La trama di Little Birds (Sky, 2020) – creata da Sophia Al Maria e diretta da Stacie Passon – è semplicemente accattivante. New York, 1955. Lucy Savage (Juno Temple), una giovane ricca, viziata e perennemente sotto psicofarmaci, si appresta ad attraversare l’Atlantico. Direzione: Tangeri. Lì, in questa “zona franca” del Marocco dove tutto è possibile, la aspetta il suo futuro marito, un bell’aristocratico inglese (Hugh Skinner).
La nostra bionda protagonista, piena d’amore e curiosità per il futuro, ignora però che il matrimonio è stato organizzato dal padre, trafficante d’armi che vuole espandere il suo dominio nei paesi arabi. E non sa che il bel marito, biondo anche lui, ha una storia d’amore con un affascinante principe egiziano (Raphael Acloque) e ha accettato di sposarla solo perché ha un disperato bisogno di soldi.
Una volta arrivata nella Zona Internazionale di Tangeri (una vera e propria oasi di decadentismo postcoloniale che restò territorio autonomo dagli anni ‘20 fino alla fine degli anni ‘50) la realtà le salta addosso con sensuale violenza. Viene travolta da feste che si trasformano in orge, case lussuose dove i servitori giocano a fare gli schiavi e dove conosce diverse donne dai costumi lascivi. Lucy respira erotismo da ogni poro e vorrebbe tanto consumare il suo matrimonio: invano. Il marito, nonostante il tenero affetto per lei, davvero non ce la fa. Preferisce annegare nell’alcol la sua omosessualità pensando al bel principe che ha dovuto abbandonare.
Cast internazionale, ma monoliticità linguistica
Cast piacevole e variegato tra cui spicca un perverso segretario di stato francese, Jean-Marc Barr, una delle icone di Almodovar, la spagnola Rossy de Palma, che interpreta una sadica contessa, e la giovane Yumna Marwan nel ruolo di un’intraprendente prostituta (Charifa). Ottima fotografia, regia audace. Eppure, qualcosa non mi ha convinto.
Anzitutto, l’assurda scelta di far parlare tutti i personaggi in inglese persino tra di loro, con un rigoroso e forzato accento. Decisione assolutamente priva di senso visto che la Zona Internazionale di Tangeri era una babele linguistica, e che ci suona assurdo sentire gli arabi o i francesi parlare tra loro in lingua britannica quando sarebbe bastato mettere i sottotitoli. Inoltre, nonostante la serie si spacci per erotica, di sensualità ce n’è davvero poca. Le orgette sono scialbe e ricostruite, e alla decima volta che vediamo l’intraprendente Charifa frustare i suoi clienti scappa uno sbadiglio.
“Ispirata ai racconti erotici di Anais Nin”
Ma forse il mio disappunto parte dal fatto che la serie si autoproclamasse in tutti i canali e pubblicità come “ispirata ai racconti erotici di Anais Nin”, in particolare al secondo libro di raccolte che si chiama appunto Little Birds.
Non sono mai stata una grande appassionata della scrittrice franco americana che negli anni ‘40 iniziò una sorta di nuova letteratura erotica assieme a vari altri scrittori, tra cui il suo compagno Henry Miller. A differenza di molti autori erotici la Nin è, a mio avviso, completamente priva di ironia, dono essenziale quando si parla di sesso in letteratura. Altrimenti il lettore respira violenza e sofferenza. Tuttavia, il fatto che chi scrive preferisca Apollinaire, lo stesso Miller o gli anonimi libertini del ‘700 non toglie che Anais Nin fu un’ottima autrice e che la sua storia resta senz’altro affascinante. Nel 1940 a New York fondò un gruppo letterario di autori che “scrivevano pornografia per un dollaro a pagina”.
Il gruppetto riceveva anonime commissioni e le accettava senz’altro per guadagnare, essendo tutti artisti alla fame (parole loro). La stessa Nin ci racconta nelle sue memorie: “Nella mia raccolta di racconti, scrivo per intrattenere , sotto la pressione di un cliente che vuole assolutamente farmi eliminare la poesia da queste righe”. I suoi volumi di Erotica (divisi in due, il più conosciuto, Delta di Venere e il secondo intitolato appunto Uccellini) furono effettivamente acquistati in quegli anni da un anonimo collezionista per un dollaro a pagina. L’autrice ruppe le sue reticenze nel pubblicarli solo negli anni ‘70.
Little Birds: perché sì, perché no
Avevo letto anni fa Delta di Venere e guardando la serie continuavo a pensare che con lo stile della Nin avesse ben poco a che fare. Ma non avevo letto il secondo volume, cosa a cui ho rimediato appena terminata la visione. Posso tranquillamente dirvi che avevo ragione. Little Birds serie e Little Birds libro condividono quasi solo il titolo. Tangeri non c’entra nulla, non ci sono ricche ereditiere americane, né sadiche prostitute marocchine. Non appaiono né contesse né servi. In uno dei primi episodi una regista approdata a Tangeri cita a tavola parte di un racconto della Nin (La donna sulle dune), tra l’altro piuttosto fuori contesto. Mi sembra sia tutto.
Ad ogni modo, ve la consiglio. Il cast è interessante, Juno Temple (vista di recente anche in Ted Lasso, la fortunata commedia sportiva, e nella magnifica quinta stagione di Fargo) dà il meglio di sé. I colori e la fotografia sono azzardati, finti ma bellissimi. Potete sempre leggere l’omonimo libro senza paura di annoiarvi: si tratta infatti di tutt’altra storia. E di tutt’altri uccellini.
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