Law & Order – I due volti della giustizia (Law & Order) è una serie TV USA creata da Dick Wolf per la bellezza di 20 stagioni, dal 1990 al 2010, e un totale di 456 episodi. A brevissimo è in arrivo la 21esima, dopo oltre dieci anni di assenza.
Va da sé che questo show è un pezzo di storia della televisione americana, per popolarità, importanza – e longevità. Allo stato attuale negli USA è superata solo da I Simpson. E dal suo stesso spin off Law & Order – Special Victims Unit, di cui abbiamo parlato qui.
Quest’ultimo non è l’unico derivato dalla celeberrima creatura di Wolf (nominata per ben 50 premi Emmy!), diventata negli anni un vero e proprio marchio di fabbrica, impresso su ben altre sette serie – S.V.U., Criminal Intent, Il verdetto, Conviction, Los Angeles, True Crime e Organized Crime – non tutte con la stessa fortuna, e senza comunque contare il film TV, il remake anglosassone e quello francese… In tutto più o meno 1200 episodi andati in onda!
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Law & Order: un procedural / legal drama che ha fatto storia
“Nel sistema penale, lo stato è rappresentato da due gruppi distinti, eppure di uguale importanza: la polizia, che indaga sul crimine, e i procuratori distrettuali, che perseguono i criminali. Queste sono le loro storie.” – è la declamatio recitata da una voce fuoricampo ad ogni inizio puntata, e rende perfettamente l’idea portante di questo show a metà tra procedural e legal drama.
Nella prima parte di ogni storia, tutte ambientate a New York, seguiamo infatti le indagini di una coppia di detective e del loro superiore, appartenenti al 27° distretto di Polizia. Nella seconda parte seguiamo invece l’azione processuale che segue all’arresto del colpevole, o dei colpevoli, o dei presunti tali, gestita dagli uffici della Procura distrettuale di Manhattan.
Sebbene ogni volta si ripeta che tutti i fatti e i personaggi narrati siano oggetto di fantasia, la maggior parte degli episodi si ispira a fatti di cronaca realmente avvenuti. A differenza della maggior parte dei polizieschi che l’aveva preceduto, qui l’esito di indagini e processo non è mai scontato e, soprattutto, è sempre problematizzato.
La giustizia non è semplicisticamente destinata a trionfare, anzi: le sentenze valendo come fonte di diritto, in Law & Order si cerca di raccontare la complessità e la fragilità di un sistema giudiziario in perenne evoluzione. Così come si cerca di raccontare il difficile e delicato percorso costituito dalle stesse indagini, costrette ad avanzare nel caos senza fine della grande metropoli yankee, tra difficoltà oggettive e impedimenti burocratici.
Una riflessione sulle regole della convivenza civile
Lo show si pone fin dal principio l’ambizioso obiettivo di restituire un ritratto il più fedele possibile del colorato groviglio sociale di New York (anche se in un primo momento si era pensato di ambientarla a Los Angeles). In questo senso i casi trattati riguardano di volta in volta mondi molto diversi e distanti tra loro – dal reduce barbone al milionario sfaccendato, dal cameriere al gallerista, dal mafioso al lobbista – dando forma all’immagine che la città ha di sé stessa e alle caratteristiche che ha nell’immaginario globale. Poche altre serie possono vantare una carrellata di location newyorchesi così ricca e variegata.
L’altro ambizioso obiettivo – quello affrontato nella seconda metà di ogni episodio – è di riuscire a fungere da riflessione sulle stesse regole base della convivenza civile: se la prima parte è improntata sull’azione disvelatrice, la seconda è improntata sul discorso e sul ragionamento. La scena, come si diceva, è per lo più situata nelle aule di tribunale o negli uffici della procura distrettuale: qui i crimini vengono analizzati, soppesati, valutati. La valutazione di tali crimini da parte dell’accusa è necessaria per la richiesta di una equa pena giudiziaria. Vi è poi l’altrettanto necessaria preparazione della strategia inquisitoria e probatoria, da contrapporre a quella difensiva all’interno dell’entusiasmante dialettica processuale.
Entusiasmante, perché il sistema giudiziario americano – a differenza del nostro – affida la sentenza ad una giuria popolare composta da dodici cittadini estratti a sorte. Questo trasforma il processo in un duello retorico che, oltre alla solidità delle prove, deve tenere conto dell’emotività dei giurati.
La fallibilità della giustizia in Law & Order
Quanto appena detto potrebbe forse valere anche per tanti altri legal drama alla Perry Mason (l’antico avvocato seriale che vinceva tutti i processi attraverso plateali colpi di scena). Ma Law & Order non sempre si conclude con la vittoria finale: molti processi si chiudono invece con un’amara sconfitta da parte della Procura, o con un verdetto assai discutibile della giuria, o anche con l’annullamento del processo stesso. Il punto è infatti, come dicevamo, quello di problematizzare il caso in questione, sì da sintonizzare lo spettatore su un’onda per così dire anomala di frequenza televisiva, per lo meno fino all’arrivo di questa serie: bene e male sono concetti sfumati, la giustizia giusta è solo un ideale, la giustizia umana è un continuo e fallibile work in progress.
