Entra nel vivo la produzione della seconda stagione di Raised by Wolves: oltre che una bella notizia per i fan dello show, è una buona occasione per riparlare della fascinosa serie fantascientifica. Anche per convincere chi non l’avesse vista alla sua uscita, in Italia da febbraio 2021 su Sky, a farlo.
La notizia che circola in questi giorni è quella dell’annuncio di sei nuovi membri del cast per la serie firmata da HBO. Più che per gli attori coinvolti, la cosa è interessante per le descrizioni diffuse sui ruoli che interpreteranno: androidi (tra cui uno molto antico) e umani, membri di una colonia atea nascosta in quella fascia tropicale del pianeta più volte menzionata nella prima stagione. Un’anticipazione che promette di gettare nuova luce sia sul grande conflitto ideologico – militare che anima la serie, sia sulla natura delle intelligenze artificiali in questa storia ambientata nel XXII secolo.
Di cosa parla Raised by Wolves?
Ma andiamo con ordine. Raised by Wolves, in Italia accompagnato dal sottotitolo “Una nuova umanità”, racconta la storia di una colonia fondata, dopo una guerra che ha devastato la Terra, sul distante Kepler-22b (pianeta reale a circa 600 anni luce dal nostro). Due avanzatissimi androidi – Madre e Padre – sono giunti lì con una missione: accudire alcuni embrioni umani, e poi crescere i bambini cercando di proteggerli in un ambiente ostile. Quello, assai brullo e inospitale, cui offrono scenario i paesaggi sudafricani in cui la serie è stata girata.
“Raised by Wolves”, cioè allevato dai lupi, espressione che in inglese vuol dire privo di buone maniere, selvatico, poco avvezzo alla società. Ma che allude chiaramente al Libro della giungla. E, ancora di più, dato che in fondo si parla di colonie e nuovi inizi per l’umanità, al mito di Romolo e Remo e della nascita di Roma.
Le difficoltà ambientali si sommano alle sfide educative, e al retaggio del terribile conflitto che ha devastato il nostro mondo. E che ha visto combattersi fino alle estreme conseguenze le fazioni ugualmente fanatiche degli Atei e quella religiosa, e di chiara derivazione cristiana, dei Mitraici. Quel che resta dei due schieramenti continua a perpetrare odio e conflitto nello spazio, finendo per minacciare l’esistenza della piccola colonia quando l’Arca che trasporta i Mitraici (una gigantesca astronave) giunge al pianeta.
L’ombra del vecchio (sempre grande) Ridley Scott.
“Io ho visto cose che voi umani non potreste immaginare”. La celebre frase di Blade Runner – quasi un manifesto della fantascienza – torna in mente leggendo certe critiche a Raised by Wolves. Il nome principale dell’operazione, fra l’altro, è quello di Ridley Scott: regista proprio di quel Blade Runner che nel 1982 tradusse in immagini la fascinosa novella di Philip Dick. Qui, Scott è produttore esecutivo e firma i primi due episodi della stagione di debutto, lasciandone poi altri tre al figlio Luke, regista in proprio e collaboratore di lunga data del padre.
Pur essendo stato creato per HBO da Aaron Guzikowski (sceneggiatore del bel film di Denis Villeneuve Prisoners) lo show porta chiara l’impronta del vecchio regista inglese. Che, a 83 anni, continua a dirigere senza risparmiarsi. Coltivando con particolare favore il filone fantascientifico: dall’iconico Alien del 1979 ai più recenti Prometheus, The Martian, Alien: Covenant. E proprio con certe riflessioni di Prometheus e Alien: Covenant questa serie sembra stabilire collegamenti interessanti.
Le critiche: una serie senza cuore?
Ci si è lamentati – soprattutto in Italia – che la serie sia fredda, non abbia cuore. È una critica davvero incomprensibile, se si visionano le dieci puntate della prima stagione con un minimo di disponibilità mentale. Anzi, Raised by Wolves ha il pregio di fare ciò che la fantascienza dovrebbe tornare a fare di più: inventare altri mondi, dipingere scenari che non siano i nostri, raccontare creature che vanno oltre l’umano.
