Un’enorme cometa si sta avvicinando alla terra. E non è quella dei Re Magi, che conduce al Salvatore. Anzi, è un masso della dimensione del Monte Everest che in soli sei mesi distruggerà il nostro pianeta. Al suo impatto si prevedono terremoti, tsunami, e l’annientamento dell’umanità, assieme alle altre specie. Questo è quanto hanno visto dai loro calcoli gli eroi del film Don’t Look Up, i due astronomi interpretati da Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence.
E questo si precipitano a dire al mondo intero: politici, media, giornali. La Terra tra sei mesi sarà spacciata.
Ma nessuno li ascolta.
Vengono usati come fenomeno mediatico da spietati giornalisti (Cate Blanchett) e politici senza scrupoli (Meryl Streep che interpreta il Presidente degli Stati Uniti) e poi rinnegati come profeti di sciagure. La politica affossa la notizia, i giornali la deridono. Finché la cometa, col passare dei mesi, appare nel cielo, visibile da tutti.
Sarà la fine del mondo?
Il cast stellare e il successo clamoroso di Don’t Look Up
Don’t Look Up, il film di Natale di Netflix con un cast stellare per la regia del premio Oscar Adam McKay, ha avuto in pochi giorni un successo clamoroso e mondiale.
Un successo prevedibile che viene addirittura anticipato dal film stesso. Ad un certo punto della trama appare un singolare ed esilarante cameo: un certo Devin Peters (Chris Evans), una star hollywoodiana dagli occhiali da sole molto cool, parla di Total Devastation, un film che ha appena girato e che racconta la fine del pianeta a causa di una cometa, ispirandosi alla realtà.
“Penso che, come Paese, dovremmo smetterla di discutere. Per questo ho fatto Total Devastation. E’ un film per tutti, commerciale, un pop corn movie.”
Sembra quasi una confessione dello stesso DiCaprio, che infatti nelle interviste ci dice:
“Spesso, nella mia carriera, ho cercato un film che avesse un sottofondo ambientale come Don’t Look Up. Quello che il regista ha fatto di così brillante è stato usare una cometa che si dirige verso la Terra e la reazione dell’essere umano ad un livello scientifico-politico come analogia tra la cultura moderna e la nostra incapacità di ascoltare la comunità scientifica. Mi ha davvero ricordato com’è per gli scienziati del clima, che devono affrontare ogni giorno lo scetticismo della gente.”
Don’t Look Up come metafora del trumpismo
Con molta evidenza (forse persino troppa, a voler fare una minuscola critica a un prodotto altrimenti molto convincente) Don’t Look Up è una parodia del trumpismo. Non solo di Trump, attenzione. Certo, l’ex Presidente degli Stati Uniti battuto da Biden nel 2020 e finito due volte sotto impeachment è scopertamente la figura che aleggia un po’ su tutto il film.
Non a caso scritto e diretto da Adam McKay, autore che ha già esplorato con successo zone d’ombra del panorama americano. Dalle speculazioni finanziarie che precedono la crisi economica del 2008 in La grande scommessa (2015) alle opacità della politica nel suo ritratto impietoso della presidenza di George W. Bush, Vice – L’uomo nell’ombra (2018).
Meryl Streep è proprio Donald Trump: populista, fiammeggiante, ignorante, superficiale. Eppure capace di esprimere un carisma misterioso che accende l’entusiasmo delle sue legioni di sostenitori. Si è pure portata alla Casa Bianca il figlio prediletto come consigliere e collaboratore, cosa che anche Trump aveva fatto con l’amata Ivanka.
La cosa è curiosa, aggiungiamo, perché ha quasi il sapore della vendetta. La Streep, una delle più rispettate attrici della storia del cinema (nonché vincitrice di tre Oscar), era finita in una faida con Trump all’inizio della sua presidenza, a gennaio 2017. Attaccandolo durante un discorso ai Golden Globe (vedi il video più sotto) e ricevendone in cambio una serie di insulti, tra cui quello – piuttosto sconcertante – di essere “un’attrice molto sopravvalutata”.
Ma si diceva: il trumpismo, non solo Trump. Perché è impossibile guardare Don’t Look Up e non pensare a tanti accadimenti degli ultimi anni. A partire dal protagonismo di una folla nutrita di risentimento, frustrazione e false informazioni. Fino a negare l’esistenza della cometa e rifiutarsi, letteralmente, di alzare la testa per vederla coi propri occhi arrivare.
Comete, Covid, elezioni: il problema delle “realtà parallele”
È lo stesso schema che abbiamo visto con intensità e frequenza crescente negli ultimi anni. A partire dalla proliferazione incontrastata di narrazioni paranoiche e complottistiche. L’assalto al Parlamento del 6 gennaio 2021 a Washington, con il mezzo-golpe tentato dai trumpiani. O la crescita dell’allucinante fenomeno QAnon, con le sue derive anche europee. E ancora l’esplosione del movimento No Vax in concomitanza con la pandemia, e ovviamente la parallela infodemia: che ha riempito la Rete (e la testa di centinaia di milioni di persone) di false informazioni.