E lo scopo di questo nobile work in progress è quello di cercare di mantenere un certo grado di sicurezza, e in fondo di vivibilità, in una realtà grandiosa e contraddittoria come New York City – realtà che ci viene ampiamente raccontata nella prima parte della puntata, attraverso lo svolgersi dell’indagine poliziesca.
Spesso i detective hanno a che fare con donne e uomini a dir poco complessi: maniaci psicotici, bugiardi patologici, vittime disperate… L’empatia è un lusso che non si possono permettere, per non venire trascinati nell’abisso di corruzione morale ed esistenziale in cui sono costretti ad operare. La difficoltà sta proprio nel riuscire a mantenere un equilibrio che non faccia loro perdere l’umanità e che li preservi dalla depressione cronica.
Poliziotti e procuratori: un matrimonio non sempre facile
Questo vale naturalmente anche per i magistrati, che in più devono fare i conti con la politica. Perché ogni caso di prima pagina ha una sua inevitabile valenza politica, che in seguito orienterà parte dell’elettorato in un senso o nell’altro. E la carica di Procuratore Distrettuale negli USA, ricordiamo, è elettiva.
Non sempre queste due figure – poliziotti e procuratori – si trovano in perfetta sintonia: screzi e disaccordi sono all’ordine del giorno, a testimonianza degli sforzi necessari per far funzionare una società che si ispiri ai concetti cardine di Legge e Ordine.
Personaggi iconici di Law & Order, in un susseguirsi di ricambi nel cast che con il passare degli anni cerca di conferire vigore, verosimiglianza e slancio alla serie, sono senza dubbio il vecchio detective Lenny Briscoe (il grande Jerry Orbach, morto nel 2004), disilluso ex alcolista con alle spalle due matrimoni falliti (e quindi giocoforza dotato di pungente sarcasmo), e il mitico integerrimo viceprocuratore distrettuale (a partire da S18 sarà a capo della Procura) Jack McCoy, interpretato da Sam Waterston – per ben 16 anni e 368 episodi!
Dick Wolf: l’universo Law & Order e altri franchise
Tra i numerosi attori protagonisti della serie ricordiamo Paul Sorvino, Chris Noth (Mike Logan – poi protagonista in Criminal Intent), Dann Florek (Donald Cragen, poi in S.V.U.), Michael Moriarty, Steven Hill e S. Epatha Merkerson (il tenente Anita Van Buren, personaggio con il record di presenza: 391 episodi). Non si contano invece le guest star apparse nel corso di 20 anni. Questa serie, assieme a S.V.U., è stata sia un trampolino di lancio per tante giovani attrici e attori (ad es. Michael Pitt o Adam Driver), sia un’occasione di partecipazione prestigiosa in un contesto drammatico per nomi già ampiamente affermatisi nel mondo dello spettacolo (penso a Robin Williams e Jerry Lewis).
Dick Wolf è tutt’ora uno dei produttori più importanti nel panorama televisivo statunitense. Oltre all’universo di Law & Order, negli ultimi anni ha creato un altro fortunato franchise, che racchiude Chicago Med, Chicago PD e Chicago Fire. Ovvero medici, poliziotti e pompieri di Chicago, che più di una volta si trovano a lavorare assieme in crossover.
Altra figura chiave della serie è Mike Post, il famoso compositore di colonne sonore per la TV (sue le sigle per A-Team e Magnum P.I. ad esempio). A lui si deve la creazione del celeberrimo TAM TAM (o dun dun o chung chung…), l’iconico effetto sonoro digitale che si sente nei cambi di scena e che rievoca immediatamente la particolare atmosfera della serie.
Un grandioso racconto morale per puntellare le norme sociali
Per concludere: Law & Order è probabilmente il più vasto carosello di titoli da prima pagina e cronaca nera che New York e l’America tutta abbiano mai visto. Nonostante l’azione congiunta del Distretto di Polizia e degli Uffici della Procura, non sempre il bene è destinato a trionfare. Il bene, anzi, è qui un concetto sfuggente, di difficile individuazione. La legge non riguarda questo fumoso concetto ma la realtà dei fatti che accadono nella città: è quindi sempre in mutazione (ricordando che le sentenze emesse valgono come diritto per il futuro).
Soprattutto con questioni delicate come razzismo e antisemitismo, abusi da parte delle forze dell’ordine, inadempienze mediche o corruzione politica, libertà di religione, violenza sui bambini e sulle donne ecc, il processo si trasforma in un dibattito che coinvolge stampa ed opinione pubblica. La legge deve allora fare i conti con la politica. La pressione esercitata su procuratori e detective è naturalmente enorme.
Law & Order, in perfetto stile yankee, ci mostra dunque l’umanità e l’eroismo di questi servitori del paese. Ci mostra altresì l’abisso di violenza e caos che regnerebbe senza il loro lavoro e il loro sacrificio. Ci mostra il numero indefinito di variabili criminali che comportano un’indagine e un giudizio. E ci mostra infine la fragilità, la delicatezza e la necessità di una società, come l’America ama pensare di sé, basata su Legge e Ordine.
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