Insomma di meravigliarci, stupirci, farci spalancare gli occhi. Che poi è sempre stato il motore del racconto fantastico e di quello fantascientifico, prima di una certe recente deriva verso forme di fantascienza socio-politiche che rischiano spesso di risultare aride. Lo show di Guzikowski e Scott non ha paura di affrontare temi connessi alla nostra realtà (ne parlo meglio in chiusura), ma sa farlo con una carica visionaria impressionante. Fin dalle immagini della sigla di testa, che in pochi secondi grazie al bel lavoro di Mariam Wallentin e Ben Frost costruisce un’estetica emozionante e definisce il tono del racconto: evocativo, inquietante, fascinoso, misterioso. E che potete guardare qui sotto.
Mitraismo, culto del Sole, Cristianesimo.
Tra i temi della serie c’è il conflitto insanabile tra forme radicali di religione e secolarismo. Il nostro Pianeta è stato distrutto dall’esplodere della guerra tra Atei e Mitraici: la disponibilità di nuove tecnologie di sterminio, tra cui macchine sofisticatissime, ha portato alla quasi eliminazione dell’umanità.
Vale la pena sottolineare che la religione raccontata da Raised by Wolves, il Mitraismo, non è un’invenzione senza storia. Culto misterico, si diffuse con forza nell’area mediterranea tra il I e il IV secolo dopo Cristo, di fatto come religione concorrente del primo Cristianesimo e con un seguito particolare nei ranghi dell’esercito romano. Proprio come nello show, dove i maggiori fanatici religiosi sembrano i soldati. Con il culto del Sol Invictus, così presente nella serie, caratteristico del “monoteismo solare” del tardo Impero Romano.
È lecito pensare, data l’ambientazione dello show in un futuro piuttosto vicino al nostro in termini storici, che il mondo di Raised by Wolves non sia quindi un’evoluzione del nostro ma una sua possibile variante di stampo ucronico. In cui ad aver vinto la competizione tra religioni nel Mediterraneo di 2000 anni fa non è stato il Cristianesimo ma appunto il Mitraismo.
I temi di Raised by Wolves: IA, fede vs. scienza, famiglia.
Ma sono molti e profondi, dicevamo, i temi che la serie tocca, affidandosi per fortuna più alla forza di racconto e immagini che di spiegazioni troppo scritte. Il rapporto tra umano e androide, il destino della nostra specie, i possibili sviluppi dell’intelligenza artificiale. E, più di tutti, il senso della genitorialità, della famiglia, della scelta di divenire e sentirsi pienamente responsabili verso i figli. Naturali o, ancora di più in questo caso, adottivi.
Madre e Padre non appartengono neppure alla stessa specie dei bambini che accudiscono, e a cui sono disposti a dedicare ogni propria energia. In parallelo, veniamo a conoscere una realtà in fondo non lontana: quella dei due soldati Atei che hanno preso il posto, le identità, le sembianze di una coppia Mitraica. E che si trovano a doverne accudire anche il figlio, inconsapevole, finendo per considerarlo quasi naturalmente come loro. Nonostante l’odio antropologico che divide le due fazioni. Fino a una forma, che non svelerò per non rovinare la sorpresa a chi non avesse visto la serie, di genitorialità ancora più sconcertante ed emozionante.
In un futuro in cui l’umanità si è quasi estinta da sola, la vita trova altri modi per sopravvivere e affermarsi. E anche in un mondo iper-tecnologico, sembrano suggerirci gli autori, restano insopprimibili e forse necessari impulsi e pulsioni pre-razionali, quasi codificati dentro di noi. Accudire una creatura inerme, farsi turbare da forze preternaturali, coltivare dubbi metafisici che pensavamo di aver sradicato.
Leggi anche il più ampio articolo che tratta anche la seconda stagione di Raised by Wolves!
Una versione parziale di questo articolo è stata pubblicata il 21 febbraio 2021 su The Week, inserto domenicale dei quotidiani del gruppo editoriale Athesis.