Don’t Look Up ha la capacità di mostrare in modo non solo spassoso ma anche piuttosto accurato molti di questi fenomeni, e di indicarne le cause. Dalla frammentazione della società, acuita in forma radicale dai social media e dai loro algoritmi che creano bolle cognitive e informative, e che producono nuove tribù di opposte fazioni. Fino alla degenerazione spettacolare dei mezzi di informazione, che hanno sostituito alla ricerca della verità quella dell’ascolto. Qui perfettamente parodiata nella coppia di conduttori del più popolare talk show d’America, e in specie nel personaggio di Cate Blanchett. Gli scienziati si aspettano di parlare con dei giornalisti, e trovano degli intrattenitori. Pensano di poter sfruttare la ribalta per lanciare il loro allarme, ma scoprono che l’unico modo per parlare di temi seri è quello di renderli “leggeri e divertenti”. Anche se si tratta della fine del mondo.
Ancora, viene denunciata e irrisa efficacemente la commistione tra politica, media, economia, con la figura perfettamente centrata di un potente imprenditore dell’high tech autistico e sociopatico.
Quello raccontato da Don’t Look Up è il nostro mondo: in cui milioni di persone negano una minaccia globale, pretendono di curarsi con prodotti veterinari, non riconoscono i risultati di un’elezione nettissima.
10 volte in cui Trump ha sminuito il Covid:
L’ispirazione reale di DiCaprio, vero attivista ambientale
L’astronomo interpretato da DiCaprio è un personaggio ispirato al climatologo americano Michael E. Mann, direttore dell’Earth System Science Center dell’università della Pennsylvania e autore del libro The new climate war, che da anni lotta per rendere note al mondo le urgenze climatiche. Non poteva esserci attore più adatto ad incarnare una simile figura.
È fatto noto che DiCaprio da decenni sia schierato per la difesa del pianeta contro il riscaldamento climatico. La Leonardo DiCaprio Foundation dal 1998 supporta enti ed iniziative a protezione dell’ambiente. Lo abbiamo visto a fianco di Greta Thunberg, dei popoli vessati dall’innalzamento delle temperature e costantemente impegnato nella realizzazione di alcuni documentari personali con lo scopo di risvegliare l’umanità e renderla cosciente dell’enorme pericolo che sta correndo ignorando di continuo gli scienziati.
Don’t Look Up è una metafora volontariamente malcelata dei disastri che ci attendono da un punto di vista climatico. E dell’atteggiamento di diniego che l’umanità, in particolar modo i politici e le persone al potere, continua ad avere verso questa minaccia terribile che si fa di giorno in giorno più vicina.
Chiamare in causa una cometa, qualcosa che non ha a che fare con noi, risultava un soggetto più abbordabile per raccontare quanto sta accadendo ora al nostro pianeta. Un po’ come si faceva nel teatro greco: per spiegare la corruzione e il male del giorno, si ambientava la trama secoli prima, o in un altro paese. O parlando di tutt’altro nemico.
Una cometa ci spaventa relativamente. Ci si può sedere e guardare la catastrofe avvicinarsi ma almeno non è colpa di nessuno. Un ottimo punto per richiamare gli spettatori, anche i meno interessati al problema climatico.
Don’t Look Up, riuscitissima satira apocalittica
La colpa è come al solito dei politici e dei media che fanno di tutto per occultare la verità. Ma questa forma di info-spettacolo, questa parodia dell’incapacità umana di reagire ai veri problemi, servirà a qualcosa? Don’t Look Up punta il dito contro la malafede dei potenti.
Il punto di vista di ambientalisti come Mann e Thunberg non è dissimile: per salvare davvero il Pianeta le forze politiche ed economiche devono fermare le industrie a carbon fossile ed emanare leggi in grado di salvaguardare la biodiversità.
Il “popolo” può fare quello che può (e può molto). Politica ed economia possono fare quello che vogliono. Ma come dice l’astronoma verso la fine del film quando, rinnegata da tutti, passa il suo tempo con dei ragazzi di periferia:
“Queste persone al governo non sono nemmeno sufficientemente intelligenti per essere così cattive come noi ce le figuriamo.”
In parole povere, siamo nelle mani di una lobby di idioti corrotti, distaccati dal mondo e mossi solo dai propri vanagloriosi interessi. Questa la lettura di Don’t Look Up, riuscitissima satira apocalittica, comica proprio perché la satira si confonde con la realtà.
Concludendo con le parole di DiCaprio:
“Molti di questi problemi stanno lentamente diventando irreversibili. Se non votiamo per i leader giusti e se non sosteniamo la mitigazione del clima, avremo un destino molto simile a quello del film. Stiamo vedendo tutto ciò che gli scienziati ci hanno detto negli ultimi decenni. Non è che non stiamo ascoltando, semplicemente non stiamo prendendo le misure necessarie. La crisi climatica è la questione più importante che abbia mai affrontato l’umanità nella storia.”
L’alternativa è voltarsi dall’altra parte. E, come nel titolo del film, non guardare il cielo. Neppure quando è in fiamme.
Silicon Valley, se il mondo tecnologico è popolato di idioti