La civiltà di un Paese, diceva Voltaire, si misura dalle sue carceri. Il grado di stupidità di un Paese, invece, si può misurare da come reagisce a una trasmissione comica. È il caso di LOL – Chi ride è fuori, divenuta in un certo senso specchio perfetto del nostro tempo. E dello stato di salute della nazione.
Metto subito le mani avanti: non è un pezzo contro LOL. E tantomeno contro la sua seconda edizione, appena conclusasi su Prime Video di Amazon. Anzi. Il nettissimo miglioramento della seconda stagione rispetto alla prima è il segno eloquente che crescere è possibile. Persino da noi, il Paese con la televisione più sclerotizzata del mondo. E non è solo merito di alcuni fuoriclasse: su tutti Corrado Guzzanti e Virginia Raffaele, e in misura minore il Mago Forest e Maccio Capatonda.
Allo stesso tempo, tanto l’evoluzione di LOL quanto la sua accoglienza – da parte del pubblico e della critica – mostrano quanto lavoro c’è ancora da fare per realizzare l’antico sogno di René Ferretti in Boris (di cui abbiamo parlato qui). E cioè che “un’altra televisione è possibile”. Perché, alla fine, una televisione migliore ha bisogno non solo di un migliore lavoro di produzione. Ma anche, e per certi versi soprattutto, di un pubblico migliore. E di una stampa migliore.
LOL – Chi ride è fuori: cos’è e come funziona
Una piccola introduzione a cosa sia LOL e come funziona. Utile per chi si fosse appena svegliato da un lungo coma. O non l’ha né visto né incrociato, ma volesse ora farsi un’idea. Chi già conosce il popolarissimo e chiacchieratissimo programma vada pure al prossimo capitolo.
Il regolamento diffuso (e riportato anche sulla pagina Wikipedia dedicata) dichiara LOL un game show. In Italia ha debuttato nell’aprile 2021, ma si basa su un format giapponese: Documental, ideato dal comico Hitoshi Matsumoto. Da lì, è stato replicato un po’ in tutto il mondo, sempre con la stessa formula.
Dieci comici sono rinchiusi in una casa-teatro per sei ore consecutive con l’obiettivo di far ridere gli altri con qualsiasi mezzo. In caso di risate, sorrisi e smorfie, un giocatore viene inizialmente ammonito. E poi in caso di secondo “fallo” eliminato dal gioco. Tra le altre regole. L’obbligo di partecipare attivamente tentando di far ridere gli altri. Il divieto di coprirsi la bocca. Il divieto di bloccare meccanicamente (ovvero con un oggetto esterno) la risata.
Da una control room separata, i conduttori osservano e commentano, e intervengono per comminare le sanzioni identificate (o meglio decise) dalla regia. I conduttori possono anche imporre modalità o situazioni comiche vincolanti per i giocatori, o fare ricorso a figure esterne (nonché a partecipanti eliminati) per cercare di far ridere i concorrenti.
Perché la seconda stagione è meglio, molto meglio
La prima edizione di LOL era inguardabile e deprimente. Il suo successo travolgente resta da ascriversi probabilmente al clima di profonda prostrazione che attraversava il Paese, disposto a tutto per una risata. La seconda no, funziona e diverte anche senza mettere in pausa il cervello. Attenzione: non è merito solo dei comici. È la costruzione complessiva ad essere assai più attenta e ben calibrata. Un ottimo lavoro di regia (Alessio Pollacci) e così di montaggio (Davide Neglia, Andrea Doniselli, Roberto Baratti, Stefano Balzarelli, Matteo De Grandis).
E per favore, non facciamo confusione: i comici da soli non bastano. Non basterebbero manco fossero tutti al livello di Guzzanti, o della Raffaele. E, come vedremo, non lo sono affatto. 6 ore di vita, moltiplicate per le diverse telecamere: immaginate la quantità di materiale. Di tempi morti. Di cose non riuscite. E di noia. No, qui regia e montaggio sono davvero le funzioni chiave, in uno show completamente improvvisato e quindi largamente non scritto. Sono l’articolazione del linguaggio che permette di tagliare ciò che è inutile, o non divertente. E tenere solo ciò che costruisce senso, e quindi risulterà divertente.
Ma a cambiare è stata anche la scelta di partenza, di casting, di chi invitare. E quindi di che prodotto cercare di realizzare. La prima edizione di LOL si basava pressoché senza eccezioni (Elio, ma la sua era una presenza eccentrica in tutti i sensi) su una comicità molto primitiva, basica, puerile – anche in termini tecnici. Fatta di smorfie, versi, rumori, lazzi. Divertente? Se si è disposti a tutto. Esilarante? Se proprio non ci si aspetta altro e niente di meglio.
La seconda stagione di LOL abbraccia invece almeno in parte una comicità adulta, complessa, colta. E, cosa non banale, più sfidante per il pubblico.
I campioni di LOL 2: Corrado Guzzanti e Virginia Raffaele
Bastava la presenza del gigantesco Corrado Guzzanti a ben disporre chi era rimasto perplesso dal nulla della prima edizione. Guzzanti non è solo il talento comico più straordinario e complesso che abbiamo in Italia (assieme al più teatrale Antonio Rezza). È anche un artista notoriamente parsimonioso, diciamo così, nelle proprie apparizioni. Vederlo di nuovo in tv era una gioia.
