wagneriane.
Tetta sintetica…
Gli attori della serie sono quasi tutti piuttosto sul pezzo.
L’attrice britannica Lily James riesce a rendere stupendamente, più che l’icona di Pamela Anderson, ciò che la rendeva così attraente: il passo, lo sguardo, il sorriso, il lucore impossibile emanato dai suoi capelli. E poi: quel senso di, strano a dirsi, purezza. Purezza, innocenza: sono parole paradossalmente azzeccate per un sex symbol. Che rivista qui fa capire come in realtà il suo successo fosse la compenatrazione degli opposti: il sesso e l’incolpevolezza, il desiderio lubrico e la bontà, il seno enorme e perfetto e il viso di angelica semplicità.
Le mammelle della star sono ovviamente la prima fonte di curiosità per chi si avvicina la serie: sono vere? Lily James non è dotata a quel modo. Apprendiamo che, non diversamente dall’originale, ha dovuto ricorrere a delle protesi, benché esterne. I risultati, visibili soprattutto in S01E02 (nel primo episodio, con somma saggezza e un certo sadismo, fanno vedere Pamela per un secondo), sono impressionanti.
Al di là delle tette sintetiche, la James riesce a decifrare il segreto del potere della Anderson e a ripeterlo: in ogni situazione è provocante, ma prima di ciò, compiacente. È una dea del sesso, ma al contempo di animo docile, inoffensivo. Guardando la performance dell’attrice in Pam & Tommy è come se ci venisse spiegato quell’antico magnetismo che usciva da Baywatch, e che in alcuni casi è possibile definire bellezza. Se si va a rivedersi qualche vecchio primo piano su YouTube si comprende di cosa stiamo parlando.
… e pene parlante
Sebastian Stan non fa un brutto lavoro. Il suo Tommy Lee è ebete ed insopportabile, ma al contempo davvero innamorato (e magnificamente ricambiato) della sua dolce metà. Difficile non empatizzare con un uomo che vuole in ultima analisi solo difendere la propria moglie e la propria famiglia, ma che non ha i mezzi per farlo. In una serie, all’altezza dell’A.D. 2022, era impossibile evitare di mostrare visivamente l’elemento per cui Lee è universalmente riconosciuto, e non parliamo della batteria che ruota a 360°.
Ecco quindi che il pene abbondante viene in Pam & Tommy mostrato con dovizia (sempre nel secondo episodio, e basta: via il dente via il dolore); di più: i creatori dello show aggiungono questa pagina di realismo magico, mostrando un dialogo tra Tommy e il suo arnese, animato da particolari effetti speciali che dipingono con accuratezza il fenomeno di un glande parlante (una soluzione visiva simile si era vista molti anni fa in South Park, nella scena in cui un topo a cui avevano trapiantato sulla schiena un membro parlante cantava alla luna la colonna sonora di Fievel sbarca in America).
Sull’interpretazione del terzo protagonista, il cineasta ebreo canadese Seth Rogen, non ci dilungheremo, perché è brutta e mancata. Il suo personaggio, Rand Gauthier, era, nella sua stolidità, molto più ricco. Forse troppo difficile per Rogen, il cui significato cinematografico ancora ci sfugge. Gauthier era una fallito, ma aveva lati inaspettati: era stato arruolato, dice, dalla massoneria che lo aveva pure armato (!), era figlio di un attore del cinema con un certo seguito, non era brutto e tozzo come lo è il Rogen, che tanto vorremmo sparisse.
Tom & Pammy: Baywatch incontra Luchino Visconti
Pam & Tommy è secondo noi una delle serie migliori dell’anno. La precisione con cui si compie la rievocazione storica (anche se per molti di noi quell’era antica sembra davvero ieri) è perfetta, encomiabile, vorremmo dire «viscontiana»: la perfezione della ricostruzione è sensibile, anche se andando ad aprire i cassetti delle scenografie del maestro milanese mai potremmo aver trovato il costume rosso maggiorato di Baywatch.
Con probabilità, vi sono molto sottotesti che non vivendo a Los Angeles si perdono. Le zone residenziali dei poveri-aspiranti attori, i parcheggi vuoti, la centralità assoluta del negozio di dischi Tower Records. I dischi, i negozi: altre cose che Internet disintegrerà…
Sulla ricostruzione, solo un dubbio: non è detto che, al termine delle tremende peripezie legali dettagliate nella serie, Pam & Tommy non abbiano avuto la loro percentuale della cassetta. I due, nel tentativo disperato di limitarne la distribuzione, firmarono una liberatoria a Seth Warshawski, il giovanissimo impresario di Seattle che fu viscido re della preistoria del porno online. E che a sua volte rivendette i diritti al colosso pornografico Vivid – azienda, come visibile nella serie, assolutamente attenta a diritti e paperwork.
«Ron Jeremy ha detto che una volta ha chiesto ad Anderson se avesse ricevuto dei soldi per il nastro, e lei ha semplicemente sorriso e ha detto: “Beh, lo sai”» scrive l’articolo di Rolling Stone. Il mistero quindi, rimane. Anche se nella serie viene esplicitato il contrario.
Il sex-tape fu davvero rubato. A differenza di tutti quelli che verranno poi, da Paris Hilton a Kim Kardashian, che faranno dei filmati intimi uno strumento di Pubbliche Relazioni per scalate mediatiche.
Ed è stato autentico il disastro che ne è conseguito, che ha ferito due persone per vellicare la prurigine di miliardi, nel vagito del mondo corrotto e incontrollabile che veniva partorito in quell’ora per tramite della rete elettronica.
Giudizio critico: solido e avvincente. Una delle serie migliori dell’anno. Da vedere.
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