Nel partecipare a LOL, il nostro ha portato alcuni dei caratteri più amati e potenti sviluppati in 30 anni di carriera. Da Quelo a Brunello Robertetti, da Vulvia e Venditti a uno sconcertante Lorenzo dall’oltretomba. Ma non solo. Ha portato anche un altro e più profondo personaggio: Corrado Guzzanti. Non “il vero se stesso”, che non ci interessa; ma la propria maschera personale. Il Guzzanti senza (apparente) maschera che avevamo già visto emergere, per esempio, nel capolavoro rappresentato dalla serie tv Il caso Scafroglia. Voce grave, tono ironicamente solenne, spirito sornione, battuta tagliente e a più livelli. La seduta spiritica è da manuale della comicità alta.
Solo una dei partecipanti gli può tenere testa: Virginia Raffaele, che con lui ebbe una piccola parte in Dov’è Mario? La Raffaele è un mostro di bravura. Non solo nelle imitazioni per cui è nota (dalla Vanoni alla Berlinguer al sofisticato e magistrale sketch su Marina Abramovic, un gioiello complesso e pieno di finezze). O nella formidabile reattività, da vero animale da palcoscenico. Ma anche nelle qualità tecniche. La sua infanzia di circense, e gli studi di danza classica, si vedono tutti. Nel modo in cui usa il corpo. Nella capacità rumoristica (le gocce d’acqua!). Nei movimenti di testa e faccia. Strepitosa, semplicemente. Nella sfida finale con Maccio, sceglie deliberatamente di ridere con il “provocatore” Guzzanti, e lo abbraccia felice. Coppia da rivedere.
Il Mago Forest, Capatonda e tutti gli altri
Solo altre due figure, dei dieci partecipanti, non sfigurano in presenza del “papa” Guzzanti e della sacerdotessa Raffaele. Il Mago Forest e Maccio Capatonda.
Al centro di una baraonda imprevedibile e caotica, il primo vede tornare utile il lungo addestramento fatto negli anni degli show con la Gialappa’s. Assume, di fatto, il ruolo di conduttore interno alla casa / teatro. Commenta tutto, ha una battuta per tutti. Tagliente, rapido, meritatamente bullo o meglio “sergente maggiore” rispetto ad alcuni neofiti.
Capatonda aveva forse il compito più difficile. La sua comicità si basa largamente su sovrastrutture mediatiche e culturali. Si gioca nell’editing, nel doppiaggio, nel ricorso a pezzi di immaginario. Infatti parte con molta fatica. Ma poi sa trovare lo spazio per inserire le proprie brillanti gag: i finti trailer (“Il doppiatore fannullone”, “Lo speaker smemorato”) e i libri demenziali (“La bacinella: come riempirla, come svuotarla, dove tenerla”, o l’icastico “Imparare a camminare in pochi semplici passi”).
Diversissimo il discorso per gli altri partecipanti. Figuranti che sembrano venire, più che da una categoria, proprio da un gioco diverso. Non li conoscevo prima di questa edizione, continuerò a ignorarli. Due di loro, Tess Masazza e Diana Del Bufalo, non si capisce neppure secondo che criteri possano qualificarsi come comiche. Insieme, gli “altri 6” non producono quasi mai un momento realmente divertente. E soprattutto, con la parziale eccezione di Max Angioni e della sua barzelletta in tedesco, non si rendono conto che rispetto alla prima edizione la musica è cambiata.
In questo non è chiarissimo il ricorso dei conduttori a Lillo (già nel cast 2021) come “arma letale comica”. Lillo è occasionalmente simpatico (Posaman) ma ripetitivo, e la sua comicità largamente fisica confligge con quella più concettuale, linguistica e culturale portata da Guzzanti, Raffaele, Capatonda, Forest.
LOL 2 non è un gioco, è una serie. I giornali non lo hanno capito, i conduttori nemmeno (aboliteli!)
Quello che continua a non funzionare, dentro lo show, è la “conduzione”. Fedez continua a sembrare un ragazzino imbranato. Il cui unico scopo è spiegare a una parte del pubblico quello che sembrano aver prima e durante spiegato a lui: chi sta facendo cosa. Avendo altre qualità, non si capisce perché si cimenti con questo disastro reputazionale.
Frank Matano, sulla carta co-conduttore di cui non si ricorda una singola battuta, è ancora più insopportabile di quanto non fosse l’anno scorso in gara . Almeno lì il regolamento ne inibiva la risata asinina, che poi sembra essere la ragione primaria della sua notorietà.
A cosa servono? A niente. Fanno solo rumore, finto come le risate registrate delle vecchie sitcom. Per favore eliminateli alle prossime edizioni, o fate condurre a un Bot.
Quello che invece non funziona fuori è l’incapacità drammatica dei giornali italiani di capire i meccanismi della tv. Chi parla di “vincitore” del programma, cioè quasi tutte le testate, mostra di non aver capito che la natura di questo show è quella di una serie tv, non di un gioco a premi. Chiamare vincitore l’ultimo “sopravvissuto” sarebbe come dire che Brann ha vinto Game of Thrones: non il Trono, proprio la serie. È ovvio che regia e montaggio decidono chi eliminare non sulla base di smorfie e sorrisetti ma della loro utilità spettacolare. Dai, che ce la possiamo fare!
Anche perché la nuova LOL incoraggia la speranza. Dall’idiozia totale della prima edizione, ha costruito un meccanismo che fa emergere e rende evidente una cosa mica banale in questi tempi anti-meritocratici: il talento, e la sua mancanza. C’è un filo di speranza?
Un’altra televisione è possibile? Ascolta il podcast su Boris!
Boris la serie ritorna, e noi l’aspettiamo basiti! | PODCAST